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14 Agosto 2018

Bellini BEFORE THE DAY HAS GONE

2018 - Temporary Residence Records
[Uscita: 27/07/2018]

Italia-Stati Uniti  #consigliatodadistorsioni     

 

bellini-Before-The-Day-Has-Gone-e1530873226828La storia artistica dei Bellini, band italo-americana, serpeggia come un fiume carsico all’interno dell’impervio panorama del noise-rock internazionale. Band formata nel 2001 dalla spina dorsale dei valorosi Uzeda (unica band italiana, oltre alla PFM, ad avere inciso un album con il leggendario John Peel), formidabili esponenti da un trentennio del rock catanese, ovvero Agostino Tilotta alla chitarra e la moglie, Giovanna Cacciola, al canto, dal batterista dei Don Caballero, Damon Che, poi transfuga e rimpiazzato alle pelli da Alexis Fleisig (Soulside), e da Mattew Taylor, già coi Girls Against Boys, al basso. Sotto l’ala protettiva del grande Steve Albini (Shellac) che aveva già prodotto gli Uzeda, il combo incise il primo album nel 2002, “Snowing Sun”, cui fecero seguito “Small Stones” nel 2005 e “The Precious Price Of Gravity” nel 2009. A quasi dieci anni di distanza, vede la luce per i tipi della Temporary Residence l’ultima opera, “Before The Day Has Gone. Dieci frammenti di noise-rock potente e ustorio.

 

Ai riff chitarristici al vetriolo di Agostino Tilotta fa da contraltare la voce sotterranea di Giovanna, con una sezione ritmica ora martellante ora modulata sui toni dell’escursione sulfurea nelle regioni infere dell’animo umano. Brani come Greek Fire, dall’incedere luciferino, strumenti come tuffati nella soda caustica e voce proveniente da profondità abissali, o Two Ears One Mouth, nenia funerea con pronunciate vene di inferma psichedelia, rendono già il senso dell’intensità dell’album. I potenti graffi della chitarra di Agostino screziano il tessuto sonoro di Clementine Peels, bellini0013414619_10tarsiandolo di poderosi inserti hard-core, mentre il più sofisticato post-rock connatura la cavalcata desertica di Il Maestro/If I Could Say, sette minuti di immersione lisergica nel cuore profondo del suono più acido, con improvvise virate folk a impreziosirne l’ordito. Slow Talker fa risaltare la voce frammentata e saliente da dirupi impenetrabili di Giovanna, con la chitarra a martellare su note abissali e la sezione ritmica modulata su un ossessivo pulsare infernale. Il maniacale picchiare delle percussioni con squarci di chitarra a devastarne l’impianto in Promises, con la voce della Cacciola sempre di un’intensità inquietante a sovrastare il tutto, e il possente noise-core della conclusiva Whales In Space, nella quale emergono quanto mai le straordinarie doti chitarristiche di Agostino, suggellano un lavoro di assoluto livello.  

 

Voto: 7,5/10
Rocco Sapuppo

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