Stalker (Сталкер) Andrei Tarkovskij
L’apocalisse del materialismo
Dopo “Solaris” (1972), film basato sull’omonimo romanzo di Stanislaw Lem, Tarkovskij iniziò a lavorare nel 1976 al progetto “Stalker”, film incentrato sul romanzo “Picnic sul ciglio della strada” (1971) dei fratelli Arkadij e Boris Strugatsky. Il film descrive un viaggio all’interno di una Zona, territorio misterioso e desolato in cui le leggi fisiche sembrano non valere. Uno Scrittore ed uno scienziato detto Professore, aiutati da una guida chiamata Stalker, intraprendono un viaggio per raggiungere una Stanza, luogo misterioso in cui sembra si avverino i desideri più intimi e segreti. La Zona è un territorio abbandonato, indecifrabile, recintato dall’esercito per impedire l’accesso alla popolazione civile. Gli stessi militari evitano di percorrerla a causa delle sue numerose insidie. Ne sono testimonianza i rottami di carri armati precipitosamente abbandonati e le storie di uomini che non hanno più fatto ritorno. Solo gli stalker hanno l’esperienza necessaria per condurre i visitatori all’interno della Zona. Dopo un viaggio rischioso i tre arriveranno alla soglia della Stanza e solo allora diventeranno chiare le loro intenzioni: lo Scrittore cerca l’ispirazione perduta mentre il Professore, tormentato dall’invidia e dalla rivalità verso i colleghi scienziati, è alla ricerca di una possibilità di riscatto. Entrambi alla fine rinunceranno ad entrare nella Stanza, vinti dalla paura, dallo scetticismo e da una sincera forma di nichilismo.
Dopo il fallimento dell’impresa, lo Scrittore, il Professore e lo Stalker ritorneranno nel grigiore del mondo “reale” profondamente cambiati. “Stalker” è un film costituito da un numero estremamente elevato di piani di lettura ed è stato oggetto di tantissime interpretazioni. Occorre ricordare che verso la fine degli anni ’70 l’Unione Sovietica era ancora un paese governato da un regime autoritario in cui la fede era proibita ed il materialismo costituiva la dottrina ufficiale dello stato. Tarkovskij incontrò sempre l'ostracismo del regime e nel 1982 scelse abbandonare l’Unione Sovietica non facendo più ritorno nel proprio paese. In quest’articolo si cercherà di dare significato alla Zona, luogo reale di incontro dell’individuo con il sovrannaturale (cioè con qualcosa che sta oltre) e si descriveranno le condizioni limite di quest’incontro. Tarkovskij sembra voler dare risposta ai seguenti quesiti:
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in che modo l’uomo può agire all’interno di una singolarità fisica, cioè all’interno di un luogo in cui non valgono le leggi fisiche?
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in che modo l’uomo può entrare in rapporto con la trascendenza e con il sovrannaturale, cioè con qualcosa di incommensurabilmente diverso da sè?
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può davvero l’uomo nella sua finitezza entrare in rapporto con qualcosa di infinitamente superiore in grado di elevarlo spiritualmente ma anche di disumanizzarlo?
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esiste davvero un luogo che possa dare speranze all’uomo?
Nonostante la forte vocazione del sottoscritto per il materialismo, questo articolo è un omaggio ad un grande regista ed a uno dei film più importanti ed appassionanti di sempre.
