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17 Luglio 2020

PAINT Spiritual Vegas

2020 - Mexican Summer
[Uscita: 10/07/2020]

Dopo “Lahs” degli Allah-Las, anche PAINT, il progetto solista di Pedrum Siadatian, chitarrista del gruppo, vede un seguito dopo l'esordio omonimo. “Spiritual Vegas” esce per Mexican Summer e non si discosta molto né dal suo predecessore né da altri artisti pubblicati dall'etichetta newyorchese: indie-pop con rifiniture garage-rock, bassa fedeltà sonora, puntate nei vari recessi del revival 60's, dalle ballate lisergiche agli strumentali in salsa etnica. Trovare elementi di evoluzione rispetto al disco d'esordio è quasi inutile, per uno come Siadatian che del passatismo musicale ha fatto una ragione di vita, perciò i quattordici brani di “Spiritual Vegas” si presentano come una sterminata (almeno per una quarantina di minuti) distesa di toni grigi, in cui una canzone vale l'altra, in nome di un byrdsiano garage-rock dal tono vagamente auto-ironico e sbarazzino. Pochi sono i pezzi memorabili, mettiamo una Strange World che tira fuori un wah-wah piuttosto inaspettato, Why Not, Tick Tock? Che mette a segno una delle melodie più azzeccate dell'album, mentre non si contano i mid-tempo languidi in beachboysiano spleen (Lanolin, Meet Me, Ballad Of Adelaide) e infiniti numeri folk-rock tirati fuori da un crocevia temporale, in cui anni '60 e anni '90 convivono (Grape St., Ta Fardah, Land Man, Tongue Tied, Well Of Memory/ODAAT) e nel mezzo strumentali piuttosto inutili (Intro, Outro,Flying Fox) che raggiungono il picco coi cinque minuti di Impressions, due note di piano e tastiere varie da catalessi. Una gran noia, se proprio bisogna essere sinceri: viene da chiedersi se dietro l'eterno revivalismo non ci sia sotto sotto l'incapacità di cambiare e provare, almeno una volta, qualcosa di diverso nella vita. Il fuoco di PAINT non brucia e se due indizi non fanno una prova, ne aspetteremo un terzo che ci smentisca.

Voto: 5/10
Ruben Gavilli

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