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20 Maggio 2016

Charles Bradley CHANGES

2016 - Daptone Records
[Uscita: 01/04/2016]

Stati Uniti   #consigliatodadistorsioni   

 

bradley folderCharles Bradley nasce a Gainesville, Florida, U.S.A. nel 1948. Viene abbandonato a otto anni, vive di espedienti, per strada, dormendo nelle macchine abbandonate. Fa il cuoco per dieci anni nel Maine, poi decide di spostarsi a ovest, in autostop, passando per New York, il Canada, Seattle, l’Alaska e, alla fine, nel 1977, si stabilisce in California, continuando a vivacchiare di lavoretti e arrotondando con qualche esibizione, accompagnato da band estemporanee e perseguitato da un’innata timidezza, per cui spesso deve essere spinto sul palco.

Charles Bradley torna a Brooklyn nel 1996, chiamato dalla madre, e, pur tra varie traversie personali, inizia a mettere a frutto il suo dono, la sua voce così simile a quella del “Godfather of Soul”, James Brown, e, vinta la “stage fright”, mette in piedi una carriera come imitatore del vecchio James sotto il nome Black Velvet. Dopo tanta cattiva sorte, finalmente pesca il jolly: Gabriel Roth, boss della Daptone Records, lo nota e lo presenta a quello che è diventato il suo chitarrista e produttore, Tom Brenneck. Siamo nel 2002, Charles viene invitato ad una prova della Menahan Street Band, il gruppo di Brenneck, loro suonano e lui si inventa il testo sul momento, il gioco è fatto.

 

bradleyDopo una serie di singoli, finalmente, nel 2011, esce il primo long playing, “No Time For Dreaming”, quando Charles ha già sessantatre anni, con materiale già edito e pezzi nuovi, seguito due anni dopo da “Victim Of Love” e ora da questo “Changes”. Il tutto sembra un film: infatti il regista Poull Brien ha girato nel 2012 un documentario sulla vita di Bradley, “Soul Of America”, presentato in vari festival. Però è tutto vero, il nostro arriva davvero dal lato oscuro dell’America; la “terra delle grandi opportunità” non è stata generosa con lui, però, seppure in età avanzata, in qualche modo l’ha ripagato. E lui paga il suo tributo agli States iniziando questo terzo lavoro con God Bless America, l’inno patriottico composto da Irving Berlin, facendolo seguire da una cascata di soul e rhythm’n’blues in cui la sua possente voce trova il perfetto sottofondo nella sezione di fiati, bradsempre presente, nel groove funkeggiante della chitarra e della sezione ritmica, nell’organo vellutato.

Un capitolo a parte merita la title track, un’insospettabile cover quasi gospel di un pezzo originariamente presente sul quarto disco dei Black Sabbath. Per citare composizioni originali, specificando che il livello è generalmente alto rendendo la scelta complicata, ricordiamo con particolare piacere Ain’t Gonna Give It Up, funkettone in stile Motown, Ain’t It A Sin, altro funk irresistibile, Good To Be Back Home, pezzo dal groove trascinante in cui il fantasma di Mr. Dynamite si impossessa dell’ugola di Charles. Ci fermiamo qui: Charles Bradley è un grande “soul man” e questo è un grande disco.

Voto: 8/10
Luca Sanna

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