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28 Giugno 2020

Rocco Sapuppo Simulacri

2020 - Lulu Press Center - 246 pagine - 15,00 Euro

Difficile scattare una foto ad un soggetto in movimento. Cristallizzare un gesto è di per sé un ossimoro, perché significa estrapolare l’Essenza dal coacervo di quella dimensione temporale che scandisce e consuma la vita dell’uomo. La sensazione che si avverte dalla lettura del volume di racconti di Rocco Sapuppo intitolato “Simulacri” è proprio questo: una successione di ritratti di vita in movimento, di inquietudini irriducibili e languori che ricercano una propria collocazione di senso. Quando si tratta della vita dell’uomo si ha a che fare con il regno delle possibilità nel cui perimetro si consuma la contesa tra una irriducibile forza vitale e la mera sopravvivenza. Ciò che risulta toccante è proprio lo sforzo immane di ogni creatura che popola l’immaginario e lo svolgimento di questi brevi racconti nel voler dare un nome alla propria vita in modo da poterlo dare a sé stessi, incidendo le proprie iniziali sull’epidermide della caducità. Ogni protagonista, benché anagraficamente individuato, acquisisce la propria identità solo attraverso un percorso che ha sempre qualcosa di tragico come il distacco di chi sta per partire e saluta chi rimane ad aspettarlo. “Simulacri” è un libro di viaggi in treno (elemento di strategia narrativa costante) fatto di paesaggi incorniciati nei finestrini di scompartimenti da cui prendono il sopravvento visioni ipnagogiche che occupano gli spazi dell’immaginazione (“Fantasticheria”). Non è un caso che in copertina campeggi “Il Treno”, dipinto futurista di Fortunato Depero, che costituisce la chiave per decriptare il codice insito nell’opera di Sapuppo: l’irruzione dell’Io nel Presente come fosse il costrutto di una tecnologia interiore elaborata mediante l’eliminazione del superfluo, in un moto che conduce ad una nuova autogenesi. Ad un anno di distanza dal romanzo “Mysterium Gothicum”, Sapuppo sceglie il registro del racconto breve senza snaturare però la propria cifra stilistica, ovvero quella di una prosa colta che si innesta in modo naturale nella poesia, in un interscambio continuo di flussi e trame di rimandi. Il libro si articola in due sezioni: la prima si intitola “Parte I (Simulacri, miraggi, visioni, ossessioni)”, mentre la seconda “Parte II (Lo Spirito Della Legge Ovvero Passacaglia Del Viaggiatore Solitario)”. Ne “Il Signore Del Faro” incontriamo la visione filosofica di Schopenhauer immersa in una formalina di disincanto (“Viviamo come all’interno d’un eterno tramonto, murati nell’ocra o in striature di porpora sbavata come sangue sopra garze di nuvole”), ne “L’Uomo Che Sognava I Treni” siamo di fronte al coraggio di chi d’un tratto ha lasciato tutto per vivere su un treno in viaggio perenne (“ad un certo punto bisogna spogliarsi di se stessi e andarsene”), mentre in “Homo Homini Lupus” ci ritroviamo immersi in suggestioni gotico – dickensiane e con una feroce duplicazione che assume la forma del Doppelgänger. Durante il cammino troviamo la messianicità tradita de “L’Enigma Della Doppia Luna”, uno dei passaggi più profondi del libro, che ha come contraltare il mood apocalittico de “L’Ospite”. Il dualismo ontologico ritorna ancora una volta con “L’Ombra Alla Finestra”, fortemente permeata da echi kafkiani, e dal concetto di inaccessibilità della Legge, quasi debba essere per propria natura al di fuori della umana comprensione. Toccante poi “Passacaglia Segreta Del Ritorno” il cui protagonista si è dimesso dal “remunerativo impiego di funzionario regionale” scegliendo di “trascorrere i giorni che ancora gli restavano da vivere viaggiando senza tregua ma, questa la cosa più singolare, lungo una sola tratta ferroviaria di riferimento: andata e ritorno, e di seguito, andata e ritorno…”. “Simulacri” è un’opera che parla della possibilità che ognuno di noi dovrebbe concedersi, anche solo per perdonarsi di non essere riusciti a diventare se stessi, per dirla con le parole di Foster Wallace.

Giuseppe Rapisarda
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