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David Sylvian Metamorfosi di un’anima silenziosa

2015

davidsylvianlibroOn the periphery                         I N T R O

 

Il 9 marzo 2015 è stata distribuita dalla Malin Publishing Ltd. la versione in lingua italiana di “On the periphery – The solo years “(“Alla periferia – Gli anni da solo”), biografia realizzata dal giornalista-scrittore Christopher E.Young che ripercorre l'intero corso della carriera da solista di David Sylvian. All'interno del volume di  484 pagine, sono suddivisi e riassunti - attraverso tre sezioni distinte, i periodi fondamentali della parabola artistica e umana dell'artista: Alla ricerca del vocabolario giusto tratta degli anni compresi tra il 1982 e il 1987, Il cammino verso la redenzione analizza dal 1988 al 2002, e il conclusivo I cieli grigi dal 2003 ai giorni nostri.

 

Quello che segue invece è il nostro profilo della ricchissima carriera artistica solista di David Sylvian,  che dopo i clamori degli esordi con i Japan ha scelto di starsene lontano dalle fastidiose luci dei riflettori della popolarità. Si è rifugiato nell'esplorazione dell'arte fino ad abbracciarla nelle sue forme più sperimentali. Lontana dai facili compromessi dell'esasperato mondo dello show business, l'evoluzione artistica di Sylvian non ha subito arresti e si è trasformata di volta in volta. Finendo per regalare sempre inaspettate nuove emozioni.

 

I colori proibiti del dopo Japan: il connubio artistico con Ryuichi Sakamoto (1982-1983)

 

I colori proibiti del dopo Japan3Sbattere la porta dietro di sé allontanandosi di colpo dagli amici di una vita, dai fantastici sogni di un'agitata adolescenza, abbandonando un progetto all'apice del successo, della notorietà. Proprio adesso che i tanti sacrifici iniziano ad essere ricompensati e che tutto sembra procedere nella direzione giusta il progetto non esiste più; l'introverso front-man ha deciso così. I colori proibiti del dopo Japan2Potrebbe sembrare sintetico e riduttivo riassumere in questi termini l'archiviazione definitiva di uno dei progetti più interessanti della scena post punk inglese di fine anni settanta ma è  così che nel dicembre 1982, al termine di un memorabile tour mondiale, David Sylvian si congeda dai suoi Japan. Contrasti interni nella band sempre più accentuati, ma soprattutto la necessità di scrollarsi di dosso ingombranti etichette e sottrarsi da fastidiosi vincoli d'immagine e opprimenti regole di mercato, sono le motivazioni che dettano il perentorio cambio di rotta. E' nel luglio del 1982 che ha inizio la carriera solistica dell'artista nato a Beckenham il 23 febbraio 1958. L'etichetta Virgin distribuisce il 7” Bamboo Houses/Bamboo Music, due facciate elettro-pop, composte e cantate dallo stesso Sylvian - al momento dell'incisione ancora legato al suo gruppo d'origine - e arrangiate dal pianista nipponico Ryuichi Sakamoto. L'incontro con il polistrumentista di Nakano è avvenuto ai tempi dell'incisione del quarto album di studio dei Japan Gentlemen take Polaroids; la mente creativa della YMO aveva dato il suo contributo nella realizzazione della title track dell'album e della traccia di chiusura Taking islands in Africa. Nonostante in quello stesso periodo altri artisti della terra del sol levante si fossero affacciati sul percorso artistico di David – le collaborazioni con 2848948Akiko Yano, Sandii & The Sunsetz e Masami Tsuchiya ne sono testimonianza – indubbiamente la genialità di Sakamoto era stata quella che lo aveva maggiormente colpito ed impressionato. In un momento di riflessione dopo l'esperienza del singolo d'esordio, calato definitivamente il sipario sul progetto con Karn e soci, è proprio una chiamata dell'amico Ryuichi ad esortarlo nel rimettersi in pista per la composizione delle liriche del tema portante del film diretto da Oshima “Merry Christmas Mr. Lawrence”. La pellicola interpretata dallo stesso Sakamoto e dal duca bianco Bowie, tratta il soggetto ostile di un I colori proibiti del dopo Japanrapporto omosessuale all'interno di un campo di prigionia a Giava nel 1942 e in Italia viene ribattezzata più semplicemente “Furyo”. Il connubio Sylvian-Sakamoto dà alla luce Forbidden colours, struggente ed intesa interpretazione del biondo vocalist imprigionata in ossessivi rintocchi di tastiera dal sapore tutto orientale. Il brano diventa un hit di spessore mondiale e, se per il pianista giapponese il successo significa il primo conseguimento nel vecchio continente di una certa notorietà - consacrato dalle successive ed indimenticabili composizioni per il grande schermo - per l'ex Japan questi colori proibiti rappresentano la vera spinta per iniziare ad imbastire un'inedita opera prima tutta propria.

 

Brilliant Trees (Giugno 1984)

 

