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12 Giugno 2017

Avishai Cohen CROSS MY PALM WITH SILVER

2017 - ECM
[Uscita: 5/05/2017]

Israele-Stati Uniti 

 

Del validissimo trombettista Avishai Cohen, di origini israeliane ma trapiantato da molti anni a New York, s’erano già avute diverse prove di alto valore discografico (“After The Big Rain; “Flood”; Seven”). E’ di questi giorni la pubblicazione del suo nuovo album, via ECM, “Cross My Palm With Silver”. Cohen ha come modello d’elezione, per sua stessa ammissione, nientemeno che un gigante del jazz e della musica contemporanea ex integro, Miles Davis. Affiancato da Yonathan Avishai al piano, Barak Mori al contrabbasso e Nasheet Waits alla batteria, Cohen realizza un’opera dalla cristallina nettezza di forme. Suoni tersi e levigati come da una fresca brezza primaverile, contenuti di pregevole valore sociale in ordine all’auspicio di una fratellanza tra i popoli israeliano e palestinese, e planetaria in genere, che, purtroppo, rischia di vestire i panni dell’utopia socio-politica, visti i tempi funesti. Cohen cerca di tramutare la linea della tromba in un ponte ideale di dialogo e amicizia tra le diverse etnie, le differenti visioni del mondo e le multiformi concezioni religiose. Obiettivo lodevole, quantunque troppo ambizioso, invero. La musica, però, è un prezioso ricamo di trame jazz, suscita visioni di favolosi tramonti annegati in mari color ocra, o d’albe immemoriali tessute nel pervinca di cieli inattingibili.

 

Cinque frammenti di pura meditazione per strumenti jazz: Will I Die, Miss? Will I Die?, traccia iniziale, contempla il suono della tromba come scaturente da sorgive segrete dell’anima, impreziosito dal tocco lieve del piano di Yonathan; al sassofonista americano e amico Jimmy Greene, poi, Cohen intesta il brano successivo, Theme For Jimmy Greene, in cui la tromba compie evoluzioni stilistiche di ottimo livello, con rimandi armonici alquanto accattivanti; il breve segmento di 340 Down conferma la sonorità rettilinea della tromba di Cohen che dialoga, su una base di assoluta sobrietà, con l'eccellente sezione ritmica, mentre ai raffinati intarsi del piano, in Shoot Me In The Leg, subentra un ritmo più incalzante, un suono che frastaglia le note in particole fino ad assurgere a toni da free jazz. Uno spiccato significato di denuncia socio-politica assume, poi, l’ultimo tassello dell’album, 50 Years And Counting, che fa riferimento a una risoluzione dell’Onu, statuita esattamente mezzo secolo fa, contemplante il ritiro di Israele dai territori occupati, e tuttora disattesa a cagione di assurdi e colpevolmente inestricabili problemi interpretativi e burocratici. Un album di notevole fattura.

Voto: 7,5/10
Rocco Sapuppo

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