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20 Marzo 2015 , ,

Seth Avett & Jessica Lea Mayfield SETH AVETT & JESSICA LEA MAYFIELD SING ELIOTT SMITH

2015 - Ramseur Records
[Uscita: 17/03/2015]

USA

 

Jessica Lea Mayfield And Seth Avett - Seth Avett And Jessica Lea Mayfield Sing Elliott SmithDa quando Elliott Smith ci ha lasciato nel 2003, vittima di due coltellate al collo, la sua eredità musicale è stata oggetto di riverenza ed usata per realizzare  numerose cover versions, eseguite da artisti eterogenei, sedotti dalla poesia urgente di un cuore troppo grande per essere contenuto dal mondo intero. Lo ricordiamo nel backstage dello show televisivo britannico “Later with Jools Holland”. Era l'inizio degli anni novanta e la sua carriera cominciava a decollare, ma in UK non era ancora  molto conosciuto. Erano  da venire i tempi della gloria ultra planetaria, da premio Oscar, e lui se ne stava, timido, a chiacchierare attendendo di uscire per il suo numero, mentre Jools e l'artista di turno stavano intrattenendo gli spettatori con i super arrangiamenti della Jools Holland Orchestra. Quando è toccato a lui ha percorso tranquillamente il tunnel che portava allo studio e neppure è salito sul palco, ma si è arrestato  qualche passo oltre il tunnel, la chitarra acustica tutta graffiata, che quasi lo sovrastava, appesa al collo con  un pezzo di spago, i capelli spettinati, il viso butterato, ha cantato storie raccapriccianti con un soffio di voce, ha liberato i  propri angeli indemoniati e rapito tutti gli ascoltatori. Ha terminato ed è rimasto lì, in piedi, timido ed inespressivo, il pubblico basito, in silenzio per circa 20/30 secondi di eternità televisiva assordante.

 

Questo episodio ci aiuta nella comprensione della complessa personalità di un artista raro, che non conosceva distinzione tra arte e vita,  incapace di scendere a patti coi propri fantasmi e neppure di esorcizzare il  male di vivere. Un solitario privo di relazioni, un dannato dall'animo straziato di sentimenti che riaffioravano, potenti ed incontrollabili, sajlm_03_thappena imbracciava la chitarra. Ed allora ai primi colpi di plettro, ecco che si rianimava a spalancare la porta della percezione per far fluire tutta l'emozione contenuta nel suo corpo esile. Il suo repertorio è di grande potenza emotiva, che affiora in una sorta di trance tranquilla di apparente rilassatezza. Non ha certamente cambiato il corso della musica, non è Ron Asheton & Dave Alexander e neppure Jimi Hendrix o Bob Dylan, ma ha cantato canzoni semplici, attingendo stilisticamente alla tradizione indie  più canonica, ma con lo slancio emotivo di interpretazioni toccanti, di grandi sentimenti, scavando in profondità, cuore nudo e disperazione selvaggia vissuta sulla  pelle, senza mediazioni. Si tratta di canzoni che ciascuno di noi dovrebbe conoscere ed essere in grado di suonare nella propria cameretta, magari filmandosi con lo smart phone, per poi caricare la performance su youtube ed, in effetti, in rete si trovano numerose  versioni delle sue canzoni realizzate dai fans. Canzoni che in epoca pre-youtube si sarebbero cantate di sera attorno al fuoco in spiaggia o in campeggio.

 

Ecco, il problema è che i nostri (Jessica Lea Mayfield & Seth Avett) decidono di scegliere la strada più facile e banale, offrendo  interpretazioni calligrafiche, come se, effettivamente, si trovassero attorno ad un fuoco, la sera, in compagnia di amici. Gli originali funzionano, perché diretta emanazione di disagio esistenziale, urgenza e necessità, mentre queste versioni sono come svuotate della loro anima. Hanno arrangiato dodici canzoni, in un periodo di circa quattro anni, negli istanti rubati agli impegni comuni di sajlm_08_thquando Jessica apriva i concerti degli Avett Brothers (gruppo di appartenenza di Seth Avett). Hanno lavorato con deferenza, quasi genuflessi di fronte al monumento ingombrante di Elliott,  provando accordi ed armonie sui pianoforti verticali dei backstages, accompagnandosi con  la chitarra nel bus che li trasportava nelle località dei concerti.  Il disco è però macchiato da un peccato originale, perché non hanno interpretato le canzoni, ma si sono limitati ad eseguirle, sostituendo qualche timido accordo in minore ai giri originali, irrobustendo, discretamente, il basso in qualche sporadico passaggio. Serviva, dunque, un album di covers? Certo sarebbe meglio che gli adolescenti  si rivolgessero direttamente ai cinque albums di  Smith, ma probabilmente costoro neppure sanno chi sia Elliott Smith ed allora un tour di evangelizzazione, compiuto da due artisti dall'aspetto accattivante di esistenzialisti rive gauche, post emo/hippy, con la foto di Sartre incorniciata sulla testiera del letto, può stimolare il desiderio  di confronto con l'autore di tali meraviglie.

 

Sarebbe però stato  opportuno  interpretare il songbook senza cadere nella trappola della riverenza, quasi a voler  cercare di colmare il divario tra la cover ed il karaoke. Sono canzoni di difficilissima re-interpretazione, perché vivono di tensione emotiva libera, dirompente e smisurata e se si  accetta il confronto  con l'autore, se non si cercano nuove downloadchiavi interpretative, se ne esce  con le ossa rotte. Pochi artisti sarebbero capaci di riversare in esse il proprio mondo interiore, il dolore dell'anima disarmante e l'urgenza dicotomica. Sarebbe stato necessario un produttore prodigioso come Rick Rubin, oppure un interprete tutto cuore, dannato ed esagerato come il giovanissimo Nick Cave, accompagnato dalla chitarra innovativa di Blixa Bargeld e con Mick Harvey a curare gli arrangiamenti. La personalità sconfinata di Nina Simone o l'intensità spaventosa di Janis Joplin a rinnovare la magia di flusso emotivo... La disperazione insana e scarnificata di Cat Power... Questo lavoro mantiene invece le strutture originarie, aggiungendo pochi dettagli e sottraendo la devastante potenza emotiva degli originali. Alcuni passaggi sembrano campionamenti dell'opera di Smith eppure, seppur così fedeli, non riescono  a trasmettere le emozioni conflittuali e le correnti carsiche desolate cantate da Elliott.

 

Molte delle sue canzoni suonano aggressivamente solitarie, come se non potesse uscire da se stesso ad interagire con le persone, ma di  questo non esiste traccia nell'album. Pur riconoscendo una certa chimica tra le due voci, Jessica e Seth neppure sfruttano le possibilità del duetto a trasformare i monologhi di originali in conversazioni. Forse sono Elliott Smithostaggio dell'idea di Smith, poeta bellissimo, potente, selvaggio e maledetto, congelati dalla loro passione, incapaci di creare qualcosa che vada oltre la loro idea dell'artista, spaventati dalla sua statura. Qui anche le liriche agghiaccianti di Fond Farawell suonano come un elegia amorosa e i suoni sono sempre,  in punta di plettro, ad accompagnare  storie di amori finiti male, depressione, droga e referti dell'obitorio. Un album che sussurra come una ninna nanna di minimalismo strumentale, intrappolato tra fragili melodie a testimonianza di un artista che si è sacrificato per donarci tutto  troppo presto. Album propedeutico all'acquisto della discografia completa di Smith e che merita un sette per le intenzioni, ma non va oltre il cinque per la realizzazione. 

Voto: 6/10
Francesco Belli

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