Brilliant treesL'inverno a cavallo tra il 1983 e il 1984 vede crescere e maturare l'ambizioso debut-album di Sylvian. Il trombettista di Memphis Jon Hassell, il mago tedesco del krautrock Holger Czukay, il jazzista canadese Kenny Wheeler e  Ryuichi Sakamoto sono alcuni dei prestigiosi session man con cui Sylvian decide di condividere la nuova avventura. Tra i compagni di viaggio figurano anche due elementi della sua ex formazione, il fratello batterista Steve e l'amico Richard Barbieri e due colonne del funk d'oltreoceano quali Wayne Braithwaite e Ronny Drayton. Nata dapprima come una piacevole idea e diventata in seguito una necessità a causa dell'impossibilità di usufruire completamente degli studi di registrazione londinesi, Berlino diventa lo scenario ideale del concepimento artistico del disco d'esordio. Anticipato nel maggio 1984 da Red guitar, ritmato singolo dalle venature jazz, “Brilliant trees” è un lavoro esteticamente perfetto, di un'eleganza unica che affonda le sue radici in un collage musicale che spazia tra l'ambient ed il jazz, tra lo sperimentale ed il funk, allontanando da subito ogni termine di paragone con quella che era stata l'esperienza artistica dei Japan. Anche il look sobrio di Sylvian – immortalato in copertina da Yuka Fuji in uno splendido bianco e nero – è lontano anni luce dall'immagine glamour e colorata dei tempi di “Adolescent sex” o “Quiet life”. Sette tracce per riempire due facciate di una gemma che ancor oggi, a distanza di trent'anni dalla sua realizzazione, brilla di intensa luce propria. La Brilliant trees 2ritmica impressa da un basso in aria funk e in sottofondo squilli di tromba dall'anima jazz marcano il brano di apertura Pulling Punches anticipando The ink in the well , ballata acustica dedicata al pittore Picasso e secondo singolo estratto dall'album, immortalato in seguito dai fotogrammi del regista olandese Anton Corbijn nella video clip promozionale. E se Nostalgia ondeggia in atmosfere malinconiche e dilatate, la chiusura del primo lato è affidata ai martelletti jazzati del piano di Red guitar. La side B riparte dalle evoluzioni etno-orientali della tromba di Hassell di Weathered wall, brano dall'andatura frammentata all'interno della quale si inserisce perfettamente il lamentoso e profondo canto di Sylvian. Backwaters si aggrappa per l'intera durata ad un ripetitivo giro di basso e precede il fantastico epilogo della title-track. Brilliant trees è una composizione dai tratti onirici, una sorta di oblio, un viaggio aldilà, trascendente nella sua struttura minimale. Scritta a quattro mani con Hassell è il punto di contatto tra world music, experimental ed ambient. Un capolavoro assoluto. Irripetibile.

 

Alchemy: An index of possibilities  (Novembre 1985)

 

La fotografia è da sempre una delle grandi fonti di ispirazione di Sylvian. All'indomani della pubblicazione di “Brilliant trees” la sua mostra di polaroid “Perspectives”, dopo aver raccolto giudizi poco convincenti in terra natia, approda in Giappone, più precisamente a Alchemy - an indexTokyo. Durante questo soggiorno nipponico, su richiesta di una emittente locale David effettua alcune riprese nella zona industriale della capitale con la collaborazione del regista locale Yasayuki Yamaguchi. Il commento sonoro di questo documentario è una suite strumentale di oltre venti minuti, Steel Cathedrals , per la realizzazione della quale l'ex Japan raduna nello studio di registrazione di Sakamoto molti dei musicisti che lo hanno supportato, pochi mesi prima, nella sua opera prima: intervengono infatti Czukay, david_sylvian_alchemy_an_index_of_possibilitiesWheeler, Hassell e Jansen. Libero da impegni, per la prima volta, anche lo sciamano crimsoniano Robert Fripp entra in contatto con Sylvian. La Virgin distribuisce la lunga traccia esclusivamente nella musicassetta a tiratura limitata “Alchemy - An index of possibilities”, integrando la track list del lavoro con altri tre brani strumentali ambient – che successivamente comporranno l'EP vinilico “Words with the Shaman”- ; per reperire Steel Cathedrals sarà necessario attendere la ristampa su compact degli anni duemila, edizione che includerà altre due tracce rare quali Kin e A brief conversation ending in divorce – distribuite nell'EP Pop song del 1989.

 

Gone to Earth  (Settembre 1986)

 

I mistici colori del dipinto di Russell Mills caratterizzano la copertina di“Gone to Earth”, che dopo la parentesi dell'EP“Alchemy”, è da considerare a tutti gli effetti il secondo album solista di Sylvian. Anche stavolta l'artista britannico chiama a raccolta amici e qualificati session man per realizzare l'ennesimo ambizioso progetto. Robert Fripp, Bill Nelson, Kenny Wheeler, Phil Palmer oltre a gli irrinunciabili Jansen-Barbieri contribuiscono con le Gone to Earthloro performance al confezionamento di questo doppio 33 giri . E se il primo vinile si presenta un intriso di liriche e interpretazioni solenni di David, il secondo racchiude dieci tracce strumentali immerse in rarefatte atmosfere ambient e riverberi elettronici, allestendo un quadro di emozioni musicali estremamente sperimentali. Un formato doppio che si sussurrava, all'epoca dell'uscita, fosse il risultato di un necessario compromesso tra le ambizioni puramente artistiche di Sylvian e le ferree regole di mercato dell'etichetta Virgin. Nell'agosto 1986 viene distribuito  Taking the veil primo singolo estratto da “Gone to Earth”, brano nel quale gli arpeggi dell'acustica di Palmer e i ripetuti colpi di basso di Ian Madman imprimano una cadenza di funk sognante alla recita sylvaniana. Taking the veil apre la track list dell'album, distribuito appena un mese dopo l'apri-pista, ed anticipa l'interpretazione profonda del tributo a Kundera Laughter and forgetting; l'avvolgente tonalità di Sylvian, accompagnata dal solo piano, va a sfumare in un finale esaltato dall'ottone soprano del maestro Wheleer. I colpi ben cadenzati della batteria di Jansen e le aleatorie atmosfere dei synth di Barbieri trasportano le liriche di Before the bullfight all'interno di un nebbioso percorso interrotto solamente dalle fugaci apparizioni della chitarra di Nelson e dal suono lontano di trombe distorte. Il suono deformato delle corde di Fripp sembra talvolta andare Gone to Earth1fuori tempo dall'arcano recitato di Sylvian nella title track posta a sigillo della side A, rivelandosi, malgrado la sua complessità armonica e strutturale, come uno degli episodi chiave del progetto. Le onde generate dalle corde del Re Crimeo e i profondi affondi di Jansen delineano l'estasiata Wave, apertura del secondo tempo di “Gone to Earth”. River man scivola su un rilassante tappeto etno, dove il linguaggio scandito di percussioni dal sapore tribale trova modo di intrecciarsi con le acute note del sax di Mel Collins. L'epilogo è affidato all'incantata Silver moon, motivo in cui la timbrica ammaliante di Sylvian viene amplificata da un arrangiamento rarefatto imbevuto da melodie di chitarre, assoli di sassofono e rintocchi di pianoforte.

