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19 Aprile 2015 , ,

Föllakzoid III

2015 - Sacred Bones Records
[Uscita: 31/03/2015]

Cile  #Consigliatodadistorsioni

 

follakzoidFin dal nome della band si è portati a pensare ad un nuovo gruppo tedesco che guardi al passato glorioso del Krautrock: come se non bastasse, non c’è nemmeno un titolo per questo ultimo album uscito, come da tradizione sia con i precedenti che con teutonici - e gloriosi - esempi. C’è solo una numerazione per questo terzo lavoro, che quindi non poteva avere un titolo diverso da “III” (rigorosamente in numero romano). Il quartetto Föllakzoid proviene imprevedibilmente da Santiago del Cile. Ognuno di essi ha una seconda anima artistica: Juan Pablo Rodriguez (basso, voci) è il direttore del Sangre Fresca Music Festival, Diego Lorca (batteria) è un fotografo, Alfredo Thiermann (tastiere) è un architetto ed infine abbiamo il regista Domingo Garcia-Huidobro (chitarra elettrica) che ha da poco terminato di girare il suo primo lungometraggio (è sua la firma del video di Electric). Ma veniamo alla musica, ovvero al collante che tiene insieme questi quattro amici: se il precedente LP indugiava molto sul motorik beat, ovvero il 4/4 più abusato da tutto il krautrock - Can, Neu, Faust, Kraftwerk, Amon Duul II -, il nuovo LP avrebbe potuto altresì intitolarsi “New Space Adventures in 4/4”. Diviso in quattro lunghe pièces sonore, nell’arco di 40 minuti si ha la possibilità di viaggiare nel cosmo, pur rimanendo a terra, immaginando d’esser alloggiati su di una poltrona fluttuante all’interno di una sfera protettiva e trasparente, o se si preferisce, all’interno della capsula di David Bowman che entrò nel monolite orbitante intorno a Giove in "2001 Odissea Nello Spazio"

 

I titoli stanno là per dare una rotta, un punto da cui osservare, e sappiamo dai tempi di Einstein che la realtà è strettamente legata alla posizione di colui che la osservi, ma qui è la meccanica quantistica a farla da padrone: il messaggio o l’informazione viaggiano istantaneamente, sfidando il principio relativistico di località; poco importa che ci si trovi sulla Terra, nel mezzo di una nebulosa o nell’orbita di un vortice di rocce che in futuro diverranno un pianeta, saremo sempre ‘vicini’ all’idea di Pulsar, traccia che chiudeva “II”. Reiterando minimali folkvariazioni monocorde sul ritmo circolare e pulsante che permea l’intera opera, veniamo dapprima lanciati da Electric in un ammasso di polveri, quasi un residuo di una supernova appena esplosa: i suoni degli strumenti sembrano provenire da lontananze galattiche, dalle quali emerge qua e là la flebile voce di Rodriguez (presenza glaciale pronta ad emergere lungo tutto l’album), ma sempre in secondo piano rispetto al suo basso, vero perno su cui ruota l’intera struttura. Poi, intervallati da glitch o rumori a dar l’idea di un viaggio o di un passaggio nello spazio tempo, ci ritroviamo dentro l’atmosfera terreste - Earth - ad assistere ad un rito tribale Inca di qualche secolo fa: tutte le componenti divengono più nitide e prossime all’ascoltatore-viaggiatore, ed il ritmo pulsante diviene una sorta di danza cosmica, un adattamento musicale al rumore di fondo del Big Bang. 

 

Malgrado ciò la traccia non è meno alienante della prima e l’ipnosi già indotta fin dall’inizio del disco, diviene sempre più profonda. Piure emerge dalla coda degli echi di glitch, in crescendo, che chiudono la traccia precedente: siamo di nuovo nello spazio profondo e folk1per la prima volta la batteria varia leggermente rispetto a quanto sentito sinora, placandosi nel ritmo e aumentando le sfumature. L’elemento portante qui diviene la chitarra, le cui sferragliate spettrali guidano i cambi d’atmosfera, contribuendo a creare forse il massimo dell’intensità emotiva di tutto l’LP. A chiudere ci pensa Feuerzeug, la più breve del lotto (9:07): un accendino astronomico, un astro nascente, anch’esso spossato qua e là dai mini riff della chitarra tagliente come una lama. Con III il quartetto cileno approda ad un sound più personale, oscuro, forse anche grazie alla collaborazione con Atom TM, definito dagli stessi Föllakzoid “German electronic maestro” (ha utilizzato il synth Korg tanto amato dai Kraftwerk negli anni ’80) anche se il concetto è forse ripetuto in maniera eccessiva. Per assaporarlo appieno è necessario un discreto numero di ascolti, che rivelano ogni volta particolari nuovi. 

 

Voto: 7/10
Davide De Marzi

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