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7 Maggio 2022

Van Der Graaf Generator – Genova, Politeama Genovese, 2 Maggio 2022 2 Maggio 2022, Genova, Politeama Genovese


Tutto esaurito al Politeama Genovese dopo la lunga attesa di un paio d’anni anche per chi, come chi scrive, aveva acquistato il biglietto per il concerto che avrebbe dovuto tenersi il 5 Aprile 2020 rimandato più volte a causa pandemia. E per i fans più accaniti dei Van Der Graaf Generator la pandemia colpisce ancora quando Peter Hammill in un discreto italiano annuncia, a circa metà concerto, che a causa degli strascichi del Covid-19 la band dovrà rinunciare, come sua abitudine a incontrare il pubblico, a farsi le foto con i fans e a rilasciare autografi (ed io che mezza dozzina di libretti dei cd me li ero portati dietro!). Ma ciò che conta è la musica e in questo senso lo spettacolo è stato esauriente (due ore circa) e impeccabile. Nonostante le voci incontrollate, anche girate sui social, che affermavano una rilettura completa di “Pawn Hearts” (1971) e altre dell’intero “The Least We Can Do Is Wave To Each Other” del 1970, si parte subito con la smentita di Interference Pattern dall’album “Trisector” del 2008 il primo (come sottolinea il titolo) interamente senza David Jackson. Conseguentemente il concerto procederà alternando brani del dopo 2000 e alcuni ripescaggi degli anni ’70. Tra questi il boato del pubblico sottolinea gli arpeggi volutamente confusi di Hammill (che si divide tra chitarra elettrica e pianoforte) e Banton quando sfociano nell’incipit di Lemmings (da “Pawn Hearts”) che scuoterà un pubblico composto e molto “teatrale”. Altra sorpresa è la ripresa di Black Room proveniente dall’album solista di Peter Hammill “Chamaleon In The Shadow Of The Night” del lontano 1973 e ancora dagli anni settanta arriveranno Scorched Heart dall’ottimo “Godbluff” del 1975 e Childlike Faith In Childhood’s End dal bellissimo “Still Life” (1976). Il dopo 2000 è rappresentato invece da Lifetime ancora da “Trisector”, da Every Bloody Emperor proveniente da “Present” del 2005, da Your Time Starts Now prelevato da “A Grounding In Numbers” del 2011, mentre l’ultimo album della band, pubblicato ormai nel lontano 2016, “Do Not Disturb” vede la presenza di due brani: Room 2010 e Alfa Berlina.

Le esecuzioni impeccabili e precise dei tre musicisti consolano la latitanza dei vecchi classiconi del gruppo che dopo ogni brano il pubblico più attempato sospirava e sperava di ascoltare quali Killer, Refugee, Darkness o altri del più antico repertorio. Nonostante la parziale delusione in questo senso il concerto è splendido e coeso, minimale e asciutto, senza fronzoli e/o effetti speciali con un parco di luci essenziale e basico e i tre musicisti al meglio di loro stessi. Se il magrissimo e settantaquattrenne Hammill non è un gigante della chitarra elettrica, al piano spacca ancora che è un piacere e soprattutto la voce per cui è giustamente famoso non ha perso nulla della sua bellezza tra falsetti e ruggiti anche se pare che la scaletta del concerto cambi durante le date del tour a seconda della condizione della voce che viene adattata a brani più o meno “raggiungibili”. Hugh Banton polipeggia da par suo con tutti i quattro arti suonando il basso con la pedaliera della tastiera esteticamente vintage ma che nasconde tecnologie elettroniche e computerizzate modernissime e Guy Evans sottolinea il tutto con un drumming apparentemente semplice e poco spettacolare ma assolutamente efficace e strepitoso nel sottolineare voce e strumenti dei suoi vecchi compagni di avventure musicali. Per la parentesi personale di chi scrive il ricordo di averli visti live esattamente cinquant’anni fa quando si avevano i capelli molto più lunghi e molto più scuri e molti meno anni, quindi tanta emozione, un bel po’ di pelle d’oca e qualche nostalgica lacrimuccia in più di un’occasione. Gran finale con la vecchia e bellissima Still Life dall’album omonimo del 1976 eseguita come bis, lunghi applausi convinti e pubblico all’uscita apparentemente soddisfatto.

Maurizio Pupi Bracali

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