 

Secrets of the beehive  (Novembre 1987)

 

L'autunno del 1986 si rivela per l'artista londinese un momento di inaspettata e rinnovata ispirazione. Da prima collabora alle produzioni degli amici giapponesi  Masami Tsuchiya e  Sandii and the Sunsetz dopo di che compone  ed interpreta due brani (Buoy e When love walks in ) per il secondo album di Mick Karn – bassista e colonna dei Japan –  suonando Secret of the beehiveaddirittura il piano in una terza traccia (Land). Di seguito sotto la regia di Sakamoto dà vita ad uno stupendo duetto (Some small hope) con la voce angelica della cantautrice di Watford Virginia Astley .Completa anche un lavoro sperimentale con il guru dei Can Holger Czukay – che a causa di problemi con la casa discografica, vedrà le stampe solo nel marzo del '88 – e allestisce le musiche per il balletto “Kin” portato in scena dalla brillante coreografa statunitense Gaby Agis. Un periodo artisticamente prolifico per Sylvian tanto che a distanza di un anno esatto dalla distribuzione di “Gone to Earth” la Virgin pubblica il primo estratto dalla sua terza fatica, il singolo Let the happiness in , una composizione dai tratti solenni, una recita religiosa costruita intorno al movimento greve dell'organo di Sakamoto e la discreta tromba di Mark Secret of the beehive 2Isham. L'EP si rileva ben presto l'ottima presentazione di “Secrets of the beehive”, album manifesto dell'art rock e dell' avant-garde degli anni ottanta; Sakamoto si diletta con arrangiamenti orchestrali e suona il piano, Phil Palmer e David Torn si alternano alle chitarre, Danny Thompson si esibisce al basso, Danny Cummings e Steve Jansen rullano su  percussioni e  batteria mentre  Isham soffia magistralmente dentro i suoi ottoni. Le liriche sono elegantemente decadenti e trattano di spiritualità e sentimenti sussurrati. Nove brani tanto ermetici quanto semplici ed essenziali. Lo si capisce immediatamente dal minuto di apertura September, sospirata sintesi di una poesia che sembra bagnarsi nelle gocce di una pioggerella autunnale. The boy with the gun è una ballad che narra di pistole dai calci di legno e spari versi il sole e precede  l'immersione nelle atmosfere celestiali e dilatate di Maria. La quarta traccia è una dedica ad  Orpheus e le sue oscure promesse, dedica trasportata dalle profonde tonalità Secret of the beehive 3sylvaniane e dalla tromba di Isham. I fiati in legno di Sakamoto dominano il refrain di The devil's own, una favola oscura e particolarmente suggestiva anticipando una delle celle più luminose di questo alveare, quell'aggraziata movenza dal sapore andaluso intitolata When poets dreamed of angels, disegnata sulle corde di Palmer e le fantasie espositive di Sylvian.  E' lamentosa l'anima  di Mother and child e si adagia su un tappeto di battiti jazz. Detto in precedenza di Let the happiness in, “Secrets of the beehive” volge al suo epilogo attraverso l'esaltazione orchestrale di Waterfront. Nel 2003, al momento della ristampa su compact per il mercato giapponese trovò posto nella track list un decimo ottimo brano Promise (The cult of Eurydice), che fu recuperato successivamente anche nelle edizioni destinate alla distribuzione europea, edizioni che prevedevano inizialmente la presenza di una versione acustica di Forbidden colors comparsa a suo tempo come B-side del singolo Red guitar.

 

Improvvisazione ed ambient: i progetti con Czukay e Mills  (1988-1990)

 

Improvvisazione ed ambientE' a cavallo tra il 1986 e il 1987 che nei Can Studio di Colonia David Sylvian e il padrone di casa, il bassista Holger Czukay, partoriscono “Plight & Premonition”, sorta di improvvisazione ambient divisa in due movimenti alla quale prende parte anche il percussionista Jaki Liebezeit e il conduttore radiofonico Karl Lippegaus. A distanza di un anno le due tracce, dopo essere state manipolate con sovraincisioni dallo stesso Czukay, vengono raccolte in un album pubblicato dalla Venture, etichetta satellite della Virgin Records. L'esperienza con il musicista di Danzica si rinnova nel dicembre '88 conImprovvisazione ed ambient 2 “Flux + Mutability”, altro progetto ambient in due atti distribuito ancora dalla Venture, al quale collaborano, oltre a Liebezeit,  Michael Karoli, chitarra e anima krautrock dei Can e il trombettista Markus Stockhausen, figlio del famoso compositore Karlheinz. Nel frattempo la Virgin pubblica il box set “Weatherbox”, composto dai primi quattro lavori solisti di David (“Gone to Earth” è suddiviso in due parti); la promozione è affidata al singolo Pop song – perla art rock valorizzata dalla presenza al piano di John Taylor – mentre la grafica del cofanetto viene curata dal fotografo Dave Coppenhall e dall'artista inglese Russelldavid_sylvian_holger_czukay_flux_mutability Mills . Proprio in collaborazione con quest'ultimo, Sylvian scrive “Ember Glance: The Permanence of Memory” , un commento sonoro, costituito da due composizioni strumentali dalle sfumature ambient, che fanno d'accompagnamento all'installazione alla mostra di scultura sperimentale nel Temporary Museum di Tokyo, svoltasi dal 29 Settembre al 12 Ottobre 1990. Il compact esce corredato di un book che racconta approfonditamente dell'impianto e dei due compositori britannici; le due tracce The Beekeeper's ApprenticeEpiphany troveranno spazio in seguito anche nella compilation Approaching silence pubblicata nel 1999 dalla Virgin.