Indice:
- I luoghi dell’incontro
- I luoghi della singolarità
- Opacità del materialismo
- Leggi violate
- La Stanza
- La natura della Zona
- Apocalisse del materialismo
- Uscita dalla Zona: dignità umana e amore
1. I luoghi dell’incontro
Tarkovskij affermò più di una volta che esiste una forte continuità tra i temi affrontati in “Solaris” ed in “Stalker“. Anzi, da un certo punto di vista, i temi sviluppati nei due film sono sempre gli stessi. Non è la trascendenza o la conoscenza l’oggetto principale della ricerca tarkovskijana. Tarkovskij è stato sempre interessato all’uomo e alle condizioni che consentono all’uomo di cogliere il sovrannaturale, cioè alle condizioni che consentono l’incontro tra la finitezza dell’uomo con quel qualcosa che sta al di là del mondo materiale. “Solaris” narra la storia del psicologo Kris Kelvin incaricato di recarsi presso la stazione scientifica che orbita attorno al pianeta Solaris. Nella stazione, in cui sono rimasti solo tre astronauti, accadono strani fenomeni, tra cui la materializzazione in carne ed ossa di persone che erano morte o che erano rimaste sulla terra. Si scopre che questo “ritornare in vita” di persone amate, avviene per l’interazione degli astronauti con il pianeta Solaris, un immenso organismo sensiente che sembra capace con il suo oceano vivo di materializzare i desideri degli astronauti. Kris Kelvin ritroverà la moglie Harey, morta suicida diversi anni prima e rivivrà con lei una storia d’amore inquieta e disperata.
Sono tante le similitudini che legano “Solaris” a “Stalker“: la presenza di un luogo di incontro dell’umano con il sovrannaturale, l’impossibilità o la difficoltà di una relazione dell’umano con un qualcosa che esiste al di là, l’interpretazione della trascendenza intesa come desiderio e come speranza, il sentimento di paura verso l’ignoto che si tramuta in un sentimento distruttivo. Come disse Tarkovskij in un’intervista, l’elemento che accomuna i due film è la relazione che s’instaura tra l’uomo ed il sovrannaturale. Come reagisce l’uomo di fronte al sovrannaturale, di fronte ad una grandezza infinitamente superiore, che può elevarlo spiritualmente ma che può anche disumanizzarlo? L’uomo è in grado di resistere a tale pressione o deve piegarsi assecondandone la forza? In Solaris il protagonista, sottoposto ad un peso ed una tensione enorme, si convince alla fine all’idea che quel simulacro della moglie sia proprio la sua vera moglie, nonostante fosse consapevole che quel corpo fosse una proiezione del desiderio del proprio inconscio. Ma Tarkovskij non vuole rappresentare i modi con cui l’uomo cerca di comprendere la trascendenza, non si tratta di esplorare l’umanamente inconoscibile o l’incommensurabilmente ignoto (che invece era l’elemento centrale dell’originario romanzo di Lem). Solaris e la Zona non sono luoghi della conoscenza.
Per Tarkovskij la Zona è il luogo fisico dell’incontro, il territorio dell’incontro tra la finitezza dell’uomo e l’imponenza smisurata del trascendente. E’ difficile comprendere come l’uomo possa entrare in comunione con qualcosa di così smisurato, oscuro ed impenetrabile. Ed è difficile comprendere dove questo possa accadere. Questi luoghi sono i territori privilegiati della ricerca tarkovskijana. Alla domanda su quale fosse il vero significato della Zona, Tarkovskij rispose: ‘Mi hanno sovente domandato che cosa fosse la Zona, che cosa simboleggiasse, ed hanno avanzato le interpretazioni più impensabili. Io cado in uno stato di rabbia e di disperazione quando sento domande del genere. La Zona, come ogni altra cosa nei miei film, non simboleggia nulla: la Zona è la Zona, la Zona è la vita: attraversandola l’uomo o si spezza, o resiste’. Di fronte alla disparità delle forze in gioco, Tarkovskij afferma che l’uomo può o assecondare la fede, lasciandosi guidare da una naturale propensione all’elevamento spirituale, oppure spezzarsi a causa della propria rigidità, per l’incapacità di vedere una realtà che vada al di là delle leggi immutabili del determinismo.
