Psychic Ills INNER JOURNEY OUT
[Uscita: 03/06/2015]
Stati Uniti
“Inner Journey Out” è il quinto disco del duo newyorchese. Tres Warren ed Elizabeth Hart questa volta rinforzano il loro pop psichedelico e onirico con ben 14 canzoni. Rispetto agli album precedenti non c’è una grossa evoluzione nell’approccio musicale degli Psychic Ills: un giro d’accordi inondato dalle tastiere, un riff di chitarra, ritmo solido. Sarà per questo che, unito come dicevamo ad una scaletta molto affollata, il duo non buca le orecchie e "Inner Journey Out" rimane un tentativo piuttosto deludente.
Certo la formula Spacemen3 o Brian Jonestown Massacre rimane affascinante, almeno sulla carta: nella pratica, i due fanno fatica a costruire jam davvero coinvolgenti. L’ascolto rimane qualcosa di piacevole ma piatto e noioso. Senza le impalcature soniche di Peter Kember e Jason Pierce o senza la capacità di scrittura di Anton Newcombe questo modello rischia di diventare un suicidio. Non è un caso che il pezzo che spicchi in assoluto nell’album è I Don’t Mind, ballata narco-country, che vede la collaborazione di Hope Sandoval, la cui voce riesce a impreziosire un pezzo insipido. Da Back To You, passando per All Alone, Baby, Music in My Head arrivando ad Another Change l’afflato onirico diventa presto narcolettico.
Altri pezzi provano soluzioni più rock (Confusion, Mixed Up My Mind), altri ancora riescono nel tentativo di assomigliare ai gruppi di cui sopra (No Worry ) e in virtù di questo rimangono tra i più godibili. Non rimangono che gli episodi più eclettici: raramente ci si annoia come quando si ascoltano i 7 minuti di Coca-Cola Blues (i Mazzy Star senza la voce della Sandoval e senza la chitarra di Roback), ed è un peccato visto che la traccia che li precede è l’intrigante danza tribale di New Mantra.
Ed è un peccato constatare anche come gli Psychic Ills vogliano affogare tutto in ballate country intontite lasciando che le cose migliori vengano trascurate: ad esempio le nebbie psichedeliche che salgono dallo strumentale Hazel Green richiamano i Fleetwood Mac della malinconica Albatross.
Ra Wah Wah, con i suoi 9 minuti costituisce un’elegante suite kosmische (dove le chitarre à la Manuel Göttsching sono accompagnate dal sax) che stanca però per l'eccessiva durata. Insomma, l’impressione è quella di un gruppo che vuole strafare, o di un gruppo che ha commesso un errore di auto indulgenza. Questo disco offre solo pochi sprazzi di luci: si annaspa e si rischia di soccombere alla noia nel tentativo di ricercarli. Sperando in un nuovo lavoro che valorizzi meglio gli Psychic Ills.
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