 

Rain Tree Crow (Aprile 1991)

 

Dopo le esperienze sperimentali di fine anni ottanta ed  in virtù di un ritrovato feeling con Mick Karn, Sylvian sente il desiderio di dover riabbracciare il suo progetto musicale primordiale. Nel settembre 1989, a circa sette anni dal concerto di Nagoya, raduna in sala d'incisione il bassista cipriota, il fratello Steve e l'amico Barbieri - tutti reduci da importanti esperienze artistiche personali - per realizzare un nuovo progetto, di fatto una reunion rain-tree-crowtemporanea dei Japan sotto la propria guida artistica. Nasce così “Rain Tree Crow” disco ben eseguito, che risente inevitabilmente dell'influenza sylvaniana nella sua atmosfera sperimentale e nella sua carica di improvvisazione;  musicalmente il risultato che ne scaturisce è lontanissimo dalle produzioni di inizio decennio della band. Così al momento della pubblicazione viene deciso di non utilizzare il nome Japan – anche se  inizialmente gli accordi con la Virgin si dice fossero stati ben altri – intitolando disco e progetto nello stesso modo e negando di fatto la ripresa di un discorso musicale interrotto anni prima. Rain,Tree, Crow viene accolto positivamente dai fans di vecchia data anche se finisce per rimanere un episodio isolato, una sorta di inaspettato epilogo. Terminato di incidere nell'aprile 1990 per le sale di mezza Europa - Francia, Inghilterra e Italia – il disco viene distribuito esattamente un anno dopo, nella primavera del '91. La track list si compone di tredici tracce art-rock contaminate spesso da arrangiamenti sperimentali: le percussioni tribali di Jansen ed il fretless di Karn segnano l'introduttiva composizione strumentale Big Wheels in shanty town riaccendendo emozionanti echi abbandonati un decennio prima. Le calde tonalità vocali di Sylvian si muovono rassicuranti nel dondolante intercedere di Every colour you are  e nelle nebulose atmosfere della title track, anticipando il breve intermezzorain tree crow Red heart (as summertime ends) caratterizzato da ancestrali battiti di tamburo e dalla sei corde acustica del fido collaboratore Phil Palmer. Un ossessivo tappetto di mormorii di organo fanno da sottofondo al drumming secco e definito di Pocket full of change, pezzo tra i più riusciti del lavoro. Sylvian impugna la chitarra per supportare il suo spiccio recitato in Boat's for burning, mentre nella seguente New moon at red deer wallow c'è tutta la maestria nell'improvvisazione dei quattro amici, alle prese con tamburi in argilla africani, clarinetti e bassi elettrici. L'incalzante battere delle spazzole di Jansen prende per mano la voce di Sylvian nell'attraversare la dimensione piovigginosa ed imbambolata di Blackwater, singolo apri-pista di Rain Tree Crow supportato nella sua promozione da un'ottima videoclip. A reassuringly dull sunday  è un velocissimo interludio di percussioni  preludio a Blackcrow hits shoe shine city in cui si può apprezzare la presenza alle chitarre dei guest-stars Bill Nelson e Michael Brook. Scratching on the bible belt vive sulle improvvisazione del banjo di Sylvian e della marimba di Jansen, mentre Cries and whispers è trascinata dal synth incantato di Barbieri. I drink to forget  segna l'epilogo definitivo del disco e dell'esperienza della band londinese; Rain Tree Crow resterà l'ultima opportunità per sentire suonare i Japan di Sylvian e Karn.

 

Sylvian & Robert Fripp (1992-1994)

 

