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30 Novembre 2012

Bob Dylan No Direction Home, a Martin Scorsese picture

2005 - Universal Picture

Bobdylannodirectionhome“No Direction Home” di Martin Scorsese, film–documentario che ripercorre i primi anni della vita e della carriera di Bob Dylan, è stato senza dubbio uno degli eventi musicali del 2005. Il regista di “Taxi Driver”  e “Gangs of New York”, come forse gli appassionati di rock & blues sapranno, non era in realtà nuovo ad esperimenti di questo genere, avendo già diretto nel lontano '78 il celebre “The Last Waltz”  (concerto–evento che segnò il definitivo addio alle scene di The Band, il gruppo che dal '66 al '74 accompagnò Dylan in giro per il mondo nelle sue scorribande dal vivo) e nel 2003 “The Blues (from Mali to Mississippi)”, altro interessante e non meno riuscito documentario con il quale lo stesso Scorsese ha voluto rendere il suo personale tributo all'antica musica degli schiavi neri, il blues appunto. Il risultato di quest'ennesima fatica 'cinematografica' del regista italoamericano è tuttavia, se possibile, ancor più straordinario rispetto agli altri due pur illustri predecessori.

 

Da vero appassionato qual'è, Scorsese ci prende per mano e ci guida, in un affascinante viaggio di oltre tre ore, alla scoperta dei tanti momenti 'topici' della vita e della carriera di uno dei più straordinari interpreti dei nostri tempi, quel Robert Allen Zimmerman da tutti universalmente conosciuto, sin dai primi anni '60, come Bob Dylan. Un documentario che non è, si badi bene, solo un semplice e sentito omaggio a colui che qualcuno ha definito il 'più grande scrittore rock' vivente, ma, di più, la rappresentazione di un'epoca, un viaggio a ritroso nel tempo alla riscoperta delle più profonde radici della musica moderna, americana e non. E' un viaggio, quello di Scorsese, che parte da molto lontano e che, dalle miniere di Hibbing (la piccola città del Minnesota dove il giovane Dylan trascorse l'infanzia e buona parte della sua adolescenza), snodandosi attraverso le più importanti e cruciali tappe della carriera del cantautore americano, arriva e si conclude con il famosodylan incidente motociclistico del luglio del '66, episodio quest'ultimo quanto mai 'provvidenziale' che, costringendo lo stesso Dylan ad un forzato ritiro dalle scene di quasi due anni, varrà paradossalmente a salvargli la vita.

 

Sullo sfondo di tutto ciò i tanti personaggi e compagni di viaggio (dalla 'storica' fidanzata Suzie Rotolo al poeta della beat generation Allen Ginsberg, dall'amata–odiata Joan Baez al 'padre putativo' Woody Guthrie, dal mitico produttore della Columbia John Hammond all'outlaw per antonomasia della musica country, il compianto Johnny Cash) che hanno segnato la prima parte di una carriera ormai ultraquarantennale, ma soprattutto lui, Bob Dylan, che, vinta per una volta la proverbiale idiosincrasia verso i microfoni, decide di mettersi in gioco in prima persona come mai aveva fatto prima di allora, rispondendo, tra una sequenza e l'altra del documentario, a tutte le domande del regista–intervistatore. 

 

E' un Dylan inedito, ironico, insolitamente disponibile, più umano, per certi versi atipico (se mai parola del genere può essere impiegata a proposito di Bob Dylan) e a tratti, direi, quasi irresistibile quello che fa capolino qua e là dal documentario di Scorsese. Sarà forse l'approssimarsi alla fatidica soglia dei sessantacinque (li avrebbe compiuti il 24 maggio 2006) con il suo inevitabile fardello di preoccupazioni ma anche, al tempo stesso, di saggezza e ritrovata serenità, sarà forse la serietà del progetto e la 'non invadenza' del regista, sarà quel che sarà, ma un Dylan così rilassato e sorridente non lo si era proprio mai visto. 

 

American Masters: Bob DylanTra i momenti più spassosi del film–documentario ci piace ricordare, oltre alle testimonianze di due straordinari protagonisti del Village come Dave Van Ronk (molto divertente quella sul furto, da parte del giovane Dylan, della sua versione di House Of The Rising Sun) e Liam Clancy dei Clancy Brothers, quello a dir poco esilarante con cui si apre il secondo dei due dischi, che vede Bob impegnato, tra una pausa e l'altra del suo tour britannico, in un autentico 'pezzo di teatro' davanti ad un cartello che recita testualmente: 'compravendita di animali & uccelli su commissione'

 

Tra i momenti topici, non si possono invece non menzionare il primo 'tradimento elettrico' della storia del folk (consumatosi, davanti ad un esterefatto Pete Seeger, in quel di Newport nell'estate del '65) e (soprattutto) il più feroce scambio di battute tra il pubblico (“Judas!”) ed un artista(“I don't believe you/you're a liar”) che la storia del rock ricordi.  Grazie al paziente lavoro di Scorsese e di Steve Berkowitz (il responsabile del dipartimento Legacy della Columbia Records, che ha condotto per l'occasione la più approfondita indagine negli 'archivi dylaniani'mai effettuata), è finalmente possibile ammirare in qualità digitale, a distanza di quasi quarant'anni da quella notte di Manchester che cambiò per sempre il corso del rock, la celebre sequenza che vide protagonisti, da un lato un giovane Dylan all'apice della sua stagione 'anfetaminica', dall'altro buona parte del suo pubblico di aficionados, e che, nel bootleg di quello straordinario concerto poi legalizzato trentadue anni dopo dalla Columbia, precedeva immediatamente l'esecuzione più tirata e incazzata di Like a rolling stone (una delle canzoni–manifesto insieme a Blowin' in the wind e Subterranean homesick blues della poetica dylaniana) che a memoria d'uomo si ricordi. 

 

dylanInutile dire, in conclusione, che la fotografia (che vede alternarsi, nelle varie sequenze del film–documentario, ora il bianco e nero ora il technicolor) è (ma poteva essere diversamente con un maestro come Scorsese dietro la cinepresa?) semplicemente straordinaria. Lavori così curati (sono addirittura ben 24 i sottotitoli disponibili!) se ne sono visti, a mio avviso, davvero pochi. Ecco perché (nella speranza che Dylan, la Columbia e Scorsese decidano di dare prima o poi un seguito a questa riuscitissima prima parte) questo “No Direction Home” di Martin Scorsese, che siate o meno degli appassionati di Bob Dylan, è un documentario assolutamente imperdibile. 

Stefano Cicu

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