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Ennio Morricone – La vertigine Dell’Immobilità Dinamica.

(Roma, 10 novembre 1928 – Roma, 6 luglio 2020)

L'esistenza come in un film, la cui colonna sonora diventa assoluta e sa dare il nome a tutte le emozioni.

Un ricordo del grande compositore romano scomparso il 6 luglio 2020, dopo una lunga degenza presso l'Ospedale del Campus Bio-Medico della capitale.

 

Ennio Morricone conclude il suo passaggio terreno con la vita che tutti noi avremmo voluto vivere. Novantuno anni di pienezza. Assurto agli onori della gloria fin dai primordi dedicati all'attività di sonorizzazione di sceneggiature cinematografiche, arriso da successo e fama planetaria e vincitore di due premi Oscar (2007 e 2016) dopo essere stato candidato all'ambita statuetta per altre cinque volte tra il 1979 e il 2001.

Quella che qui si vuole provare a raccontare è la sua parabola di assoluto, la sua genialità, il suo eclettismo e anche il modo in cui -paradossalmente e malgrado tutto- la sua idea di musica, la sua preparazione, la sua ricerca abbiano solo accompagnato in modo sotteso e liminare gran parte della sua produzione di maggiore notorietà, senza peraltro rimanerne separate e senza che la sua persona abbia mai, per un solo istante, pensato di poterne prescindere o poterla relegare in una posizione secondaria o marginale. Perché Ennio Morricone non è semplicemente il grande compositore delle colonne sonore di memorabili film degli anni d'oro degli spaghetti western all'italiana, l'amico d'infanzia di Sergio Leone, l'arrangiatore di canzoni di musica leggera prodotte dalla RCA, l'assistente musicale della RAI. La sua formazione ha solide basi accademiche nella musica classica e corale. Presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma consegue il diploma in tromba, strumentazione per banda e composizione. E sarà proprio il suo professore di composizione, Goffredo Petrassi, a trasmettergli valori imprescindibili nell'ambito della nuova sensibilità contemporanea così come l'importanza di guardare alle radici con capacità sincretica e funzionale. Riadattando con l'abilità di un artigiano, con l'intuito di chi incastra e cesella vecchi e nuovi modi di sentire per plasmare forme inedite ed emozionali, senza mai esimersi da un approccio critico, vivace, appassionato, affidato ad un impulso creativo fluido, intuitivo, del tutto svincolato da gabbie concettuali o da dogmi procedurali.

Giova quindi ricostruire il nostro saluto al Maestro Ennio Morricone, partendo dal ricordo di ammirazione, gratitudine e stima che lui ebbe sempre del suo insegnante di composizione, anche a distanza di anni, dopo vicissitudini esistenziali che avrebbero persino giustificato un suo distacco da un mondo relegato a una marginalità di nobiltà snob decaduta, superata dalle produzioni in serie, dalle nuove tecnologie, dalle nuove tendenze di aggregazione sociale e di gradimento. Al 53° Festival di Nuova Consonanza, Morricone ricorda di avere incontrato Petrassi in via Frattina, dopo che il suo nome era balzato sui giornali a seguito delle collaborazioni con Luciano Salce e Sergio Leone, ne ricorda il momento esatto in cui tentava di sfuggire al suo sguardo inquisitore, la volontà inconscia di evitare un imbarazzo che era in realtà il suo, nel momento stesso in cui sapeva di essere sceso a compromessi con il suo talento artistico per ragioni di pratica sopravvivenza, per potersi garantire quella vita dignitosa e rispettabile che forse non sarebbe mai arrivata scegliendo la via canonica del circuito alto. Ebbene, Petrassi lo ammonì con delle parole semplici quanto affilate e potenti che lui non dimenticò mai, seppe toccargli il cuore laddove il suo stesso cuore propendeva e laddove il suo cuore serbava rimorsi e senso di colpa. Gli disse solo: non dimenticarti mai la 'musica assoluta'. Forse questa fu per Morricone l'illuminazione che costellò il suo fulgido percorso a venire. Si poteva fare musica assoluta in qualunque contesto, si poteva toccare il sentire e la partecipazione del grande pubblico, si poteva regalare grandezza, vastità e qualità 'alta' anche fuori dai contesti ordinari e istituzionali. Bastava richiamarsi a quelle doti e a quelle qualità di intuito, estro, originalità e coerenza al proprio modo di essere e sentire che il suo professore gli aveva trasmesso. Così come a lui, anche a Egisto Macchi, Mauro Bortolotti, Aldo Clementi, Ivan Vandor, Mario Bertoncini, Domenico Gaccero, Cornelius Cardew, Boris Porena, Daniele Paris e tanti altri allievi eccellenti.