sylvian & fripp 3Archiviata l'esperienza Rain Tree Crow, sul finire del 1991 Sylvian è coinvolto in due importanti collaborazioni artistiche. In tandem con Sakamoto compone ed esegue due brani per l'album “Heartbeat”  (Heartbeart (Tainai Kaiki II) Returning to the Womb e Cloud#9) e in seguito prende parte, non accreditato, alla realizzazione di sei tracce – ridotte a quattro nella seconda ristampa del disco a causa di un contenzioso con la Virgin - del concept “Sahara Blue” del musicista francese Hector Zazou. E' di questo periodo il fondamentale incontro con la cantante di origini messicane, Ingriz Chavez; scoperta attraverso un provino su musicassetta ed invitata alle registrazioni del lavoro con l'amico Ryuichi la giovane artista diverrà di lì a poco sua moglie e dalla loro unione, che si protrarrà sino al 2004, nasceranno le figlie Ameera e Isobel. Tutto questo fa da preludio all'ennesima svolta artistica dell'artista di Beckenham; dopo un iniziale rifiuto alla proposta di Robert Fripp di diventare vocalist dei King Crimson, David cede alle successive lusinghe del prestigioso chitarrista finendo così per avventurarsi in sua compagnia, tra il marzo e il giugno del 1992 , in un memorabile tour che lo porta a calcare con successo i palcoscenici di Giappone ed Italia. Da questa singolare ed improvvisata esperienza musicale prende vita l'album “The first day”, sorta di resoconto di quelle apprezzate perfomance appena portate in scena e di nuove composizioni nate negli Dreamland sylvian & frippStudios  di Woodstock. The first day si rileva una miscela di composizioni sperimentali, un crossover di funk, alternative ed elettronica. E se Sylvian recita in modo accattivante le liriche da lui stesso elaborate sui misteri della sopravvivenza umana, Fripp si scatena nel costruire contorte evoluzioni con il suo strumento prediletto. Una irregolare e grinzosa partitura funk caratterizza il brano di apertura God's monkey anticipando l'inquieta ed ipnotica dimensione di Jean the birdman. In Firepower le timbriche claustrofobiche ed artefatte di Sylvian si divincolano sopra un tappeto di chitarre distorte ed incalzanti mentre sono i biechi riff inscenati dalle corde di Fripp e Trey Gunn – ottimo session man dirottato direttamente dal palco allo studio di registrazione -  a dominare le atmosfere di Brightness falls. 20Th century dreaming appare una soffocante rappresentazione dalle tinte psichedeliche mentre i diciassette minuti del pressante giro funk di Darshan scivolano via disturbati dalle deviazioni sonore del frippertronics. I vortici siderali della quanto mai meditativa Bringing down the light, chiudono in dissolvenza l'opera. Nell'ottobre 1993 Sylvian e Fripp rimettono in moto la macchina-tour per una seconda sessione di concerti che li porta a toccare, in due mesi, Giappone, Stati Uniti, sylvian & fripp 2Canada, Olanda, Italia, Francia e Gran Bretagna. Le registrazioni dei concerti nelle date conclusive al Royal Albert Hall di Londra vengono mixate da Fripp e distribuite in un box set a tiratura limitata intitolato Damage. Il rilevante documento live che presenta oltre ad alcuni brani di The first day gli inediti Damage, Blind light of heaven e The first day e la rivisitazione di estratti da Gone to Earth (Wave, Riverman e la title-track stessa) e da Rain tree crow (la stupenda Every colour you are) conoscerà una seconda ristampa nel 2001 ; il remix stavolta verrà effettuato da Sylvian ed il disco prevederà un diverso ordine di track list e la sostituzione della traccia  Darshan con Jean the birdman. Il connubio tra l'ex Japan e lo sciamano dei King Crimson si esaurisce nell'agosto 1994 con la realizzazione dell'installazione multimediale Redemption presso la P3 Gallery di Tokyo; nella circostanza Fripp scrive e recita i testi e Sylvian confeziona il commento sonoro, contenuto successivamente inserito nella compilation Approaching silence edita nell'ottobre 1999 dalla Virgin.

 

Dead bees on a cake (Aprile 1999)

 

Dead bees on a cakeDopo il Slow Fire Tour  del 1995 all'interno del quale rivisita con la sola chitarra e il pianoforte il suo repertorio solistico, Sylvian nel triennio che va dal 1996 al 1999 si rende artefice della collaborazione a Marco Polo progetto sperimentale del duo Alesini e Andreoni nonché del duetto con Andrea Chimenti nella malinconia Ti ho aspettato, inclusa nel secondo lavoro del cantautore emiliano. Dopo aver contribuito ai progetti di Russell Mills (Undark e Pearl and Umbra), di Ana Voog (Anavoog.com) e di Sakamoto (Discord), a dodici anni da Secret of the beehive ritorna a sentire la necessità di comporre qualcosa di personale, solo ed esclusivamente suo. Nasce così Dead bees on a cakecapolavoro di una raffinatezza ed eleganza unica; quattordici tracce che sembrano essere il continuo ideale di quei segreti dell'alveare di oltre un decennio prima. I chitarristi Marc Ribot e Bill Frisell, il fiatista Kenny Wheeler , il tastierista Tommy Barbarella nonché il fedele Sakamoto e il fratello Steve sono una parte dei musicisti che partecipano alle registrazioni del nuovo lavoro, incisioni effettuate  tra le sale  di New York e Minneapolis, quest'ultima città nella quale si è trasferito stabilmente dopo il matrimonio. I nove minuti della dilatata apertura di I surrender appaiono immediatamente come un esaltante concentrato di classe, in cui chitarra (Ribot), flicorno (Wheeler) e flauto (Feldman) seguono passo per passo l'avvolgente Dead bees on a cake 2interpretazione di Sylvian incastonata in un loop armonico dalle venature funk-jazz. Bill Frisell impugna la resofonica nel veloce intermezzo Dobro #1 anticipando le dondolanti note blues di Midnight sun. Thaleim riporta con l'incedere sospeso del fender rhodes e del cembalo alle dimensioni frippiane di Gone to Earth mentre Godman è un loop incalzante di percussioni dalle tinte etno. La pacata Alphabet angel splende della luce dei tasti del maestro Sakamoto, così come Khrisna Blue acquisisce la sua natura mistica grazie ai soffi del bansuri indiano ed il lieve sbattere sul legno del tabla. L'inclinazione drammatica dell'arrangiamento orchestrale esalta la memorabile e quanto mai sofferta interpretazione di Sylvian in The shining of things e nella raffinata aura di Cafè Europa trovano spazio i sussurri  della compagnia Ingrid. In questo susseguirsi di cambi di ritmo Pollen Path mostra da prima tutta la sua anima rock per poi dissolversi in atmosfere orientaleggianti. Influenza jazz-fusion e sperimentazione emergono nella traccia strumentale  All of my mother's name anteposta ai battiti scanditi dalle percussioni di Ged Lynch ed il basso di John Giblin nell'attonito viaggio musicale di Wanderlust In Praise Sylvian si siede alle tastiere ed accompagna la preghiera del guru indù Shree Maa. L'inteso epilogo, composto a quattro mani con il musicista armeno Dijvan Gasparyan, è un sognante intreccio tra l'avvolgente timbrica di David e i suoi ispirati vortici campionati. Ispirati e coinvolgenti come l'intero disco.

