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15 Settembre 2017 , ,

Dead Cross DEAD CROSS

2017 - Ipecac/Three-One-G
[Uscita: 04/08/2017]

Stati Uniti   #consigliatodadistorsioni     

 

dead-cross-cover-1024x1024Cosa avviene se per una volta una definizione lacera come quella abusata di supergruppo diviene l’unica forma linguistica adeguata per la descrizione di un fenomeno? Succede che almeno per una volta non ci troviamo solo di fronte ad una descrizione ma anche ad una connotazione. Ad esser super nel caso di Dead Cross non è solo la provenienza dei singoli musicisti da band più o meno rilevanti per il genere umano che spesso fa bene ad ignorarne sia l’origine che il destino; ad esser super qui, invece, è la portata estetica di “Dead Cross”. I nomi coinvolti nel progetto sono effettivamente proporzionali a tale impresa:  Dave Lombardo, che solo per pleonasmo ricordiamo alla batteria negli Slayer e il pleonastico in sé Mike Patton alle voci ricordano da vicino la fusione dell’atomo. Erano anni che non ci arrivava alle orecchie una sequela di suoni così inafferrabile, violenta e mostruosa. L’espressione italiana, sempre meno utilizzata ma dotta nell’uso e nell’origine, è quella che meglio esprime l’impatto con la forma sonora che si esplicita in Seizure and Desist, brano di apertura dell’album omonimo della band: il pezzo veramente «fa specie», cioè balza fortissimo allo sguardo imponendosi all’occhio nella sua dismisura prima che alla mente; ma anche perchè, giocando liberamente con le etimologie, costituisce un specie a sé, quasi un nuovo genere fatto di mille voci in quella di Patton.

 

dead

A completare il quadro ci sono poi Justin Pearson dei Locust e Michael Crain che rimpolpano di sana sostanza architetture sghembe e ironia nonsense nella sua tecnica letteraria specificità. Idiopathic è il manifesto hardcore di una nuova leggerezza della perversione vissuta con il sorriso sulle labbra deformate da velocità prossime a quelle della luce. Da quelle parti si aggira anche la sorprendente Grave Slave,  un saggio di trash-stone-death metal al tempo dei social media con tanto di bacetto finale (fuor di metafora) all’ascoltatore ancora ansimante dietro un battito di cassa ansiogeno. Per chi avesse ancora voglia di divertirsi si chiude logori con la maledettamente scorretta Church Of The Mutherfuckers sorretta da un eloquente intro vocale che inneggia a un inequivocabile solenne «coyote». Ci troviamo dalle parti della migliore avanguardia, il nome se proprio occorre farlo è quello dei francesi Art Zoyd. Un gioiello a suo modo ineguagliabile (regala anche un sentito omaggio ai Bauhaus di Bela Lugosi's Dead) che, crediamo, modificherà in modo persistente la fruizione della musica estrema contemporanea. Senza attendere dicembre vi presento uno dei miei dischi dell’anno. 

 

Voto: 8,5/10
Luca Gori

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