Così, alcune delle lezioni sull'avanguardia sperimentale imparate nei Ferienkurse internazionali sulla Nuova Musica di Darmstadt, furono subito messe in pratica nel 1965, anno in cui Morricone entra a far parte dell'Associazione Nuova Consonanza su invito di Franco Evangelisti e del GINC, il Gruppo d'Improvvisazione omonimo. Grazie a Morricone e alle sue conoscenze nell'ambito dello spettacolo, la musica improvvisata entra a buon diritto nelle colonne sonore dei film. Un Tranquillo Posto di Campagna di Elio Petri nel 1968 musicato da alcuni membri del Gruppo e in seguito Gli Occhi freddi della paura di Enzo G. Castellari (1971), E se per caso una mattina, di Vittorio Sindoni (1972). Contemporaneamente al lavoro di sonorizzazione, Morricone riesce a portare avanti il suo impegno di compositore (sinfonico, per solisti, corale, per orchestre), direttore d'orchestra e di coro, sperimentatore, insegnante. Nel 1984, insieme agli amici dell'area romana: Egisto Macchi, Carlo Marinelli e Paola Bernardi, fonda l'I.R.TE.M (Istituto di Ricerca per il Teatro Musicale). La sua idea di composizione  multimediale, non si limita solo a film e produzioni televisive ma trova spazio anche nel teatro e in radio. Da Franco Evangelisti e dall'esperienza in ambito improvvisativo apprende senz'altro rudimenti importanti sull'alea, sulla casualità cageana, sulla gestualità, sul suono insolito, capace di produrre una vibrazione atipica e sulla diluizione percettiva, che può esaltare il silenzio. Nel film "The Mission", di Roland Joffé, del 1986, arriva a pieno compimento la sua concezione strutturale 'per cellule' che emergono separatamente e per sottrazione. Studi iniziati già nel 1958 con la composizione Quattro Pezzi Per Chitarra. L'apice sintattico musicale però, sul piano poetico espressivo e sul piano concettuale e procedurale, è rappresentato da alcune parti del film "La Migliore Offerta", di Giuseppe Tornatore (2013) che riprendono il suo lavoro giovanile del 1969, "Suoni per Dino". Un linguaggio non più ancorato ad una centralità armonica ma a una tonalità che si carica di elementi dinamici dall'interno, senza evoluzioni evidenti e scontate, con sottigliezze timbriche percepibili anche da orecchie meno esperte nell'arte compositiva. Una forma di sviluppo modale, modulante, una immobilità dinamica carica di ambiguità e quindi di pathos, giocata su elementi minimali e seriali scanditi da sovrapposizioni timbriche. Ritornando ancora all'ammonimento di Petrassi, quel ricordati della musica 'assoluta', il grande tormento e il grande rimpianto che relegò Morricone, per tutti gli anni '60, in una sorta di status di traditore agli occhi di un certo ambiente che viveva la sua defezione come abbandono di ideali nobili per più basse ambizioni economiche, proviamo a capire cosa era nel dopoguerra e con l'avvento dei mezzi di comunicazione di massa, l'idea di musica 'assoluta', pura, fine a se stessa, secondo la concezione wagneriana e prima ancora romantica. Una musica ideale che si nutre della ricerca della perfezione e che prescinde da ogni relazione extra-musicale. Una musica che non si riflette nel suo tempo, nei cambiamenti, nelle aspirazioni sociali, nella voglia di guardare avanti smantellando totem di staticità e plasticità ritenuti ormai falsi e disincarnati. Lo stesso dramma, lo stesso stigma, fu vissuto anche da Egisto Macchi che però non seppe avere la sfrontatezza e il senso pratico di Morricone, cercò di limitarsi a degli score e a dei copioni più impegnati e umilmente sacrificò il suo grande talento su una zona d'ombra che non gli permise gli stessi onori delle cronache e gli stessi tripudi di pubblico internazionale. Ma forse si deve proprio a figure come Morricone, Ivan Vandor, Bruno Nicolai, Egisto Macchi, Mario Bertoncini se la figura integerrima e di responsabilità morale incarnata dal compositore professionista entra nell'immaginario popolare ed eleva il senso estetico, l'ideale di bellezza. E non vi è dubbio che il rimprovero subito servì al giovane Morricone per intraprendere una strada lenta e inesorabile di conciliazione tra musica applicata e musica classica. Nella consapevolezza che la musica non potesse escludere un pensiero inclusivo e di condivisione per rimanere semplice e sterile speculazione teorica. Sicuramente Morricone esprime maggiore libertà compositiva con registi visionari e dal forte senso artistico. C'è una sacralità orchestrale nella colonna sonora di "Un Uomo A Metà" di Vittorio De Seta (1966) e in "Buone Notizie" di Elio Petri (1979). Ci sono dissonanze e suoni atipici, contrappunti di voci in "L'Istruttoria è chiusa: dimentichi" (1971) e "Il Sorriso Del Grande Tentatore" (1974) entrambi di Damiano Damiani. L'attentato (1972) di Yves Boisset con atmosfere da pshyco-trance.

