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12 Marzo 2019

Massimo Padalino Storie di ordinaria follia rock

2019 - Giunti, pagg. 192, euro 14,90


massimo_padalino_storie_di_ordinaria_follia_rockMassimo Padalino
ritorna a parlare di musica dopo la parentesi narrativa de “Il gioco” (Meridiano Zero), dedicato alle vicende bizzarre del cugino Berto e della maga Mina. Lo fa a distanza di otto anni dal voluminoso “The Beatles. Hey! Hey! Hey! Testi commentati 1962-1966/1967-1970” (Arcana), nel quale sviscerava i testi di una delle band più amate di sempre. La bizzarria ha sempre costituito un oggetto di interesse per lo scrittore friulano, che l’aveva analizzata approfonditamente nelle 624 pagine del volume “Space Is The Place. Storie di spazio, storie di spazi” dedicato al jazz patafisico di Sun Ra (Meridiano Zero). Con “Storie di ordinaria follia rock”, Padalino approccia la musica da una angolazione ancora più obliqua, approfondendo le condizioni che legano il rock a tutto ciò che non è ordinario, dai disturbi alle bizzarrie, dalle trasgressioni alle patologie, dalle stravaganze alle ossessioni, dalla follia clinica alla paranoia.

 

Lo fa utilizzando lo strumento della narrazione, raccontando 27 profili biografici di grandi personaggi del rock, che vanno da Elvis Presley a John Lennon, da James Brown a Jerry Lee Lewis, da Syd Barrett a David Bowie, da Madonna a Nico, da Frank Zappa a Captain Beefheart, dai Led Zeppelin ai Rolling Stones, da Kurt Cobain a Nick Drake, da Nina Simone a Thelonious Monk, da Sid Vicious & Nancy Spungen ai Queen, dai Devo ai Kraftwerk, da Moondog a Sun Ra, senza scordarci di Daniel Johnston, Giovanni Lindo Ferretti, Phil Spector, Daevid Allen, Wendy wendycarlostechnooriginator_900Carlos (nella foto). Ogni biografia si sviluppa come un breve racconto, incentrato su un aneddoto o su un evento significativo della loro vita. Il titolo del saggio richiama espressamente le “Storie di ordinaria follia” (1972) di Charles Bukowski, il quale nel descrivere le storie di prostitute, vagabondi, ubriachi e scommettitori, metteva in luce la sottile forma di follia che albergava nel cuore profondo della società americana. Padalino vuole esplorare quella zona di confine in cui il disturbo è appena accennato, in cui la follia non si mostra mai se non in piccoli gesti ed impercettibili manie. È quel «laccio della scarpa che si spezza quando uno ha fretta», il germe che semina l’anomalia all’interno del flusso ininterrotto della vita quotidiana. In fondo questo territorio di confine è il medesimo territorio dell’arte, in cui genio e la sregolatezza sembrano esser accomunati da particolari recettori biologici, che intrecciano senza soluzione di continuità la creatività alle manie.

 

Ecco allora il motivo per il quale consideriamo artistiche le stravaganze di Sun Ra che dichiarava che tutti gli afro-americani provenissero da Saturno o quelle di Daevid Allen e dei suoi Gong (nella foto) che descrivevano un mondo immaginario, completamente patafisico, in gong_1974_1innumerevoli album dagli anni ’70 sino ai giorni d’oggi. Non è un caso, allora, se Philip Glass ritenesse Moondog un genio musicale, nonostante questi vestisse da vichingo ed avesse fatto delle strade di New York la sua casa per più di vent’anni. Spesso la follia è legata ad una immagine romantica come quella che ritrae il talentuoso Syd Barrett confinato in quei mondi lontani che sempre evocava, nonostante apparissero percepibili solo attraverso deboli segnali. O come quella di Nick Drake, il cui l’eccesso di sensibilità gli consentiva di leggere l’inquietudine del mondo come un libro di A1oPOUfuYpL._SL1000_poesie. In alcuni casi il disturbo sembra faccia parte del comportamento artistico come in quello di Thelonious Monk (nella foto) che si faceva notare per sue stravaganze comportamentali o come in quello di Nina Simone, la cui espressività sembrava la valvola di sfogo con cui la cantante del Nord Carolina cacciava il malessere che la tormentava. Spesso la bizzarria è semplicemente un’ossessione, come quella che Elvis Presley mostrava nei confronti dei Beatles o come quella di Madonna che faceva ripulire i camerini per evitare che qualcuno potesse clonare il suo DNA. In altri casi quell’istintività si news-14-09-captain-beefhearttrasformava in violenza domestica come nelle note vicende giudiziarie di James Brown o in un sottile sadismo come quello che Captain Beefheart (nella foto) esercitava nei confronti dei musicisti della sua band durante le interminabili sessioni di registrazione. A volte la follia è un fiume sotterraneo che scorre nelle arterie più profonde della società, come quelle che Giovanni Lindo Ferretti descriveva nella sua Emilia Paranoica o come quelle che diedero vita alle forme più estreme ed autodistruttive del punk, di cui la vicenda di Sid Vicious è rimasta emblematica.  Grazie al suo gusto per la bizzarria e per tutto ciò che si mostra come non ordinario, Padalino ci consegna una sorta di nuovo elogio della follia della nostra contemporaneità.

 

Felice Marotta

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