2. I luoghi della singolarità
I luoghi di incontro con il sovrannaturale non possono essere luoghi in cui le leggi fisiche valgono. In tal senso questi luoghi possono essere definiti luoghi singolari o singolarità fisiche. Questa definizione rimanda alla fisica matematica, cioè a quei punti in cui il campo tende ad assumere valori limite, punti di discontinuità o di disomogeneità, che per sua natura godono di proprietà singolari. Mentre in Solaris la singolarità fisica si manifesta nella sua materialità, per cui i fenomeni anomali che accadono nella stazione sono legati alla pressione enorme che massa fisica del pianeta Solaris esercita sull’uomo, in Stalker la singolarità fisica si presenta come un territorio alterato da qualche evento sconosciuto, probabilmente dall’impatto di un meteorite (chiaro il riferimento a Tunguska avvenuto in Siberia agli inizi del ’900). La Zona diviene un luogo privilegiato dell’universo, delimitato da un confine che lo caratterizza. I militari ne recintano il territorio per proibirne l’accesso ai civili. Questo confine separa la Zona dal mondo “reale”, ponendosi a tutti gli effetti come un orizzonte degli eventi, una linea oltre la quale non è razionalmente descrivibile quel avviene al suo interno. Non è possibile delimitare esattamente il confine della Zona, ma si sa che questo confine necessariamente esiste.
E’ bellissima la scena in cui lo Stalker, lo Scrittore ed il Professore dopo avere oltrepassato pericolosamente i posti di blocco e i check point dei militari, si addentrano all’interno della Zona. Vi è quasi un salto, un momento di discontinuità in cui la coscienza perde il controllo del mondo esterno, scandito dai rumori ripetitivi dei passaggi del carrello ferroviario sulle rotaie. L’accesso alla Zona è un viaggio di sola andata. Le carcasse ed i rottami dei carri armati sono una testimonianza diretta dei rischi dell’impresa. Questo ingresso è a tutti gli effetti una sorta rito di iniziazione. La prima cosa che fa lo Stalker non appena entra nella Zona è instaurare un rapporto mistico con quella terra, abbracciandola. Sappiamo che non è la pura conoscenza o lo sforzo intellettivo nel comprendere questi luoghi quel che affascina Tarkovskij: è invece la possibilità di instaurare una relazione tra l’uomo ed il sovrannaturale. Il pianeta Solaris e la Zona rappresentano i luoghi in cui le leggi fisiche sono stravolte. E’ in questi luoghi che Tarkovskij ama studiare l’uomo, scorgendone le sue debolezze di fronte all’ignoto, le sue paure, le sue speranze. Tarkovskij ama studiare l’uomo nei luoghi in cui la razionalità viene stravolta. Le certezze della razionalità sono le stesse certezze del determinismo, cioè le certezze che regolano quel che avviene non per caso, ma per le leggi della necessità.
Tarkovskij ha bisogno di luoghi estremi, di luoghi di confine, in cui le leggi fisiche non valgano o valgano in maniera irregolare o frammentaria. Sono luoghi profondamente alterati, abbandonati e derelitti, in cui l’uomo rinuncia ad accedere per paura dell’ignoto, in cui invece sorprendentemente si cela il sacro. Il mondo “reale” è oramai posto sotto il completo dominio del determinismo, della legge e della tecnica. Dice lo Scrittore prima di entrare nella Zona: ‘Il mondo è retto dalla meccanica deterministica, per cui è estremamente noioso. Le leggi non vengono violate, non si lasciano violare. Il mondo è noioso. Il medioevo era interessante: in ogni casa c’era uno spirito ed in ogni chiesa un dio’. Il viaggio all’interno della Zona costituisce un viaggio di iniziazione verso una verità occultata dalle leggi del determinismo. In “Stalker” il viaggio è identificato dal treno. In molte scene del film, il treno simboleggia del passaggio dalle regioni “reali” ai luoghi del soprannaturale, quasi un ponte di collegamento tra i due mondi, che consente di oltrepassare la linea del confine. Si sente il passaggio dei convogli dei treni all’inizio del film, come un annuncio di una chiamata e alla fine del film (nelle scene in cui compare la figlia Martyška) quasi fosse un desiderio di grazia. Il treno rappresenta la voglia di abbandonare il mondo “reale” per accedere ad un mondo più pieno, poter recuperare un rapporto con la natura, ritrovare i luoghi dell’infanzia. Se questo non è possibile, la fuga diviene un atto illegale.
