Singapore Sling PSYCH FUCK
[Uscita: 13/11/2015]
Islanda #consigliatodadistorsioni
Torna Henrik Björnsson e il suo sestetto islandese, reduci da un lungo tour europeo che li ha visti impegnati nella promozione del loro ultimo lavoro “Tower Of Foroncity”. “Psych Fuck” è il loro settimo album, ed ed era stato concepito come seguito che avrebbe visto la luce quest’anno. L’album si sarebbe dovuto chiamare “II” ma poi Henrik ci ha ripensato: ” Ho deciso di chiamare l’album Psych Fuck perché è risultato molto più feroce, sfasciato e sperimentale nel mixaggio”.
Più di una semplice costola di Tower Of Foroncity, Psych Fuck dimostra di esserne davvero il gemello cattivo: Dive In, il tributo alla formazione rap (di Reykjavík) Quarashi di Sölvi Blöndal, invita ad immergersi in una musica atonale e ansiogena, figlia tanto del rock’n’roll sperimentale dei Velvet Underground quanto delle intuizioni del post-punk. Per l’occasione, è la sorella di Björnsson, Anna, al contrappunto vocale femminile.
L’atmosfera onirica della versione originale è trasformata qui in un ipnotico incubo rockabilly. Rispetto ai boogie ballabili di Tower Of Foroncity, Psych Fuck presenta il conto di una musica deformata e infernale: le chitarre sature di Link Wray vengono riprese e corrotte in Let It Roll, Let It Rise. ÆJL è un rasoio kraut dalle ovattate tastiere post-punk, Na Na Now marcia su un raga velvettiano che diventa una cantilena storpiata.
Il finale di questa prima parte è poi relegato al pezzo più lungo dell’intero lotto, Try, un rallentato riff di chitarra che penetra un pattern oscuro mentre la voce di Björnsson emula tutti i grandi decadenti del rock’n’roll (Lou Reed, Alan Vega, Lux Interior, Jeffrey Lee Pierce). La seconda parte si apre movimentata con il voodoobilly satanico The Underground che mette in lizza i Singapore Sling come i veri eredi di Cramps e Suicide; Anna Björnsson torna a cantare nel ruvido horror-surf di Dying Alive.
La chitarra del frontman si sfoga in un mare di noise nella filastrocca pop Gimmie Some Other; ancora le chitarre dominano la tribale Glitter. Gli ultimi tre pezzi sono in discesa: a partire da Astronaut, un perfetto singolo di garage lunare, Shithole Town calma gli animi con una melodia fredda e malinconica e la chiusura Tower Of Foroncity lascia l’ascoltatore assopito nella sua dimensione di sogno elettronico.
Se Tower Of Foroncity aveva il difetto di dilungarsi troppo e di peccare di autoindulgenza, questo lavoro ha saputo evitare questo problema: nonostante la ruvidità e l’atmosfera costantemente gelida ed alienante, c'è maggiore varietà e precisione stilistica. Psych Fuck testimonia una band seminale che ha ancora molto da dire.
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