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5 Giugno 2015 , ,

Paradise Lost THE PLAGUE WITHIN

2015 - Century Media Records-Universal
[Uscita: 01/06/2015]

Inghilterra   #consigliatodadistorsioni 

 

Paradise-Lost-The-Plague-WithinLa nostalgia è quel movimento dello spirito che mima il tragitto epico di qualsiasi ritorno a casa dopo una lunga assenza. In questo senso, ma strettamente in questo senso, “The Plague Within” è un disco della lontananza e del ritorno a casa; solo in questo senso, questo nuovo Paradise Lost è un disco malinconico. Eppure anche solo in questo senso angusto il ritorno rappresentato da The Plague Whithin è un movimento mancato, un falso movimento: non c'è nessuna casa presso la quale tornare. La patria è sempre altrove e la nostalgia diviene più il movimento dell'andare che del tornare. Alta è la tentazione di considerare questo movimento a doppio senso come la chiusura del cerchio ideale della produzione artistica nota col nome Paradise Lost, ma sarebbe un errore. The Plague Within non è la chiusura di un cerchio, ma la non coincidenza che permette di ricominciare: spirale creativa. E come una spirale il disco coinvolge l'ascoltare risucchiandolo all'interno di una storia continuamente sdoppiata e riflessa in un gioco di specchi realmente paradossale come avviene nel commovente incedere death di Terminal scandito dal monito «forget the past». E tutto ciò esattamente nello stesso momento in cui Holmes con un growl mozzafiato canta la gloria di “Gothic”, reperto sonoro che dal 1991 ci dice cosa sia il death-doom metal

 

lostÈ possibile però che la stessa spirale avvolga una singola traccia che, in virtù di tale precipitazione, diviene in grado di ricapitolare un intero segmento di senso: la spirale di An eternity of Lies è chiaramente una crasi di ciò che i Paradise Lost hanno creato da “Draconian Times” a “Host”. Del primo Punishment Through Time possiede l'eleganza e la forza; del secondo Sacrifice The Flame possiede invece la cura e la sensibilità saturnina degli arrangiamenti. Discorso a parte poi per Victim of The Past nella quale il risucchio del tempo diviene tale da coinvolgere l'intera produzione dei Paradise Lost in un quasi-concept su trent'anni di invenzioni sonore; un risucchio tale da implicare all'interno dello stesso gorgo growl vocal e clean vocal, tappeti di tastiere, archi struggenti al limite stucchevole del pop estremo, un tempo tagliato con l'accetta da una cassa straripante e riff di una malinconia siderale. 

 

Eppure nonostante la compresenza di questo materiale abbondante ed eteroclito, marchio di fabbrica della coppia Homes/Mackintosh, la farsa rimane a distanza di sicurezza e il kitsch allo stesso modo: il rigoglio creativo non si fa mai accozzaglia grottesca. In questo senso un lavoro definitivamente postmoderno - nell'accezione monca degli anni'90 - dopo la morte di ogni possibilità postmoderna. E Cry out è lì a testimoniare lost1questa inclinazione al meticciato in salsa metal con Holmes che, con invidiabile sicumera, surfa su linee vocali costruite per prendersi gioco delle distinzioni di genere ormai sclerotizzate nelle linee guida della composizione musicale lugubre un tanto al chilo. Al contrario The Plague Within riesce a mantenere anche nei momenti più cupi e opprimenti un notevole livello di pulizia sonora e una invidiabile vivacità compositiva. È così che Beneath Broken Earth può presentarsi come un muro di lucida malinconia contro il quale si impatta senza scampo a 60 battiti al minuto. Complessivamente dopo “Tragic Idol”, il disco del ricordo e della rivisitazione, abbiamo con The Plague Within il lavoro di un'intera facoltà, la memoria, in grado di rielaborare il passato creando il futuro. Una prova definitiva ed eccezionale in senso letterale.

 

Voto: 8/10
Luca Gori

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