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21 Novembre 2021

Emma Ruth Rundle Engine Of Hell

2021 - Sargent House
[Uscita: 05/11/2021]

Engine Of Hell” non è il genere di album che capita di concepire. Altre sono le cose che succedono in modo irrazionale. Le canzoni di “Engine Of Hell” hanno una potenza tale da non poter essere state create solo per assecondare le ragioni di una semplice contingenza. Il buio che pervade la nuova musica di Emma Ruth Rundle è del tutto cercato, voluto in ogni singola fibra, come di chi chiude gli occhi per astrarsi dal mondo e slegarsi da ogni vincolo di ascendenza. Per Emma Ruth Rundle “Engine Of Hellnon è un disco di passaggio rispetto alla sua discografia, è il disco della vita, quello in cui ha riversato drammaticamente tutta se stessa. Così come nasciamo sporchi di sangue, allo stesso modo veniamo al mondo sovrastati da una gravità di cui ci liberiamo giorno dopo giorno, vivendo e attraversando il fuoco (In Blooms Of Oblivion la Nostra canta «Dritti al cappio del boia, siamo nati così?»). Emma ha voluto fortemente porre una cesura tra un prima ed un dopo, squarciare il sudario che avvolge le illusioni per fare esperienza della propria umanità, proprio perché la bellezza è «il respiro tra le cose che nessuno dice». Così l’artista di Los Angeles ricompone frammenti della propria vita, ricordi traslucidi del passato, principalmente con l’utilizzo del registro austero del pianoforte, strumento che non suonava da quando aveva vent’anni, e che nelle sue mani diventa veicolo di catarsi. Emma ha esposto le proprie ferite rappresentandosi in tutta la propria vulnerabilità, in una serie di fotogrammi in cui si rivede bambina, immersa in una placenta di neutralità che scherma dal mondo, così come di giorni che delineano un spazio temporale che nessuno sembra poter mai rovinare. “Engine Of Hell” arriva dopo “Marked For Death”, “Dark Horses” e l’esperienza con gli sludgers Thou celebrato nell’ottimo “May Our Chambers Be Full”, a riprova di come l’estremismo sonoro e la heavyness siano parte integrante del linguaggio sviluppato dalla Rundle, allo stesso modo di Chelsea Wolfe e LINGUA IGNOTA (non a caso anche loro nel roster della label Sargent House). Tuttavia, in “Engine Of Hell” di estremo c’è solo una profondità inesplicabile nel peso di ciascuna parola, nel sustain di ciascuna nota, nelle sospensioni avvolgenti che conducono ad una dimensione di spettralità nel senso di nostalgia onirica ed inconscia. L’apertura di Return lascia esterrefatti per il gorgo di fatalità assoluta in cui ci si immerge e per il modo in cui la splendida voce della Rundle si intreccia con i tre accordi che si rincorrono con ciclica ineluttabilità. Il desolato folk di Blooms Of Oblivion, solo per voce e chitarra e screziature di archi lontani, è luce rigeneratrice: «Creatore, ti sono vicino / Per affrontare la tua partenza / ... / Sono tutti scappati da te adesso / E io starò su di te / Per respirare il tuo vapore». In Body si fanno i conti con la morte di un membro della famiglia, la cui inquietudine è tutta contenuta nella toccante reiterazione di «I can't feel your arms around me anymore»; in Dancing Man la voce ricorda l’intensità di Beth Gibbons mentre descrive il giorno in cui ha ballato insieme ad un amico, rifugio per quando si ha bisogno di sapere che possono esistere momenti perfetti. In chiusura, il mood di In My Afterlife si nutre della stessa drammaticità di “White Chalk” di PJ Harvey, costituendo la sintesi ed il nucleo concettuale dell’intero lavoro radicato in un senso di rinascita dopo il protrarsi di uno stato di dissociazione dalla vita. “Engine Of Hell” è una delle cose poeticamente più feroci e toccanti siano uscite quest’anno, disco che diventa narrazione di un approdo, di una salvezza dalle lusinghe dell'abisso.

Voto: 8/10
Giuseppe Rapisarda

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