3. Opacità del materialismo
All’ingresso nella Zona, lo Stalker dice: ‘La debolezza è potenza e la forza è niente. Quando l'uomo nasce, è debole e duttile, quando muore è forte e rigido. Così come l'albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco, muore. Rigidità e forza sono compagne della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell'esistenza’. Tutto il film è incentrato su questa tensione. Sono due concezioni della vita che si contrappongono. La rigidità-forza è il carattere del determinismo materialista all’interno del quale l’universo è conseguenza di leggi necessarie ed immutabili. Nulla può sfuggirvi, neppure la vita, che vi è attratta in una spirale senza futuro. La flessibilità-debolezza, al contrario, è la capacità dell’esistenza di contrapporsi alle leggi fisiche del determinismo.
La spiritualità consente di aggredire il meccanicismo del mondo, di generare uno scarto, una differenza che scardina le leggi immutabili dell’eguale. Tutto il film è basato su questa costante tensione. E’ una lotta impari: non è possibile sconfiggere il meccanicismo del mondo con la sola forza, occorre farlo con la creatività. Occorre generare una variazione impercettibile dentro le leggi immutabili e grigie del meccanicismo. L’opacità del mondo “reale” è rappresentato visivamente da Tarkovskij con un opprimente bianco e nero. Il mondo “reale” è costituito da paesaggi industriali, territori antropici deturpati dall’artificialità della tecnica, con la sue ferrovie e le sue centrali nucleari.
La scienza nella prospettiva materialista si fa tecnica, dimentica l’uomo e crea le condizioni per il suo annientamento. Non è un caso che nelle scene finali, quando lo Stalker ritorna a casa dopo aver lasciato la Zona, sullo sfondo appaia la centrale nucleare di Chernobyl. Il film fu girato sette anni prima del disastro e tuttavia quelle scene furono particolarmente profetiche oltre che evocative. E’ questa la potenza del materialismo che si fa tecnica, potenza che Tarkovskij criticò ferocemente. Il materialismo senza futuro uccide l’uomo. Diceva Berdjaev: ‘la scienza non è creazione ma obbedienza, il suo principio non è la libertà ma la necessità’. Nulla di più chiaro. Tarkovskij non possiede alcuna fiducia nella scienza e le scene finali che mostrano Chernobyl, la sua terra avvelenata, la sua acqua viscida e insalubre, costituiranno un tragico presagio di mali futuri.
4. Leggi violate
All’interno della Zona gli eventi avvengono senza rapporto di causalità, il determinismo è sistematicamente violato. Lo Stalker dopo avere attraversato il confine che separa la Zona rimanda indietro il carrello. Non è possibile tornare indietro lungo la strada già percorsa. Nella Zona non esiste una via diretta per arrivare alla Stanza dei desideri. La via va “scoperta” man mano che la si intraprende, senza mappe o deduzioni logiche, ma semplicemente “lanciando i dadi”. Il lancio dei dadi ricorda il “dio non gioca a dadi” di Einstain, che rifiutava l’idea di un mondo fisico deterministicamente governato dal caso. In un universo deterministico non c’è spazio né per il caso né per le singolarità fisiche. Ma lo Stalker è convinto che nella Zona le leggi fisiche non valgano. Sembra quasi che in quei territori Dio si diverta a giocare con gli uomini.
La Zona è ‘un sistema molto complesso di trappole’, dove ‘i posti sicuri diventano impraticabili e il cammino si fa ora semplice e facile, ora si ingarbuglia fino all’impossibile’. E’ un luogo in cui non esiste regolarità, in cui tutto cambia costantemente, in cui tutto si muove. Non può esserci stazionarietà. La Zona si adegua allo stato d’animo di chi vi entra. ‘La Zona rispecchia i nostri stati d’animo’, dice lo Stalker, che poi aggiunge: ‘Qui ogni minuto cambia tutto’. Non vi è alcun modo di utilizzare la logica euclidea: nella Zona la distanza minima tra due punti non è la retta che li congiunge, la strada diretta non è mai la più corta. Alla domanda del Professore su dove si trovi esattamente la Stanza, lo Stalker risponderà: ‘In linea retta 200 metri ma qui, purtroppo, vie dirette non ce ne sono’. Di fronte all’inutilità della ragione, solo l’intuizione e la fede possono tracciare la strada da percorrere. Ma non è tutto cosi scontato.
