Migliora leggibilitàStampa
12 Giugno 2022 ,

Stefano Meli Apache

2022 - Viceversa Records
[Uscita: 06/05/2022]

La musica fuoriesce dal silenzio come la trasformazione di una crisalide che si libera dal proprio bozzolo per muoversi lontano da ciò che l’ha imprigionata e nello stesso tempo nutrita. Durante il lockdown pandemico Stefano Meli pubblicava “Stray Dogs”, album che si muoveva oltre un orizzonte ideale per andare a posizionarsi verso una dimensione di trascendente libertà, di radicale scollamento da un mondo estraneo a tutto ciò che ci appartiene. In tutto questo il blues è sempre la chiave per misurare la distanza tra il proprio passato e la conquista di un futuro che, forse, non esisterà mai. Il suono di Meli è essenziale, ridotto ad un nucleo vibrante di corde che rilasciano frequenze di profondo magnetismo ancestrale, in “Stray Dogs” così come nel nuovo “Apache” in cui si intersecano visioni distopiche e realismo magico. In questa lettura inclinata della realtà Meli sembra ricercare la genesi delle emozioni per ricomporre il senso di un umanesimo che si radica nella terra e nell’alterità, così come gli Apache, scacciati e condannati a vagabondare per mendicare una dimora in cui trovare riposo. La sensibilità di Meli trova in questi nuovi nove brani uno spettro di maggiore concettualità, nel solco di un invito ad entrare in una dimensione costruita dalle geometrie di accordature aperte. La musica di “Apache” è un flusso spontaneo in cui Meli è solo una sorta di medium che spalanca le porte di una conoscenza profetica ed oscura, come l’inquietudine di quelle anime che fluttuano ancora sulle nebbie del Delta del Mississipi a cui nessuno è in grado di dare requie. Il setup è costituito da una Feder Telecaster, un piccolo amplificatore valvolare, un riverbero, un tremolo ed un delay: perché la musica non è nella strumentazione che si usa ma nelle mani di chi suona. In questo senso, Meli sfrutta sapientemente la saturazione naturale dell’analogico per dare dinamica ai singoli passaggi e per alzare il livello di crudeltà dei versi di una giaculatoria pagana imparata a memoria nelle voci di sogni disturbati. Le coordinate sonore si perdono in un paese straniero in cui trovare baluginii di un folk di estrazione southern iniettato di sferragliante blues che aiuta ad orientarsi nel buio di una notte desertica e ad intravvedere un fuoco acceso attorno a cui ascoltare storie di dannazione. Ogni brano vive di ipnotici moti circolari, di fragili reiterazioni da cui scaturiscono suggestioni immaginifiche di lande desolate ma piene di vita nascosta pronta ad esplodere al minimo segnale. L'opener Apache, come la successiva Lakota sono balsamo contro le allucinazioni prodotte dal veleno di serpenti letali, mentre Nameless è di una dolcezza disarmante. Tutta la parte centrale dell'album sembra essere legata da un unico filo conduttore che si snoda negli anfratti di un ideale entroterra spietato. In chiusura il banjo di A Casa E Ritorno accompagna un sermone senza parole in cui si benedice l'assemblea con l'acqua torbida delle pozzanghere di periferia. Ogni ritorno a casa porta sempre la malinconia di ritrovare se stessi e, a volte, non riconoscersi più. D'altronde ogni giorno si indossa una maschera diversa. Chi, come Stefano Meli, è nato nell'isola di Pirandello, questo lo sa bene.

Voto: 7.5/10
Giuseppe Rapisarda

Audio

Video

Inizio pagina