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18 Settembre 2018

Interpol MARAUDER

2018 - Matador Records
[Uscita: 24/08/2018]

Stati Uniti

 

5b33ec2f69059Diciamolo subito: “Marauder”, sesto lavoro della band newyorkese capitanata da Paul Banks, non è il miglior lavoro degli Interpol, e probabilmente neppure uno dei loro migliori, ma rappresenta un punto di passaggio nella chiara volontà di distaccarsi da quel clichè che li ha un po’ imprigionati in icone della ondata revivalista post-punk che ha coinvolto anche band come gli Editors. Uscire con un debutto come “Turn on the bright lights” che aveva fatto gridare al miracolo e li aveva subito eletti a paladini del genere diventa un fardello pesante da sostenere, e così nei dischi successivi, anche se trapelava la voglia di sperimentare qualcosa di diverso, si ritrovavano sempre quei tre/quattro pezzi alla Turn on che probabilmente fungevano da ancora di salvataggio dalla possibile deriva dei fans della prima ora. A questa mini svolta ha certamente contribuito il coinvolgimento di una produzione esterna affidata a Dave Fridmann (già al lavoro con nomi quali Falming Lips, Low, Weezer, Mogwai, Mercury Rev ed altri), che sembra portare gli Interpol più verso un versante rock intinto di venature alla Soft Moon e Beach Fossils: complice di ciò anche la decisione di registrare il tutto in presa diretta così da non ritornare troppo sulla vena emotiva del momento.

 

L’inizio è molto promettente con la sequenza If you really love nothing, la melodia accattivante del primo singolo The Rover, Complications e Flight of fancy, per poi perdersi un po’ per strada con brani riempitivi come Mountain child, Surveillance e Number 10 oltre inalle due microsongs Interlude 1 e Interlude 2. Probabilmente si sarebbe potuto limitare la lunghezza ad una decina di brani così da rendere più fluido l’ascolto e dare meno la sensazione di prolungamento inutile. Tutto rende questo ultimo lavoro degli Interpol un’opera ancora una volta incompiuta, in bilico tra rinnovamento lasciato a metà e marchi di fabbrica, come la chitarra di Daniel Kessler, chitarrista sottovalutato, e la batteria di Sam Fogarino che in questo disco risulta particolarmente prorompente.

Un giudizio sufficiente ma che lascia un certo amaro in bocca per la sensazione che i nostri potrebbero fare molto di più se solo osassero in maniera più convinta. 

 

Voto: 6,5/10
Ubaldo Tarantino

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