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15 Dicembre 2012 , ,

Steven Wilson CATALOGUE/PRESERVE/AMASS

2012 - Headphone Dust

Steven Wilson “Catalogue/Preserve/Amass” (Headphone Dust, 2012)# Consigliato da DISTORSIONI

 

I Porcupine Tree nascevano, in origine, quasi come uno pseudonimo del polistrumentista e cantante Steven Wilson, che nei primi dischi firmati a questo nome era quasi una sorta di one-man band con ospiti. Nel momento in cui questo progetto è diventato sempre meno espressione di singolo e sempre più coeso, con la line-up stabilizzatasi attorno al fedelissimo Colin Edwin al basso, all’ex-Japan Richard Barbieri alle tastiere, al batterista Gavin Harrison (sostituto del dimissionario Chris Maitland ormai da più di una decina d’anni) e con l’arrivo dell’ultimo acquisto John Wesley alla seconda chitarra e seconda voce (quasi un alter-ego di Wilson), il leader ha iniziato a percepire ogni tanto il bisogno di staccarsi dal nome Porcupine Tree per dar vita a progetti paralleli o ad opere firmate a suo nome.

 

In quest’ultimo elenco rientra questo “Catalogue/Preserve/Amass”, album registrato dal vivo in europa nel 2011, in edizione limitatissima (solo 3.000 copie per il CD e 2.000 per il vinile che, rispetto all’edizione su dischetto laser, contiene soltanto 4 delle 7 tracce previste) registrato durante il tour di “Grace for drowning”. L’apertura affidata a No twilight within the course of the sun e la penultima Veneno para las adas provengono dal precedente disco a nome Steven Wilson, “Insurgentes”, mentre tutte le altre tracce provengono da “Grace for drowning”, compresa la lunghissima Raider II, che nell’edizione in vinile occupa tutta la seconda facciata, con i suoi oltre 24 minuti. Questo live è molto diverso dallo stile a cui ci hanno abituato i Porcupine Tree, soprattutto gli ultimi, con i loro ammiccamenti verso un certo nu-metal un po’ “trendy” e, ci sia consentito l’ingrato paragone, forse anche superiore.

 

wilsonIn tutto il disco si respira un’atmosfera jazz-rock, soprattutto nel già citato brano di apertura No twilight…che vede un uso del cantato nervoso e spezzato che evoca i King Crimson del II e III corso della loro carriera, con scansioni metriche tra Wetton e Belew, mentre i riff spigolosi e destrutturati vengono direttamente dal Canterbury Sound. Di certo a contribuire a questi sapori influiscono due nomi illustri come il fiatista Theo Travis, che ricordiamo in diverse prog-band, una su tutti i Tangent, ma che ha prestato il proprio flauto e il proprio sax alle ultime filiazioni di gruppi storici come Soft Machine, Gong e King Crimson, e il tastierista Adam Holzman, molto più orientato verso l’uso del piano (acustico ed elettrico) rispetto a un elettronico-puro come Barbieri. Completano la line-up del bel live Marco Minneman (batteria), Nick Beggs (basso e stick) e Aziz Ibrahim (chitarra).

 

In Index, di certo il brano più hard del disco e anche il più vicino alla band di provenienza di Wilson, per via dei riff massicci e dei loop elettronici, la linea vocale cupa e inquietante non può non evocare il Roger Waters di “The Wall”; i fans genesisiani più sfegatati (come l’autore di questo articolo), invece, non potranno non sciogliersi in commozione di fronte a Deform to form a star, con le sue ondate di Mellotron, piano e flauto; eppure, potrà sembrare strano l’accostamento, ma l’uso di accordi jazzati del piano, proprio in questo brano, riesce persino a evocare lontani echi di Joe Jackson qua e là! In Secratarian, uno dei brani più tipicamente prog presenti in questo live-album, il sax risponde ai cori del Mellotron ricreando momenti pesantemente king-crimsoniani. La conclusiva Raider II, con i suoi 24 minuti, è eccellente compendio di tutto quanto detto, ospitando in sé momenti di prog, di hard virtuosistico assai vicino ai Dream Theather, di jazz-rock e ricami di fiati in salse esotiche che evocano Gong, Hawkwind e gli Ozric Tentacles dei primi album.

Alberto Sgarlato

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