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15 Agosto 2012

Justin Broadrick - JK Flesh Posthuman

2012 - 3by3

post-human

Questo articolo su JK Flesh, ultima incarnazione artistica-moniker di Justin Broadrick,  e sul suo lavoro "Posthuman" uscito nel 2012 qualche mese fa, è l’ultimo tassello con cui Felice Marotta completa il suo lungo e sofferto Profilo di questo artista complesso, iniziato  e sviscerato attraverso due estesi approfondimenti pubblicati nella fase Blogspot di Distorsioni, che troverete qui linkati in calce. (P.W.B.)

 

 

 

 

JUSTIN BROADRICK

Di Justin Broadrick, una delle più significative espressioni del rock degli ultimi venticinque anni, abbiamo già abbondantemente parlato nella retrospettiva dedicata ai Godflesh e ai Jesu. I Godflesh e Jesu rappresentano gli estremi di una molteplicità di esperienze che Justin Broadrick ha alimentato con una voracità intellettuale ed una prolificità davvero fuori dal comune. Dopo l’iniziale costruzione dei Fall Of Because (1984-88) e la partecipazione al primo album della band grindcore Napalm Death (1985-86), Justin Broadrick insieme a Christian Green fonda i Godflesh (1988-2002), progetto che in pochi anni diverrà il centro di gravità dell’industrial-metal. Nel frattempo Justin Broadrick dava sfogo alla passione per il dub e l’hip-pop all’interno del progetto Techno Animal (1992), nato da un’idea di Kevin Martin, in quella che può essere definita una delle prime esperienze di fusione di metal jazzcore, dub e hip-hop.

 

JK_Flesh_at_Roadburn_festivalAppartengono a questo periodo anche le collaborazioni jazz-core con i God (1992-94), quelle industrial jazz con gli Ice (1993-98) e quelle noise-grindcore con i Curse of the Golden Vampire (1998-2003), che riuniva i Techno Animal ed Alec Empire. Si arriva al 2002, anno in cui le esperienze dei Godflesh e dei Techno Animal giungono a compimento. Justin è costretto a dare un senso nuovo alla propria esistenza in una prospettiva rinnovata. Nascono i Jesu (2002-). Nel frattempo Justin recuperava il progetto Final (1983-1986, 2006-), forse il più personale di tutti i suoi progetti, e dava contemporaneamente seguito a nuovi lavori, da “Gray Machine” (2009) all’ambient/shoegaze di “Sketcher Pale” (2010).

 

JK FLESH: POSTHUMAN

L’album “Posthuman”, stampato con il moniker JK Flesh, va inquadrato in questa proliferazione di progetti e collaborazioni. JK Flesh è il nome con cui Justin Broadrick firmava alcuni dei suoi lavori durante il periodo Techno Animal. C’è il recupero della fusione delle sonorità metal con il dubstep, che aveva influenzato anche i Godflesh nella seconda metà degli anni ’90. Posthuman riassume Justin Broadrick molto meglio di tanti altri lavori. Ritroviamo alcuni temi ricorrenti: l’ossessione per le macchine e per i corpi, la riflessione costante sulla carne e sulla trascendenza, l’idea persistente del superamento della corporeità dell’uomo. Posthuman si inserisce prepotentemente nella dicotomia che contrappone il “corpo/carne” dei Godflesh alla “macchina” subumana dei Techno Animal, ma con un decisivo balzo in avanti. La solitudine ed il dolore diventano realmente inumani.

 

justin broadrickIl corpo, luogo di raccolta delle affezioni, è sempre stato lo spazio d’incontro privilegiato dell’uomo con la divinità: la sofferenza del Cristo sulla croce, il martirio del dio-fattosi-carne (da cui i Godflesh riprendono esplicitamente il nome) costituisce la testimonianza più vera ed autentica.In Posthuman, Justin continua ad esplorare i luoghi della sofferenza dell’umano: il corpo diventa macchina, il tormento si trasfigura in rumore, la carne diventa dispositivo. Il corpo postumano diventa il luogo capace di amplificare ulteriormente la profondità della sofferenza. L’album si presenta con una pesantezza senza limite, in cui le 9 tracce si sviluppano come un muro monolitico, cupissimo e senza via d’uscita. Knuckledragger e Idle Hands sono un concentrato di industrial-dubstep completamente disumanizzato.

 

La brutalità e l’ossessione del meccanico diviene evocazione di un realtà completamente innaturale. Punchdrunk sembra prendere avvio con delle sonorità shoegaze per deviare ben presto verso una disperazione in cui non può trovar posto alcun barlume di umanità. Devoured segue i canoni del post-dubspep, mentre Posthuman e Earthmover sono l’espressione di una realtà che si è fatta tecnica. Nella traccia di chiusura dell’album, Walk Away, si percepisce una voce umana, che nell’equilibrio complessivo di Posthuman, costituisce quasi un elemento di speranza. Con questo lavoro Justin Broadrick prosegue l’esplorazione incessante delle sofferenze dell’animo umano e della sua corporeità. Posthuman è un ulteriore tassello di un affresco già estesissimo che conferma ancora una volta la grandezza di uno dei musicisti più importanti del rock a cavallo del millennio.

 

Felice Marotta

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