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11 Marzo 2013 ,

Low THE INVISIBLE WAY

2013 - Sub Pop Records/Kizmaiaz
[Uscita: 11/03/2013]

LOW – The Invisible Way Sub Pop Records Ci pensano da soli i Low a farsi gli auguri per il loro ventesimo anniversario:  succede nei due minuti finali di On My Own, penultimo brano in scaletta e significativamente anche l’unico in programma dominato dalla chitarra elettrica. Si perché nelle altre dieci tracce registrate a “The Loft”, quartier generale dei Wilco e prodotte dal loro leader Jeff Tweedy, gli strumenti che la fanno da padrone, sostenuti dai velvettiani  pattern della batteria di Mimi Parker, sono la chitarra acustica e soprattutto il pianoforte finora mai cosi predominante nell’economia sonora del gruppo. Prima ancora di raccontarvi della qualità delle canzoni è davvero doveroso soffermarsi sul lavoro alla consolle svolto da Jeff Tweedy che giocando abilmente con volumi, dinamiche e riverberi riesce nell’intento di  rendere quasi sontuose le esili architetture sonore per cui il trio di Duluth è apprezzato. E’ come se questa volta il suono della neve che cade, metafora più volte usata per descrivere le canzoni dei Low, giungesse da voluminosi, ma non per questo minacciosi, nuvoloni dai colori palesati nei titoli delle canzoni (So Blue, Clarence White) o da essi suggeriti (Amethist).

 

Largamente anticipato in rete prima con la diffusione del video del singolo Just Make It Stop e poi dall’offerta in l’anteprima dell’ascolto dell’ album completo già dai primi giorni del 2013, questo nuovo “The Invisible Way” rappresenta sia la naturale evoluzione del precedente “C’mon”,  ripresentando in parte la solennità e una certa maestosità che caratterizzavano quel lavoro, che l’ideale ritorno verso l’estetica più minimale degli esordi dopo le scorribande in territori più marcatamente rock, genere assaggiato dapprima in “Trust” del 2005 e poi gustato con appetito in “The Great Destroyer”, e soprattutto dopo l’inseguimento di quell’idea di slowcore imbastardito di elettronica che fu “Drums & Guns”, ad oggi di sicuro il loro disco più coraggioso e politico.

 

Qualità che sicuramente non difetta a questo ellepì è l’eleganza degli arrangiamenti e la cura riposta alla resa degli strumenti e delle voci che hanno cosi modo di materializzarsi in maniera esemplare tra i diffusori. LOW – The Invisible Way Sub Pop Records Queste ultime risaltano perfettamente sulle trame quasi prettamente acustiche create dal terzetto. Ne sono perfetti esempi l’iniziale The Plastic Cup, dove il canto della coppia Alan Sparhawk / Mimi Rogers è ulteriormente ingentilito dai vocalizzi della signora posti con grande effetto su un piano sonoro più arretrato, o come accade nella più movimentata So Blue dove le voci femminili doppiate su due differenti tonalità hanno modo di adagiarsi alla perfezione sulle trame e sulle scale di un pianoforte per una volta dai colori piuttosto cupi, e nella seguente delicata e intima Holy Ghost, più secca e desertica e per questo posta volutamente a contrasto. Bellissime, in un album di classe cristallina, sono il singolo citato in precedenza che piace per la sua fresca immediatezza, la crepuscolare e imponente lentezza di Amethist e la purezza poetica di To Our Knees che ne pone nobile sigillo. Una carriera esemplare, auguroni!

Voto: 8/10
Roberto Remondino

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