 

Blemish (Maggio 2003)

 

BlemishSe il millennio si chiude con l'ennesima collaborazione con Mills per Pearl and umbra e la distribuzione, da parte della Virgin, di Approaching silence- antologia di materiale utilizzato per le installazioni multimediali - ed Everyhting and nothing- doppia raccolta di inediti, nuove registrazioni e classici - gli anni duemila per Sylvian ripartono con la realizzazione di una nuova versione vocale di Forbidden colours per l'album Cinemage di Sakamoto e il successivo coinvolgimento nell'iniziativa del maestro giapponese No More Landmines – campagna umanitaria contro l'utilizzo delle mine anti uomo - per la quale scrive ed esegue Zero Landmine. Il 2001 è l'anno della collaborazione ai progetti elettro Sugarfuel  dei francesi Readymade e Linoleum di Chris Vrenna, ex Nine Inch Nails; e mentre la Virgin pubblicaCamphor un'appendice di composizioni strumentali alla doppia raccolta precedente, l'ex Japan chiude definitamente i rapporti con l'etichetta inglese annullando il contratto storico. Il suo nuovo album solista Blemish nel maggio 2003 diventa così la prima pubblicazione dalla Samadhisound, label Blemish 2da lui stesso creata. Blemish è un disco dall'impatto complesso, una ulteriore svolta artistica di Sylvian che spiazza anche quei fans di vecchia data, comunque abituati alle sue metamorfosi; Dead bees on a cake di soli quattro anni prima è concettualmente lontanissimo. Abbandonata qualsiasi tipo di melodia e di arrangiamento il nuovo progetto è animato da suoni elettronici, rumori di sottofondo, riverberi ossessivi all'interno dei quali si muove una recitazione tormentata, a tratti anonima, lontana spesso dalla dimensione canto. Un disco estremamente essenziale, intimista e spoglio, difficile da metabolizzare con un distratto primo ascolto in cui l'apporto glitch fornito dalla presenza dello sperimentatore viennese Christian Fennesz diventa inamovibile fonte di ispirazione per il presente ed il futuro sylvaniano. La track list si districa all'interno di gelide sensazioni che richiamano ai disegni di copertina di Atsushi Fusui raffiguranti un solitario David immerso in un bosco innevato alla guida di un improbabile carrello del supermarket. I tredici minuti dell'allucinata title track gettano, con le cover_14401812112009sue vibrazioni siderali e robotiche, l'ascoltatore nella dimensione alienata di Blemish, un quanto mai eloquente biglietto da visita su quello che è il tema di questo inedito viaggio musicale. Le improvvisazioni free jazz dei fraseggi della sei corde di Derek Bailey accompagnano le eteree declamazioni in The god son, How little we need to be happy e la breve She is not: Armoniche dilatate in fuga verso il nulla caratterizzano The only daughter e The heart knows better. Un solitario battito di mani corre sopra i cigolii metallici di Late night shopping ed è solamente nella conclusiva A fire in the forest che la voce riacquista quella magica melodia ipnotizzatrice tanto cara e identificativa. Nel febbraio 2005 Blemish indossa  una seconda pelle attraverso la pubblicazione di The good son vs. the only daughter album che raccoglie le versioni remixate dei brani effettuate da vari artisti quali spiccano i nomi di Burnt Friedman (futuro Nine Horses) e dei Readymade FC.

 

Nine Horses (2005-2007)

 

Nine horsesIl 2004 per Sylvian si rivela un anno caratterizzato da  numerose ed interessanti collaborazioni discografiche. Infatti se per l'amico Sakamoto compone le liriche dell'EP “World citizene per Tweaker compone e canta Pure Genius, supporta l'esperienza glitch Venice di Christian Fennesz cantando nel brano Transit. Messenger è il 7”con i Blonde Redhead mentre per Masakatsu Tagagi esegue Exit/Delete; con Matière pensante partecipa insieme a Peter Buck all'elettro-composizione Quadri+Chromiesdel duo Zazou-Caillaud e si rende artefice  di For the love of life, sigla della serie manga giapponese Monster. La creatività di David non quindi conosce sosta. Al termine di questa serie di partecipazioni la sua attenzione torna a  focalizzarsi sull'ennesimo progetto inedito: con al fianco il fratello Steve e l'elettro-sperimentatore bavarese Burnt Friedman e grazie all'ausilio di un drappello di validi collaboratori (su tutti campeggiano i nomi dell'immancabile maestro Ryuichi e del trombettista scandinavo Arve Henriksen) inizia a tratteggiare quella che sarè la fisionomia del suo nuovo disegno musicale, che presto battezza con il nome Nine Horses. Il risultato che ne scaturisce è Snow borne sorrow, nove composizioni inequivocabilmente influenzate dal variegato bagaglio artistico dell'artista inglese che svariano dal free-jazz all'elettro, dall'alternative alla sperimentazione. Così mentre l'introduttiva Wonderful worldNine horses 2 si ricopre di spazzolate jazz per supportare l'incedere tormentato del cantato - intervallato anche dalla sussurrata vocalità di Stina Nordenstam - la successiva Darkest birds affida alla tromba di Henriksen il compito di colorare un arrangiamento finemente essenziale costruito intorno ad elettro sonorità che rasentano in alcuni passaggi la distorsione. Vibrazioni eleganti di sax e clarinetto esaltano la suggestiva The banality of Evil mentre Atom and cell  gira intorno ad un incantato loop campionato assumendo le tinte di una delicata cantilena. Il calore generato dai fiati dei maestri Hayden Chisholm e Theo Travis infiamma i toni rilassati della sognante A history of holes ; sono invece gli assoli di Henriksen e i tocchi raffinati di Sakamoto ad emergere dagli scricchiolii elettrici e caotici della title track Snow borne sorrow. E se la ballata acustica The day the earth stole heaven  sembra possedere la magia di alcune composizioni art rock degli anni ottanta, in Serotonin  un arrangiamento sintetico, frutto di matematica programmazione, non concede spazio ad alcun spiraglio melodioso. La sospesa e tentennate aura di The librarian sigilla delicatamente il lavoro attraverso le cover_22262230122007armoniche dilatate generate dai vibrafoni e della suadente voce di Sylvian. Terminato l'ascolto ci rendiamo conto che Snow borne sorrow sebbene firmato a nome Nine Horses accumula in se stesso troppi elementi che riconducano alle poliedriche velleità artistiche di Mr. Batt e che l'apporto di Jansen e Friedmann può ritenersi esclusivamente una validissima prova collaborativa L'ingegnere tedesco avrà comunque modo di rendersi determinante nella realizzazione del secondo e conclusivo progetto a nome Nine Horse; Money for all pubblicato ad inizio 2007 , contiene oltre a tre inediti (l'interessante title track in doppia versione ed una traccia composta ed eseguita dalla svedese Nordenstam) quattro brani del lavoro d'esordio abilmente remixati dalle alchimie elettroniche di Friedmann.

