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14 Febbraio 2019 ,

Bob Mould SUNSHINE ROCK

2019 - Merge Records
[Uscita: 08/02/2019]

Stati Uniti  #consigliatodadistorsioni     

 

sunshinerockQuarant’anni di attività, meno di sessanta di età (è del 1960), un totale di venti album (live esclusi) pubblicati tra carriera solista, gli Sugar e la sua prima creatura, gli immensi Hüsker Dü: questa, in sintesi, la carriera di Bob Mould, spesa nell’elaborazione di quel pop di derivazione punk che era la più tipica espressione del trio di St. Paul, MN, e che, di fatto, ha generato buona parte dell’indie degli ultimi trent’anni. Con la scomparsa di Grant Hart e Greg Norton fermo al palo da oltre un lustro (senza peraltro aver mai raggiunto, nel periodo successivo allo scioglimento, i livelli dei vecchi sodali), il nostro Bob parrebbe essere rimasto l’ultimo, inflessibile argine alla svolta mainstream di un genere nato per opporvisi, il che non significa rinunciare ad essere “pop”, ma perseguirne una forma “intelligente”. Cosa attendersi ancora, dunque, da un personaggio che ha già dato così tanto? Il solito, onesto album di belle canzoni rock, sudate e decise, cui ci ha da tempo abituato? Una cupa riflessione sull’avanzare dell’età?

bobGià dal titolo, “Sunshine Rock”, si può escludere l’ultima ipotesi, subito fugata dall’ascolto della title track, che inaugurando la raccolta predispone a un ascolto sereno e rilassato: chitarra e batteria poggiano su tastiere mai invadenti, qualche passaggio vagamente springsteeniano, una melodia che rimane in testa e che un tempo avrebbe assicurato qualche passaggio radiofonico. Si cambia subito registro con un terzetto di brani che più Mould non si può (What Do You Want Me To Do, l’esuberante Sunny Love Song, la più punk Thirty Dozen Roses) che preludono a The Final Years, bella canzone con una leggera somiglianza vocale (ricorda il miglior Paul Weller, e la circostanza si ripeterà nella ballata Camp Sunshine).Irrational Poison torna a parlare il linguaggio mouldiano, prima di una parentesi che vede in fila tre episodi che si direbbero figli dei R.E.M. di “Monster” o imagesAccelerate” (I Fought, Sin King, Lost Faith).

Dopo la parentesi “bucolica” rappresentata dall’ottima, già citata Camp Sunshine, una cosa inaspettata: una cover semplicemente fantastica di Send Me A Postcard dei vecchi Shocking Blue (gruppo cui andrebbe riconosciuto un valore oltre il semplice ricordo della smash hit Venus). A chiudere, Western Sunset (la parola “sun”, ricorre spesso in questo disco), altro brano dal ritornello killer, nella migliore tradizione del power pop frequentato all’epoca della parentesi Sugar. Un nuovo, ottimo album marchiato Mould: impossibile resistergli.

 

Voto: 7,5/10
Massimo Perolini

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