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12 Marzo 2014 ,

Mombu NIGER

2013 - Subsound Records

mombu nigerLa formula proposta da Luca T. Mai (ex Zu) al sax baritono e da Antonio Zitarelli alla batteria non sarebbe nemmeno una grande novità: bordate distorte di basse frequenze e ritmo percussivo molto tribale. Detta così si potrebbe pensare alla concezione metal dei Sepultura di "Roots": pietra miliare della contaminazione fra noise e tribalismo. Eppure c'è parecchio altro da dire. Se da un lato anche il "vecchio" jazz-core di scuola Zu si fa sentire (e come non potrebbe?), qui la ricerca sonora esula dalla struttura zorniana più archetipica e dall'idea post-noise e post-metal che ne seguì in parte le direttive. Luca Mai fu chiaro fin dall'inizio: il suono Mombu vuole essere un'orchestra percussiva. Ascoltando oggi il disco possiamo dire che è stato di parola. Il rinnovato amore per il metal (mai nascosto) e per il free-jazz si arricchisce di ritmi più sciolti ed evocativi di un mondo "black" dalle profonde radici africane; al tempo stesso qualche sovraincisione di "alto" assolutamente free che si fa strada in mezzo ai micidiali loop baritonali e alle precise martellate di Zitarelli non possono che rinnovare positivamente un suono che rischiava un prematuro impasse. 

 

Troviamo addirittura, nella seconda parte del disco, alcuni episodi decisamente ambientali e atmosferici - su tutti l'invocazione (o maledizione?) di Carmen patrios con la voce fra il salmodiante e il minaccioso di Mbar Ndiave sopra ipnotici armonici di mbira e un tappeto di percussioni altalenante: brano tanto inatteso quanto riuscito. A nostro parere più interessante e innovativo rispetto alla chitarra noise-metal che fa capolino in un altro puntomombu dell'album. Il seguente Seketet è forse uno degli apici dell'intero lavoro: suono strisciante e scuro che prelude alle consuete mazzate distorte e ad un eccellente drumming di Zitarelli, il quale poi si concede anche un ottimo "solo" di "batteria suonata da un percussionista" in The devourer of millions che va a chiudere il disco. Meno di quaranta minuti di musica senza concessioni melodiche (o quasi) ma alla fine la sensazione è che non si tratti di un esperimento "disturbante" ma di una precisa intuizione che va sviluppandosi: la ricerca sonora qui trova un senso nelle sue intricate strutture cervellotiche ma anche nei momenti di libertà. Una volta si diceva: è musica per il corpo ma anche per la mente, o viceversa. Bene, sì, questa è musica che rende alla perfezione l'idea di monade.

Voto: 7.5/10
Andrea Fornasari

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