5. La Stanza
Il viaggio all’interno della Zona non è legato ad un desiderio di conoscenza, ma ad una ricerca di spiritualità. Non è la conoscenza la pratica che consente all’uomo di elevarsi spiritualmente, poiché quella conoscenza non fa altro che aggiungere sempre nuovi dettagli, consentendo all’uomo di penetrare sempre più profondità, perdendo però la visione in ampiezza. Accedere alla Zona significa accedere ai luoghi con cui si può entrare in comunione con il sovrannaturale, entrare cioè in rapporto con il sacro. Quello dello Stalker è una vocazione profetica in attesa di un’apocalisse. La Zona è un luogo liturgico in cui lo Stalker accompagna gli uomini verso la rivelazione in un percorso di iniziazione, verso una ricerca di verità, che tuttavia presuppone una predisposizione alla fede, una fiducia verso il futuro. Dice lo Stalker (ricordando alcune figure dostoevskijane):‘Tutto quello che ho è qui, qui, nella Zona. La mia felicità, la mia libertà, mia dignità. Tutto qui. […]. E’ tutto qui quello che ho, non ho nient’altro, non desidero nient’altro’.
La Stanza rappresenta il luogo della materializzazione dei desideri e della speranza, il bisogno del miracolo in un epoca in cui tutto è pianificato. ‘Che si avverino i loro desideri, che possano crederci, e che possano ridere delle loro passioni. Infatti ciò che chiamiamo passione in realtà non è energia spirituale ma solo attrito tra l'animo e il mondo esterno. E soprattutto che possano credere in se stessi, e che diventino indifesi come bambini, perché la debolezza è potenza e la forza è niente’. La Stanza rappresenta la speranza, l’ultimo appiglio di desiderio per chi ha perso tutto. La Zona è davvero l’ultimo luogo sottoposto al dominio della grazia. Ma non è un caso che i luoghi della manifestazione del sacro appaino come luoghi abbandonati e fatiscenti, luoghi ultimi. Nonostante la Zona si presenti come singolarità, Tarkovkij in “Stalker” non darà mai vita ad alcun fenomeno soprannaturale e ad alcuna rivelazione del sacro. La presenza del sacro appare evanescente, quasi assente. In questo senso la fede sembra poggiarsi su un ateismo filosofico, su un rifiuto di Dio. E’ questo il tormento che spinge l’uomo a cercare risposte, ad aprirsi verso qualcosa che non comprende, a combattere il vuoto del materialismo, come se fosse chiamato ad una missione, come se fosse testimone di una rivelazione. Può esistere una fede senza Dio? Tarkovskij sembra lasciare aperta questa eventualità.
6. La natura della Zona
E’ interessante analizzare come Tarkovskij rappresenti visivamente i territori della regolarità ed i territori della singolarità. I luoghi della regolarità sono rappresentati in un bianco e nero molto sporco: sono i luoghi “reali”, i luoghi delle leggi fisiche, della monotonia dei determinismo, dell’indifferenza dell’eguale, dell’opacità. I territori “reali” sono aree industriali, centrali nucleari, ferrovie, luoghi costantemente identici a se stessi. Il mondo “reale” si presenta come prigione (dirà la moglie che “uno stalker è un eterno carcerato”). La Zona, al contrario, si presenta come un territorio attraversato da colori vividi e luminosi. Si pensi alle scene iniziali de “Lo specchio”, ai ricordi luminosi dell’infanzia immersa nella campagna. Nella Zona la natura appare rigogliosa e inesauribilmente vitale, in un costante riappropriarsi delle terre lasciate in rovina dall’uomo. La Zona appare subito caratterizzata da colori luminosi e turgidi, fortemente contrastati. Il luogo è abbandonato dagli uomini con carri armati e veicoli in rovina, rottami arrugginiti ed incrostati, pali della luce divelti ed abitazioni cadenti che mostrano come il luogo della grazia non possa essere dominato dall’uomo.
