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12 Settembre 2012 , ,

David Byrne and St. Vincent LOVE THIS GIANT

2012 - 4AD/ Todo Mundo
[Uscita: 10/09/2012]

David Byrne e St Vincent “LOVE THIS GIANT# Consigliatissimo da DISTORSIONI

 

Due menti tra le più raffinate del mondo della musica pop si incontrano. David Byrne non ha bisogno di presentazione (se c'è l'ha vado immediatamente a fare la rivoluzione, anche da solo). St. Vincent (all'anagrafe Anne Clark) ha firmato due dischi, “Actor” e “Strange mercy”, tra i più belli degli scorsi anni. La bella coppia, diciamolo subito, funziona. Innanzitutto spiazza con gli arrangiamenti scelti: la musica del disco è suonata quasi esclusivamente da una sezione di fiati e dalla programmazione ritmica curata da John Congleton. Le chitarre fanno poco, qualche intervento sghembo qui e là, memori del passato di “testa parlante” di Byrne. Le voci inconfondibili dei due, che firmano a quattro mani dieci canzoni su dodici, si alternano come soliste, e duettano nel trascinante brano d'apertura Who, scelto anche come singolo. Un limite si può trovare: le due anime non si sono fuse fino in fondo, qualche brano suona troppo Byrne, qualcuno troppo St. Vincent, ma il disco si ascolta che è un piacere. David torna ad essere ispirato come non lo sentivamo da tempo; Anne si conferma scrittrice impagabile, come in Ice age, canzone perfetta come le migliori dai dischi precedenti. L'arrangiamento basato sui fiati potrebbe far pensare a suggestioni africane o latinoamericane, viste le passioni di Byrne, ma queste sono molto sulla sfondo, la musica che ascoltiamo è inclassificabile, se non alla voce “pop intelligente”, si può pensare pensino a influenze barocche o del neoclassicismo di Nyman.

 

Geniale il sax baritono strumento ritmico in Weekend in the dust, funky gelido post-tutto, col falsetto di Anne, voce un po' metallica che a tratti ricorda Siouxsie, che doppia gli ottoni. Trombe, tromboni e corni si intrecciano impreziosendo Dinner for two, con ricami elettronici che fanno capolino. Le creatività profusa negli arrangiamenti è molta, ascoltate gli sprazzi swinganti di I am an ape o i fraseggi ostinati di The forest awakes, con assolo di chitarra sgangherato alla Flying Lizards, benché la soluzione base sia sempre quella, fiati più ritmi, le partiture variano continuamente e non ci si annoia mai. Questo disco non si può definire un capolavoro in assoluto ma è comunque sopra la media dell'annata, che per quanto mi riguarda non ha picchi stratosferici. Fa piacere sentire un grande vecchio mantenersi su alti livelli e una giovane allieva  su cui avevo puntato dall'inizio confermarsi come testa tra le più ispirate. Dato che St. Vincent ha iniziato come collaboratrice di Sufjan Stevens, personaggio un po' scomparso, si può dire che in fatto di pop magniloquente l'allieva ha superato il maestro.  Finalmente qualcosa che anche l'ascoltatore più smaliziato non trova risaputo. 

 

Alfredo Sgarlato

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