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26 Aprile 2021

Foo Fighters Medicine At Midnight

2021 - Roswell Records
[Uscita: 05/02/2021]

Il mito dell’eterno ritorno dell’uguale è la pietra angolare attorno a cui Nietzsche costruisce il mito del superuomo. Nella sua opera massima - "Così parlo Zarathustra" – il filosofo tedesco descrive un pastore che, per divincolarsi da un serpente avvolto attorno al suo collo (simbolo del tempo), lo morde. Il morso in qualche modo simboleggia l’abbraccio della nuova concezione del tempo circolare, che - sempre uguale a sé stesso – ritorna. E’ difficile dire se il volto del pastore di quell’opera fosse quello di Dave Grohl. Certamente, però, il nuovo album dei Foo Fighters -"Medicine at Midnight "- in qualche modo è la prova che l’eterno ritorno dell’uguale esiste. "Medicine at Midnight" (Roswell Records) è esattamente il nome del decimo album che Grohl e compagni hanno rilasciato il 5 febbraio del 2021. Si compone di 9 brani per una durata totale di 36 minuti e 35 secondi di media qualità. La premessa iniziale sull’eterno ritorno trova sostanza nei ritmi che da sempre hanno caratterizzato i Foo Fighters, che continuano a ripetersi in quest’album. Da questo rilievo, si aprono due possibili letture complessive del nuovo lavoro. Da un lato, potremmo dire che i Foo Fighters continuano a fare quello che sanno fare e lo fanno bene. Dall’altro, invece, si potrebbe ritenere che l’eterno ritorno della musica possa generare un senso di stanchezza; anche in chi ascolta il nuovo disco. Nell’opinione di chi scrive, probabilmente, la strada da imboccare è la seconda. Questa tesi è confermata da quella che sembra la carenza più evidente nell’album, e cioè la mancanza di un pezzo veramente all’altezza della storia dei Foo Fighters. In altri termini, se bisogna fare lo stesso tipo di musica a cui il gruppo ci ha abituato, è bene che questa arrivi forte e chiara all’ascoltare. Cosa che sembra non accadere. Ad avviso di chi scrive, infatti, pochi sono gli spunti che si possono trarre da "Medicine at Midnight". Certo, qualche piccola innovazione si può registrare nel singolo Shame Shame, in cui un coro femminile accompagna – forse per la prima volta – la voce di Grohl. Cosa che peraltro si ripete in altri brani, ma senza alterare sostanzialmente l’equilibrio complessivo dell’album. Ancora, No Son Of Mine porta la band accanto a dei ritmi più decisi e schitarrate più dure, forse vicine al metal anni novanta. Tuttavia, anche qui manca la fermezza che porta a contaminare tutto il lavoro con questi caratteri. Insomma, in qualche maniera, è possibile che al loro decimo album i Foo Fighters si siano trovati al bivio tra le due alternative: continuare a soddisfare i vecchi fans; oppure, sperimentare. Purtroppo è probabile che, mirando ad entrambi, non siano riusciti a raggiungere alcuno degli obiettivi che si erano proposti. Fatta questa valutazione prospettica, va detto, però, che l’album strappa una sufficienza dovuta alla discreta qualità dei singoli pezzi. A ciò si aggiunga che una strizzata d’occhio, nel senso della simpatia, non si può neppure negare per le modalità in cui l’album è stato registrato. Dopo aver affittato una casa abbandonata, infatti, Grohl e sodali hanno lavorato là dentro, costruendo uno studio in camera da letto; registrando la batteria in soggiorno, e le voci nel bagno. Insomma, se una cosa rimane in linea di continuità con il passato è la genialità, la genuinità e la forza dei Foo Fighters; che pure qui non si esprime al meglio. Fuori da quest’ultima corretta forma di continuità con la propria tradizione, suggeriamo a Dave di abbandonare Nietzsche, e magari di passare a Marx.

Voto: 6/10
Andrea Costa

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