Ricordando ancora alcune delle sue opere di musica contemporanea: "Secondo Concerto" per flauto, violoncello e orchestra (1984), "Gestazione", per voce femminile e strumenti, suoni elettronici preregistrati e orchestra d'archi ad libitum (1980), "Tre Scioperi", per una classe di 36 bambini -voci bianche- e un maestro, grancassa, su testi di Pier Paolo Pasolini (1975-1988), "Elegia Per Egisto", per violino solista (1993). A guardare indietro la sua lunga e prolifica carriera di musicista e compositore si riscontra una grande coerenza e una integrità ineccepibile. Il suo grande amore per la musica è anche, insieme, amore per la vita e tutto il suo sforzo umano e professionale tende ad elevare lo spirito attraverso la forza evocativa del suono. Un suono che è memoria, voglia di sperimentare e progredire, vibrazione che si amplifica laddove incontra chi è disposto ad accoglierla, ad ascoltarla nel profondo. Può esistere la musica solo nel momento in cui qualcuno la fa propria. Morricone è stato molto rispettoso di questo equilibrio tra dignità e qualità da un lato e semplicità, necessità di comprensione dall'altro. Inoltre sembra anche doveroso ricordare la sua pacatezza, il suo garbo, la grande umiltà con la quale ha saputo accettare alcuni compromessi dovuti ad esigenze di copione, nel pieno rispetto della figura dei registi e delle loro idee di realizzazione, così come con la stessa lucidità e perseveranza è spesso riuscito a far prevalere il proprio gusto, le proprie ragioni. È bello immaginare in lui un momento finale nel quale la dicotomia e l'ambivalenza tra l'arte filmica e musicale abbia trovato conciliazione, proprio sulla scia del suo modo di fare e della serietà del suo impegno. La sacralità, il misticismo della Roma papale, la popolarità genuina del suo rione trasteverino dove è cresciuto e ha trascorso l'infanzia. La precisione, il calcolo matematico e la logica del gioco degli scacchi in cui eccelleva (seconda categoria nazionale) e poi il tifo sfegatato, sregolato e sanguigno per la sua squadra del cuore, la Roma. Il conservatorio, le regole di scrittura puntigliose e la voglia di azzardare e trasgredire certi feticci anacronistici per cercare l'autenticità della propria natura. La musica pura e le canzonette pop (tra quelle più sorprendenti quelle con Zucchero e con i Pet Shop Boys, nda) Tutto questo ha convissuto in lui in un amalgama di unità polimorfa e pulsante, viva e palpitante, sempre proiettata a guardare avanti e nutrirsi di nuove esperienze. Tutto questo si  è riflesso nella sua musica, nei suoi incontri e nei suoi affetti e lo ha plasmato come persona e come artista indimenticabile. Tanto è vero che quel 'sono morto' del suo testamento spirituale è pronunciato in vita, come a voler annullare la distanza delle due dimensioni terrena e spirituale. Io, Ennio Morricone, Sono Morto ma, come disse il suo caro amico John Cage a Mike Bongiorno nella sua celebre trasmissione "Lascia o Raddoppia?" (1959) quasi a mo' di sberleffo, ...la mia musica resta.

 

 

 

Romina Baldoni

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