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27 Febbraio 2018 , ,

Imarhan TEMET

2018 - City Slang
[Uscita: 23/02/2018]

Algeria    #consigliatodadistorsioni

 

Gli Imarhan appartengono alla nuova generazione di musicisti tuareg, hanno debuttato due anni orsono sotto le ali protettive dei Tinariwen, il loro bellissimo primo album era infatti stato prodotto da Eyadou Ag Leche che dei Tinariwen è il bassista e cugino di Sadam, frontman degli Imarhan, che a sua volta sostituisce spesso in tour Ibrahim Ag Alhabib cantante della band maliana. Questo non vuol affatto dire che la band si presenti come un clone dei frateli maggiori, anzi già dal primo disco si notava una personalità piuttosto spiccata e autonoma, pur muovendosi all'interno del desert blues, infatti gli Imarhan mostravano un sound più urbano, aperto anche ad altre influenze, per esempio il raï, non a caso non vivono nelle oasi del Sahara, ma da un contesto diverso, ovvero dalla città di Tamanrasset, città del sud dell'Algeria, e ora con questo “Temet” ('connessioni' in lingua tamasheck) sviluppano ulteriormente la loro proposta musicale, che li pone decisamente ai vertici della scena subsahariana e come una delle proproste più affascinanti di questo nuovo anno.

 

È un brano come Tumast, con quelle irruenti percussioni e quel torrido galoppo delle chitarre che già da solo ci fa dire che davvero oggi il rock, quello fatto da chitarre incendiarie, ritmi travolgenti, distorsioni, abita proprio nelle propaggini meridionali del Sahara, ne ha assorbito il ritmo del viaggiare, l'inquietudine di una vita sempre in sospeso, le aspirazioni alla pace e alla fratellanza che decenni orsono mossero i rocker occidentali. Due le tematiche fondamentali che si agitano in “Temet”, quella più politica e legata ai problemi della comunità, affrontati attraverso blues energici e taglienti che mostrano il carattere fieramente orgogliso e ribelle del popolo Tuareg, come dice Sadam: «Ogni rivolta porta la sua parte di rischi. E la capitolazione è un'umiliazione.». Sono brani come Ehad Wa Dagh dall'ipnotico intrecciarsi delle chitarre, dove si maledice la discordia causata nel popolo da Satana (ricordiamo che dopo la sconfitta della Imarhan-730x465rivolta indipendentista del 2012 i Tuareg si sono divisi fra chi ha sposato l'alleanza con Al Qaeda e chi gli si è opposto) o Imuhagh, qui le chitarre disegnano volute psichedeliche, mentre il testo fa ancora appello all'unità del popolo per raggiungere l'indipendenza. L'altra tematica è quella della nostalgia, in Alwa il desiderio per il proprio paese è cantato in un brano molto ritmato e influenzato perfino dalla disco, mentre in Tarha Nam, un commovente canto intriso di malinconia e senso della perdita, le atmosfere si fanno più intime e meditative, con un magnifico dialogo fra chitarra elettrica e acustica. Ma tutto l'album è bellissimo, il tuareg blues si mescola con il romanticismo del raï e con la furia del fuzz rock per regalarci una delle perle del rock contemporaneo. ----- Da non perdere il loro prossimo tour che toccherà il nostro paese in aprile con date a Roma, Bologna e Milano. 

 

Voto: 8/10
Ignazio Gulotta

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