 

Manafon (Settembre 2009)

 

Manafon 4Lasciatosi alle spalle il progetto Nine Horses e la collaborazione con i Punkt per l'album Crimes scenes- all'interno del quale scrive e recita Angels - Sylvian compone la suite strumentale When loud weather buffeted Naoshima - lavoro commissionato dalla Naoshima Fukutake Art Museum Foundation per la mostra 'Naoshima standard 2 exhibition' tenutasi presso l'isola di Naoshima dal' Ottobre 2006 all' Aprile 2007 – avvalendosi al momento della registrazione dell'apporto di Clive Bell, Christian Fennesz, Akira Rabelais e Arve Henriksen. Nel 2007 il fratello Steve pubblica “Slope”, album di debutto da solista, e David ne impreziosisce la track-list componendo e cantando due brani Playground martyrs e Ballad of deadman, quest'ultimo in coppia con Joan Wasser - alias Joan as a police woman - per la quale in seguito si rende Manafon 2protagonista di un cameo da corista nel brano Honor wishes. Sul finire del 2008, dopo l'ennesima apparizione in un progetto targato Henriksen (“Cartography”) Sylvian inizia a riordinare le trame di un'opera a cui sta lavorando dal 2004 e per la quale ha già pronto parti di registrazione effettuate nel corso degli anni tra Londra, Tokyo e Vienna; sono tracce spesso improvvisate, talvolta scarne,  a cui di volta in volta  hanno preso parte amici musicisti e con le quali adesso sente di dover interagire con l'aggiunta di sovraincisioni e di overdubbing. E se Blemish ridondava di rumori e  fruscii nella sua struttura fredda ed elettronica in “Manafon” è la sola voce a dettare i confini di una dilatata e allucinata sperimentalità. La calda timbrica delle corde di David si adagia su tappeti lacerati da furtivi battiti in una recitazione spesso monocorde all'interno della quale fanno capolino, senza troppa convinzione, archi lontani o evanescenti rintocchi di piano, rispettose presenze relegate ai margini di una performance che le vede solo nelle vesti di comparse. Difficile diversificare le nove tracce con singoli giudizi; Manafon rappresenta un viaggio tra le lande desolate di un anima che Manafonpuò apparire, a seconda del trasporto che l'ascoltatore adatta, tormentata o tranquilla, tenebrosa o radiosa. Il contatto con le profondità sonore di questo disco certamente non può trasmettere indifferenza, a prescindere dalla qualità oggettiva del risultato compositivo, anche se l'allontanarsi definitivo dalla melodia e dalla forma canzone ed il relativo confronto che ne comporta può indurre a soluzioni non entusiastiche da parte di estimatori di vecchia data. Nella versione deluxe è presente il documentario Amplified gesture  che esplora i viaggi e le filosofie di un selezionato gruppo di musicisti sperimentali, tra cui Keith Rowe, Evan Parker, Eddie Prevost, Otomo Yoshihide, Toshimaru Nakamura e Christian Fennesz. (nel 2012 il dvd è stato ristampato ed integrato con un nuovo capitolo intitolato The collective).

 

Died in the wool – Manafon variations (Maggio 2011)

 

