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25 Settembre 2021

Steve Hackett Surrender Of Silence

2021 - InsideOutMusic
[Uscita: 10/09/2021]

Niente da fare: Steve Hackett non ce la fa. Anche con questo nuovissimo “Surrender Of Silence” l’ex chitarrista dei Genesis continua a rivestire le proprie canzoni di abiti pacchiani e ridondanti. Dopo il comunque piacevole ascolto del precedente album acustico e classicheggiante, “Under The Mediterranean Sky” tornando alla dimensione elettrica Hackett si ripete pedissequamente immergendosi in una nebbiosità pomposa già presente negli ultimi sconclusionati album. Ripetendosi egli stesso costringe pure noi a ripeterci nel sottolineare la propensione inidentitaria di una manciata di canzoni prevalentemente lunghe che vedono quasi sempre in uno stesso brano cambi di tempo repentini, pesanti orchestrazioni, melodie ripetitive e pasticciosità in genere. La solita infinita pletora di strumenti che vanno dal sax all’organo da chiesa, dal violino a tastiere elettroniche che imitano flauti e altri strumenti, dal violoncello all’arpa, fino, ovviamente, alle chitarre del Maestro, è la cifra stilistica che vede ancora una volta mescolati in un unico album vestimenti che fanno a pugni tra di loro in una sorta di spaventapasseri hackettiano che vede etnie mal riuscite come l’africana Wingbeats che diventa mediocre canzoncina pop (ma quanto ci manca l’immenso Peter Gabriel a questo proposito?) o le cineserie da cartolina di Shangai To Samarkand, pesantezze inenarrabili come i cori poco sopportabili di Natalia col tema classicheggiante “rubato”a Prokofiev, le gigionerie alla Alan Parson di The Devil’s Cathedral, l’AOR di Fox’s Tango e la superflua, acquosa e inconsistente Relaxation Music For Shark. Il buon vecchio prog-rock a cui l’ex Genesis deve la sua fama, ormai pressoché dimenticato, riaffiora in parte in Scorcher Earth ma con un afflato mieloso, edulcorato e poco convincente. Ripetendoci, come il buon Hackett fa musicalmente ormai da tempo con risultati discutibili, ci chiediamo come sia possibile che nessuno di coloro che gli stanno intorno e vicini, non gli segnalino che quei capi di vestiario, spaiati e in contraddizione tra di loro, non facciano granché bella figura sulla stessa persona, la cui indiscutibile abilità chitarristica viene oltre tutto vanificata dal clownesco abbigliamento. L’ultimo superfluo brano, frammento chitarristicamente acustico di poco più di un minuto che chiude il pasticciaccio brutto si intitola Esperanza, parolina che ci presta il destro per uno speranzoso e prossimo ravvedimento del Nostro, anche se, da come stanno le cose da diversi album a questa parte, più che speranza sembra un pio desiderio.

Voto: 4.5/10
Maurizio Pupi Bracali

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