Nei luoghi della singolarità la natura riprende possesso dei territori in maniera tumultuosa e pervasiva, mostrando una vegetazione che avanza ricca e rigogliosa. L’acqua invade prepotentemente le costruzioni e i bunker militari, dimostrando che le opere umane non guidate dallo spirito ma da una razionalità arrogante e senza etica siano destinate prima o poi ad essere rinaturalizzate. L’uomo cerca di sottomettere la natura attraverso dighe e barriere, ma da questa sfida ne esce progressivamente sconfitto. Tutte le opere umane sono destinate alla rovina, diventando segno dell’inutile. Nell’affascinante scena del tunnel (il cosiddetto tritacarne) i tre viaggiatori si avvicinano alla Stanza attraversando sale piene di mucillagini e gallerie abbandonate in cui l’acqua cade incessantemente dal soffitto. Lungo il percorso è necessario oltrepassare stanze completamente allagate. E’ sorprendente come Tarkovskij immagini questi luoghi abbandonati e fatiscenti come i luoghi della manifestazione del sacro. L’acqua rappresenta la forza spirituale di una natura capace di opporsi all’immutabilità del determinismo ed in grado di sgretolare la materialità del mondo, incuneandosi nei suoi interstizi.
L’acqua accompagna l’esistenza nella nascita (si pensi all’immagine in cui lo Stalker si addormenta accovacciato in una posizione fetale su terreni amniotici in un ideale ricongiungimento con la madre) ma anche nella morte (si pensi alle immagini dell’acqua che cade dal soffitto della casa materna in rovina in “Lo specchio” o in quelle della casa paterna nelle scene finali di “Solaris”). L’acqua consente di purificarsi dopo un viaggio lavandone le durezze prima del rientro a casa. Ed è anche indimenticabile la scena del sogno in cui si scorgono sott’acqua oggetti abbandonati, strumenti di lavoro, fogli di carta, icone religiose, monete, bulloni, molle d’acciaio, armi, dispositivi, calendari, frammenti di specchio, utensili completamente sommersi in un acquitrino fangoso e pieno di sedimenti. La natura tende a riprendere possesso del territori che l’uomo credeva di aver governato.
Ogni cosa acquista un senso ed in quegli oggetti c’è la memoria dell’uomo, una memoria che col passare del tempo diviene sempre più labile, come labile è la sua esistenza. Gli oggetti abbandonati e ritrovati assumono il preciso significato delle cose appartenute ad una vita abbandonata e spezzata, come accadde per gli oggetti ritrovati nei lager, testimonianza di una immane tragedia. La Zona (Зона in russo) infatti era anche il nome che in URSS veniva dato ai campi di lavoro. Nel testo dei fratelli Strugackij è più forte la caratterizzazione legata all’esperienza drammatica dei luoghi in cui venivano rinchiusi i prigionieri politici. La Zona diventa a tutti gli effetti “luogo non accessibile”, territorio al di là della “realtà” per la sua disumanità. Non è un caso che anche nel film, in una scena in cui si abbandona la verosimiglianza, il Professore risponde al telefono ‘questa non è una clinica’, facendo intendere espressamente l’associazione del luogo ai campi di lavoro. Verso la fine del film appare chiaro il perché per Tarkovskij lo scandalo del male possa acquisire un senso solo se previsto all’interno di una visione che contempli anche il sacro. Non può esistere il male se non all’interno di un territorio che contempli anche l’esistenza della grazia.
