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12 Settembre 2017 ,

Paradise Lost MEDUSA

2017 - Nuclear Blast Records
[Uscita: 01/09/2017]

Inghilterra

 

paradise-lost-medusa-2017-500x500I Paradise Lost di "Medusa" ripartono dal passato e l’ombra lunga della celeberrima sensibilità notturna cala inaspettatamente su questo ultimo lavoro fatto di strappi emotivi e growl inconsolabili; e come spesso avviene il passato non è quasi mai una buona opzione per il futuro. Già con il precedente “The Plague Within” i Paradise Lost avevano succhiato linfa dalle loro origini compositive ed erano riusciti a trattenersi al limite tra il cattivo gusto e lo scolastico che individua l’opera di genio. Non si tratta ovviamente di misurare con il magico calibro della critica la distanza in anticipo o in ritardo dei Paradise Lost da se stessi intenti a comporre “Icon” o “Draconian Times”, e non solo perché lo sbadiglio avrebbe ucciso in anticipo ogni ascolto, ma significa considerare l’originalità una variabile dipendente dall’imitazione. E Holmes e soci si tengono lontani anni luce dalla logica contraddittoria del calco elaborando una intro di 8 primi e 31 secondi, Fearless Sky nella quale l’intera trentennale carriera dei Paradise Lost è tirata in ballo, destrutturata e ricucita all’ombra della malinconia. Nick Holmes per l’occasione sfodera un growl profondo, raramente ascoltato in una versione così pulita, che lo colloca senza dubbio nell’olimpo di questo genere di esecuzione. La precisione con cui il canto clean si intreccia con la struttura pesantissima della canzone, con l’atmosfera crepuscolare e con le gutturalità di cui abbiamo parlato rende Fearless Sky un classico contemporaneo. Non delude allo stesso modo la chitarra del sodale Greg Mackintosh nella quale si fondono senza uguali nel panorama contemporaneo il doom e il death metal in una miscela di quell’unicum chiamato Paradise Lost.

 

[TITLE]A deludere invece è il resto del disco impantanato, come è facile immaginare, tra grandi aspettative e una scrittura un pò imbolsita dal tempo. Blood & Chaos è lì a rappresentare nella sua propria carica sonora ostentata il patetico affaccendarsi della decadenza che allontana se stessa inorridita. Il resto è normale sepolcrale amministrazione eseguita con perizia e sicurezza di mestiere da artigiani che con destrezza producono oggetti in serie dei quali No Passage For The Death, nella sua classica andatura tra il depresso e il cipresso cimiteriale, è una chiara presentazione. Si fa fatica a seguire la band nel suo personale discorso fatto di ridondanti cinerei merletti (Medusa), ossessioni di seconda mano e allusioni nostalgiche imbandite su riff stellari come in From The Gallows. Se non altro si potrebbe dire che la punteggiatura è perfetta, come dimostra Shrines con la sua classe in esubero da dover redistribuire e quel tocco gelido dal quale siamo rimasti ustionati qualche lustro addietro. Se di minore intelligenza si tratta, siamo comunque una spanna sopra la normalità. 

 

Voto: 7/10
Luca Gori

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