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8 Ottobre 2013

Massimo Volume ASPETTANDO I BARBARI

2013 - La Tempesta
[Uscita: 01/10/2013]

massimo volume cover# CONSIGLIATO DA DISTORSIONI

 

Visioni notturne lungo strade deserte sferzate dalla pioggia, a tratti illuminate da lampi lividi.  Immagini che appaiono e scompaiono, fotogrammi di esistenze perdute alla ricerca di ciò che è stato o non sarà mai. Appunti di viaggio su fogli sparsi a descrivere il naufragio. I ricordi alle volte riscaldano, alle volte sono gelidi come algide lame di luce. I Massimo Volume sono tornati ad accompagnarci lungo il cammino senza meta delle nostre speranze malandate. “Aspettando i Barbari” è il secondo capitolo della loro rinascita. A distanza di tre anni da “Cattive Abitudini” Emidio Clementi torna a dipingere in versi figure minime dai tratti universali, immerse in paesaggi e situazioni che trascendono il reale per rivelarsi come luoghi dell'anima. Il suo recitato febbrile ed evocativo illumina versi che attingono più alla tradizione della parola scritta che all'universo della forma canzone, tracciando percorsi descrittivi di un'intensità tale da guidare i pensieri e le emozioni dell'ascoltatore come se si sfogliassero le pagine di una raccolta di racconti. In Dio delle zecche il testo del sociologo e poeta Danilo Dolci  (l'unico non scritto da Clementi) ci offre il ritratto di un'umanità dolente assediata dall'ombra e dal quotidiano orrore del nulla dominante: “Vince chi resiste alla nausea, chi perde meno, chi non ha da perdere... vince chi non s'illude... Noi che accendiamo lumi per nasconderci le luci”. Una  linea di synth cupa e costante circonda oscura l'intero brano.

 

Un disegno ritmico ossessivo accompagna la lenta marcia. E la voce straziata e straziante è lì ad elencare il disperato incedere dei destinati alla sconfitta, dei già sconfitti, di chi ostinatamente, ma invano, non vorrebbe rassegnarsi ad essa. Ed è il ricordo dell'orizzonte ormai lontano dell'addio, della partenza non verso un dove, ma via lontano da una stasi fisica e mentale a creare La Cena: “Oh madre, il vento scuote ciò che cede, le insegne, i rami, le catene, le foglie morte dell'amore, riuniti qui a consumare il piatto freddo della cena, la vita stinta nell'attesa”. Un nevrotico intreccio di synth , chitarre emassimo-volume basso che si apre drammaticamente in un vuoto pregno di pathos elettronico, minimale. Le tastiere quasi un bordone. Un ponte sonoro dilaniato da stilettate chitarristiche ora ritmicamente ossessive ora dolorosamente acide e disperate: “Dimmi la strada, dammi un secondo, indicami il modo per girarci intorno”. E  il bisogno di un rifugio durante la fuga si fa urgenza nel sospeso  mid-tempo di Aspettando i Barbari:”Ora che l'orizzonte è in fiamme noi rincasiamo, serriamo in fretta le imposte, mettiamo in ordine i fogli, le provviste, i vestiti smessi dell'estate, in attesa dei barbari”. Un elegante intarsio di basso e batteria a descrivere la drammatica attesa.

 

Squarci elettrici ad evocare la paura crescente dell'inevitabile avvento. Fantasmi si affollano nell'attesa. L' ombra di Vic Chesnutt, la sua vita breve d'uomo e d'artista eppure così densa di pulsioni creative, la sua fame ad un tempo di vita e di morte generano ricordi ed impressioni da assaporare prima del baratro: “Ricordati di Chesnutt quando leggi Stevens... quando guardi Guston... quando ascolti Ritchman... quando ascolti Glue man... Ricordati di Chesnutt, una corona di spine poggiata sul palco tra la chitarra e le spie”. Claustrofobica omelia elettrica... il suono d'insieme generato da singole tessere adrenaliniche a formare, più che altrove, un mosaico sonico di devozione e rabbia repressa. L' ombra di Richard Buckminster in Dymaxion Song, il suo sogno architettonico globale, la sua visione volta a migliorare la condizione umana attraverso l'estro e il progetto: “Ho messo chiodi tra le corde, ho preso il vuoto dalle stelle & l'ho sparso lungo le strade del mondo & sulla vostra pelle... vi piaccia o no”. Tribale, acido. L'eco di Johnny Rotten/Lydon nell'urlo ecumenico di Clementi. Ombre di vecchi amici.

 

massimo-volume-aspettando-barbariLa Notte le riporta tutte: “E io? Io aspetto qui e mi affido alla notte che confonde le tracce, che nasconde i rifiuti, che ritorna costante”. Ombre di chi si immola in nome di un Dio, di un'Ideologia, di un Nulla: “Addestrati alla guerra... Gli uccelli sul tetto la notte... frugano tra le rovine del nostro mondo perfetto”. Fra Velvet Underground e C.S.I. è Compound... distorsioni e armonie... il buio e le fiamme di un attacco. Vittoria e devastante consapevolezza di un nemico eterno.  Di noi vissuti come nemico eterno.  Ma Silvia Camagni cercò di lasciare il nostro e il suo incubo: “Poi in un bar lungo la strada un ragazzo  le chiese della sua solitudine... e lei rispose: sono la vedova dei vent'anni mai passati, le mie bottiglie sono vuote o sono chiuse, ma la strada è fatta anche per questo... e se vuoi ti aspetto”. Fra arpeggi e ritmiche rabbiose, fra storia vissuta e deliri evanescenti Il nemico avanza e assale o assedia, è cacciatore o preda. Dal Mekong ad Algeri, dal mignolo al cervello. Fino alla sublime danza macabra di Da dove sono stato: Camerieri, cantanti, arguti figli di papà, bukowsky butterati... di fronte a tutti voi io umilmente m'inchino”.  Le preziose chitarre di Egle Sommacal e Stefano Pilia. La viscerale batteria di Vittoria Burattini. Il basso, la voce e i testi di Emidio Clementi. La splendida copertina di Ryan Mendoza. Il Viaggio continua...

 

Voto: 8/10
Maurizio Galasso

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