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20 Settembre 2015

Motörhead BAD MAGIC

2015 - UDR
[Uscita: 28/08/2015]

Inghilterra   

 

PrintDimentichiamo, per quanto è possibile, tutte le sovrastrutture che s’accompagnano, o che si sono accompagnate nei quarant’anni di un’onorata, irresistibile, carriera nell’ambito dell’heavy-metal, alle prestazioni meramente musicali dei Motörhead. Non ci interessa, soffermarci sugli eventuali significati politico-ideologici che può assumere la croce nazista che Lemmy, al secolo Ian Fraser Kilmister, fondatore e frontman, porta al collo - e non già perché non vogliamo neanche lontanamente legittimarli e meno ancora condividerli -, né stabilire se l’ammirazione nei confronti di un alto esponente del Terzo Reich (che non è Hitler, come precisa l’interessato) possano avere un’incidenza, nel bene e nel male, sull’ascolto della musica della band londinese. Liberati da ogni orpello mettiamo orecchio a questo "Bad Magic", l’album che i Motörhead hanno scelto per celebrare il loro rotondo anniversario, in un momento particolare della loro carriera, nel quale per i problemi di salute che affannano il loro leader sono stati costretti ad annullare concerti e a rallentare la loro corsa verso nuovi traguardi artistici.

 

Ad un ascolto volutamente lucido e non di pancia, i nuovi Motörhead rivelano le loro solite impalcature d’acciaio, attorno alle quali si dipanano solide architetture di suoni, dal carattere assai deciso, con svisature, distorsioni, ossessionanti ritmi, in una ricetta motormusicale che alla lunga risulta un tantino stanca e che parrebbe ripercorrere vecchie e più comode strade. 

Se hanno la loro forza e la loro efficacia il drumming puntuale e deciso esercitato sulla sua batteria da Mikkey Dee - buoni i risultati nell’intro della quarta traccia, Shoot Out All Your Lights -, così come i “rumori organizzati” che Phil Campbell riesce a ricavare dalle corde del suo strumento (in The Devil gli fa compagnia, con la sua chitarra che dà suoni meno oscuri l’ex Queen Brian May), mentre lo stesso Lemmy mette il suo basso al servizio dei compagni, è il prodotto finale che non ci pare particolarmente stimolante.

 

A proposito di Lemmy c’è da dire che la voce del quasi settantenne leader (festeggerà il compleanno numero settanta poco prima del prossimo Natale) pare esprimere più un senso di rassegnazione che la forza trasgressiva del rock. Tant’è che la sua voce roca headrisulta più credibile, quando affronta Till the End, una ballad tra gli episodi migliori della raccolta. E nelle ballad, si può considerare una regola sempre rispettata, i “duri” offrono la loro faccia tenera. E per lo più con apprezzabili risultati, come in questo caso.

Procedendo fino alla fine, si scopre che la tredicesima traccia dell’album, l’ultima, è niente meno che la cover di un bellissimo classico dei Rolling Stones, la mitica Sympathy for the Devil. Convinti che la versione di Lemmy non sia particolarmente intrigante, anche rispetto alle tante altre cover che di questo pezzo sono state realizzate negli anni, senza voler minimamente coinvolgere l’originale di Mick Jagger, ci sfuggono i motivi di questa scelta.

 

Voto: 6.5/10
Nello Pappalardo

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