7. Apocalisse del materialismo
Le atmosfere di archeologia militare di “Stalker” sono di una straordinaria forza evocativa. Molte scene furono girate presso una centrale idroelettrica abbandonata a Tallinn in Estonia, ma anche a Dolgopa in Russia, Isfara in Tajikistan ed a Chernobyl in Ucraina. C’è una estetica del sublime nelle architetture industriali e nei paesaggi antropici in rovina. Non è un caso che il film abbia acquistato dopo Chernobyl una forza evocativa amplificata. Tarkovskij girò le scene finali a Chernobyl sette anni prima della tragedia. In quelle scene già appariva la tragicità di una umanità completamente annientata nello spirito prima che nel corpo. Vi era ovviamente già forte in quegli anni la denuncia contro gli effetti del razionalismo materialista e del potere tecnocratico (Tarkovskij come è noto scelse l’esilio nell’Europa occidentale). Questa visione anticipatrice consente di immaginare la Zona come il risultato di un esperimento militare malriuscito o di un esperimento degenerato in catastrofe. Le vicende della centrale di Fukushima in Giappone, venticinque anni dopo Chernobyl, consentono di immaginare ancora una volta la tecnica come una sorta di apocalisse del materialismo. In una Zona depotenziata del suo carattere sovrannaturale, la sovrannaturalità rimane confinata nell’immaginario visionario dello Stalker. Per questo la Zona diviene una prerogativa di chi crede e può diventare così una proiezione della propria interiorità e del proprio inconscio.
8. Uscita dalla Zona : dignità umana e amore
E’ davvero sorprendente pensare che i luoghi in cui ci si attende la manifestazione del sacro e del sovrannaturale siano luoghi invece completamente naturalizzati. In “Stalker “ il sovrannaturale rimane per la maggior parte del film confinato debolmente sullo sfondo. Tarkovskij ha sempre subito il fascino del sovrannaturale che tuttavia ha sempre cercato di rende naturale, cosa che fece magistralmente in “Stalker” e che a posteriori si pentì di non aver fatto compiutamente in “Solaris”. Verso la fine del film dopo l’uscita dalla Zona ed all’interno del mondo “reale”, la figlia malata dello Stalker appare nella sua disabilità. In una famosa scena, la figlia Martyška dimostra di riuscire a muovere gli oggetti con la forza del pensiero nello stesso momento in cui in lontananza si sente il rumore del passaggio di un treno. Tarkovskij rende vaghe entrambe le possibilità e cioè che sia il treno con le sue vibrazioni a mettere in movimento quegli oggetti o che invece sia stata Martyška, attraversata dalla grazia. Le immagini a colori fanno intuire che nonostante la figlia Martyška viva al di fuori della Zona, quel luogo continui ad avere un effetto su di lei. La Zona è verità, libertà, grazia e sofferenza. Sembra quasi che la sofferenza sia un segno necessario per la manifestazione del sacro.
Non è possibile comprendere lo scandalo del male in una prospettiva esclusivamente razionale. Verso la fine del film lo Stalker pensa di abbandonare il mondo “reale”, di portare la moglie e la figlia all’interno della Zona, in quel territorio abbandonato in un silenzio ed in una pace assoluta, luogo che lo Stalker ritiene sia immune dal male. Ma la figlia Martyška sembra aver trovato nella sua solitudine quella forza che le consente di attingere ad un orizzonte più ampio, di entrare in contatto con l’assoluto, poiché è forse solo l’infanzia la condizione dell’innocenza e dell’incompiutezza, che consente di aprirsi verso le regioni che vanno al di là del determinismo.
L’emozionante scena finale di Martyška non è quindi solo un passaggio necessario che garantisce l’aderenza del film al romanzo dei fratelli Strugatsky, ma è un momento essenziale che costringe ad una rilettura completa del film, come se Tarkovskij volesse avvertire che non vi è solo quel che appare: vi è “in extremis” una promessa di riscatto, un miracolo costituito da sconfinato amore. “Stalker” è un film sulla dignità umana, quella che appare allo Scrittore e al Professore quando vedono davanti a loro la moglie dello Stalker aspettare il suo ritorno, pur essendo quel marito la causa di tante sofferenze. Quell’amore portato avanti con generosità è forse l’unica vera forza che si contrappone al nichilismo ed al cinismo. Tarkovskij sembra ricordarci che l’unica forza in grado di combattere l’apocalisse del materialismo è l’amore. Quella dello stalker verso Martyška. Una forza capace di cambiare l’animo dei tre viaggiatori, più di quanto possa aver fatto la Zona.
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