Il percorso musicale di Sylvian è stato fin dagli inizi costellato da incontri fatali, contatti umani ed artistici che hanno, di volta in volta,  determinato preziose chiavi di svolta. Karn, Sakamoto, Hassell, Fripp sono solo alcuni degli esempi più rappresentativi del passato; adesso il maestro Dai Fujikura e la sua colta musica contemporanea identificano il Died in the woolpresente. Accade quindi che,  dopo la distribuzione nel settembre 2010 di “Sleepwalkers” - ottima raccolta di alcune delle recenti collaborazioni -  David ammaliato dalle sinfonie dell'emergente compositore di Osaka decida di riprendere tra le mani le scorbutiche melodie del suo precedente lavoro Manafon, con il preciso intento di rivestirle di una nuova luce, regalando loro quell'armonia negata dall'estrema improvvisazione e sperimentalità della versione iniziale. Così tra le trame campionate di Henriksen e le orchestrazioni pilotate da Fennesz e Bang prende vita “Died in the wool” doppio album che la Samadhisound distribuisce nella primavera del 2011. E se nella prima facciata sono presenti sei variazioni e una outtake da Manafon, due omaggi alla poesia della statunitense Emily Dickinson e altrettante composizioni inedite partorite con Fujikira, la b-side risulta completamente attraversata dalla strumentale When we return you won't recognise us utilizzata due anni prima per un installazione multimediale alle isole Canarie. Sono dei vibrati di violino ad accompagnare, impreziosendole, le liriche della prima rivisitazione di Small metal gods, brano di apertura che precede la rarefatta Died in the wool 2dimensione della title track, inedita composizione, avvolta in spirali di sibili elettrici e desolati rintocchi strumentali. Una recitazione garbata immersa in un sottofondo orchestrale introduce I should not dare, primo dei due gioielli presi in prestito dalla collezione Dickinson mentre sono le profonde tonalità vocali di Sylvian a monopolizzare le attenzioni nella seconda variazione di Manafon, Random acts of senseless violence. Un doveroso tributo all'amico Mick Karn,  scomparso prematuramente ad inizio 2011, si eleva dalla struggente emotività del poema "A certain slant of light", altro capolavoro della poetessa di Amherst. L'outtake Anomaly at Taw Head - presente in due versioni - possiede un arrangiamento dall'ossatura  scarna, strutturalmente in linea con il filo conduttore del lavoro del quale, prima di essere scartata, avrebbe dovuto fare parte  a differenza di Snow white in Appalachia, dove l'agitarsi frenetico di violoncelli e viole regalano alla melodia un gusto vagamente gitano. In Emily Dickinson è ancora l'arcana interpretazione canora ad innalzarsi tra samples ed evanescenti silenzi; le rivisitazioni di  The greatest living englishman e Manafon abbracciano sinfonie struggenti, spesso calate in abissi di pulsazioni affannate. Nella rinnovata, e ritrovata, vena romantica dell'epilogo The last days of December  si consumano le residue emozioni di Died in the wool, disco tecnicamente ineccepibile che amalgama avanguardia e sperimentazione con poesia e partiture sinfoniche curando in modo maniacale tutti i particolari incastri sonori.

 

Mathieu, Fennesz e la dimensione elettro-ambient (2012-2014)

 

david_sylvian_a_victim_of_stars_19822012Nei primi mesi del 2012 la Virgin distribuisce la raccolta antologica “A victim of stars 1982-2012” sunto della trentennale attività di Sylvian, attingendo per il materiale relativo al passato più recente al catalogo della Samadhisound. Dopo la collaborazione con il duo psichedelico londinese Land per il brano Nothing is happening everywhere, e la distribuzione da parte della sua label del lavoro “Uncommon deities”, rilettura da parte di  Jan Bang, Erik Honoré, Sidsel Endresen e Arve Henriksendi di alcune Mathieu, Fennesz 3liriche da lui composte per il Punkt Festival, David prosegue nella  metamorfosi sperimentale che adesso sembra riconoscere nella dimensione elettro-ambient il fulcro d'interesse maggiore. Una figura di assoluto rilievo per questo nuovo  percorso artistico, diretto verso l'elettroacustica e la manipolazione digitale del suono, si rileva il compositore tedesco Stephan Mathieu; sul finire del 2012 il duo, senza peraltro mai incontrarsi, confeziona a distanza “Wandermude” progetto nel quale i live processing dell'ingegnere teutonico 6778012-500x500dapprima destrutturano e poi rimontano sette tracce demo appartenenti all'album Blemish, controverso episodio sperimentale del 2003 e a posteriori identificabile come punto di allontanamento definitivo dalle epoche degli alberi brillanti e degli alveari segreti. In Wandermude trova spazio un cameo di Christian Fennesz, altra figura chiave della mutazione stilistica sylvianiana, che si inserisce con un suo assolo di chitarra nell'epilogo Deceleration. Dopo l'immissione sul mercato di "Do you know me now ?",10” in tiratura limitata, Sylvian, in compagnia del sodalizio Mathieu-Fennesz, si avventura nell'itinerante tour denominato The Kilowatt Hour, una perfomance live dalla quale affiorano le ultime velleità comunicative, quelle vibrazioni elettro-ambient capaci di generare sensazioni sospese tra analogico e digitale, artefatto e naturale. 

 

uncommon_deitiesAll'interno di questa dimensione Sylvian si spinge oltre, inserendo sopra le rarefatte evoluzioni rumoristico-strumentali, la declamazione da parte del letterato Franz Wright di alcuni frammenti del poema Kindertotenwald. La stima e l'ammirazione di Sylvian per il poeta statunitense - vincitore del Premio Pulitzer nel 2004 - assumano un valore determinante nel decretarne il coinvolgimento nella realizzazione di  "There's a light that enters houses with no other house in sight", pubblicato nel novembre 2014, nel quale a Wright viene affibbiata la fondamentale recita di versi estrapolati da alcune sue opere, di fatto il leitmotiv della lunga suite di sessantaquattro minuti. There's a light that enters houses with no other house in sight rappresenta l'ultimo affascinante tassello cover_sylvian_lightdella continua evoluzione artistica di David Sylvian, evoluzione che affonda le sue radici nella baraonda musicale di fine anni settanta ed attraversa i decenni successivi cambiando, di volta in volta, tratti ed identità, sempre e comunque libera da qualsiasi compromesso e strategia di mercato, affidata solo ed esclusivamente alla genialità dell'artista e alla sua incessante necessità di varcare nuovi universi emozionali e compositivi. Una esasperata ricerca di nuove espressioni che non prevede interruzioni e che non mancherà di donarci future ed inaspettate sorprese. State pur certi che questa  metamorfosi non si è ancora ultimata. Grazie Mr. Batt.  

 

Alessandro Freschi

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