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10 Gennaio 2012 ,

Trailer Trash Tracys ESTER

2012 - Double Six
[Uscita: 16/01/2012]

Per un arcano quanto affascinante caso di reincarnazione, l’anima di Trish Keenan dei Broadcast, esattamente un anno dopo la sua tragica scomparsa, sembra rivivere nella voce eterea e infantile di Suzanne Aztoria e nella musica dei Trailer Trash Tracys. Uno spirito affine a quello degli sfortunati connazionali, votato alla sperimentazione, e all’amore verso atmosfere distanti e immaginifiche, impreziosite da spunti elettronici retrò; un atteso (ben tre anni di gestazione) e importante debut album per la band londinese, forte di dieci composizioni pop caleidoscopiche e psichedeliche calate ora in scenari noir ora surreali. Oltre ad esser dei perfezionisti, non si può dire non siano anche audaci nell’ispirarsi alla poesia sufi per i loro testi o nell’accordare chitarre e pianoforte in base alla “scala di solfeggio” di Rodgers e Hammerstiana memoria e in ultimo, provare a registrare un coro di animali per l’album. L’apertura è affidata al sibilo galattico di Rolling Kiss The Universe, che proietta l’opera in uno spazio siderale dove a regnare è un caos controllato. Corpi celesti fluttuano lenti e sognanti tra riverberi di suoni languidi ed eterei (You Wish You Were Red, Turkish Heights), a volte improvvisando un passo di flamengo/valzer (Los Angered) altre smarrendosi in vortici spazio-temporali al limite del kitsch (Engelhardts Arizona, Strangling Good Guys). La voce della frontgirl sembra accomodarsi alla perfezione in questa dimensione ultraterreste e, nella paradisiaca Dies in 55, si lascia danzare su un carillon di stelle e decorazioni accecanti. Il suo sospiro ammaliante sprofonda sotto le sferze delle percussioni di James Dose, che cadenzano sorde come un tonfo nella galassia; per una volta le falciate di chitarra di Jimmy Lee lasciano il campo a cascate di tastiere trasognanti.

 

 

L’album è tutto giocato sul contrasto tra oscurità e luce, dissonanza e melodia, il vizioso e il sublime; le dieci composizioni, raccolte in una sorta di congiunzione astrale di dream pop, shoegazer e indietronica in un rimpallo continuo tra swingin' London anni '60, umori dark degli anni 80 e stratificazioni anni 90, sono sempre in bilico sull’orlo del collasso e intrigano per tensione e intangibilità. Così immaginarsele come colonna sonora di un film della Coppola o di un incubo lynchiano viene facile, come il rimando al regista statunitense in Candy Girl, dove Laura Palmer viene assassinata a colpi di catene sferraglianti. Lo slapping del basso sorregge invece la tenera Black Circle, una scarna armonia naif secondo il dogma youngmarblegiantiano. Tralasciando l’indiscutibilmente brutta quanto fuorviante ragione sociale sceltasi, i Trailer Trash Tracys si affacciano al nuovo anno con tutte le carte in regola per divenire i futuri satelliti del lovegazin', centrando l’obiettivo al primo colpo, con uno stile non certamente unico ma che sa rapire senza mai ne strafare e né annoiare. E se l’apocalisse avesse la dolce voce della Aztoria?

Antonio De Luca
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