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13 Ottobre 2014

Leonard Cohen POPULAR PROBLEMS

2014 - Columbia
[Uscita: 23/09/2014]

Canada                                                                                                # Consigliato da Distorsioni

cohenSul vecchio leone s’è detto tutto (tra l’altro, è appena approdato sulle rive degli ottant’anni): poeta raffinato e profondo, cantautore di gran lignaggio, artista maledetto ma anche votato a una sorta di tormentato misticismo. I suoi lavori lo consegneranno con ogni probabilità alla leggenda, e con pieno merito. Anche questo “Popular Problems” mantiene le promesse, a due anni dall’eccellente “Old Ideas”. La voce, seppur vieppiù arrochita, è ancora maliosa, impastata nel bitume immarcescibile della sua glottide, i testi curati come sempre, virati verso un impianto poetico di prim’ordine, gli arrangiamenti di gran classe, come sempre. Semmai, forse, un uso eccessivo dei cori e dei ‘backing vocals’ che tolgono immediatezza e spontaneità al dettato dell’album. Lo sfondo dominante del disco è quello di un blues quasi proustiano, ora esoterico ora tuffato nei ritmi delle ordinarie pulsioni del quotidiano, con la voce da crooner di Leonard a dominare la materia armonica con picchi di autentica passione. A partire da Slow, traccia nella quale la voce, germogliata dagli asfalti liquidi, di Cohen è preponderante.  

 

Il singolo deputato a lanciare l’album, Almost Like The Blues, è una piana distesa sonora nella quale la voce di Leonard è trapunta degli inserti di voci femminili a supporto, non del tutto convincenti. Intensità notevole rappresenta, invece, Samson In New Orleans, con il tappeto morbidamente modulato degli archi che impreziosisce l’insieme, così come splendidamente poetica è Did I Ever Love You, con accenni di stampo opportunamenteLeonard-Cohen country spalmati su linee di mero richiamo folk. Una concessione a un suono più easy è rappresentata dalla debole Nevermind,  l’episodio più insignificante dell’album, coi suoi ritmi vagamente e pretestuosamente sintetici e gli inserti arabeggianti di dubbia efficacia, mentre già dalla successiva traccia, Born In Chains  - voce sontuosa di Cohen e organo splendidamente dispiegato sul tappeto sonoro complessivo - il livello qualitativo torna ad ascendere, per poi adagiarsi come su distese di petali armonici, a concludere bellamente il disco, nella soffice cantilena, contrappuntata dal violino in poetico effluvio, di You Got Me Singing. Un album che denota, a oggi, che la classe di Cohen è ancora intatta, la sua creatività ancora buona, la sua capacità di ammaliare e affascinare, seppur naturalmente e fatalmente in calando, ancora degna di ammirazione. 

Voto: 6.5/10
Rocco Sapuppo

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