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5 Luglio 2021 , ,

CLUSTERSUN Avalanche

2021 - Icy Cold Records
[Uscita: 20/05/2021]

Il suono è la matrice di tutto, della sostanza così come della realtà immateriale. Nella profondità del suono risiede la voce interiore che coincide con la verità, al netto delle proiezioni illusorie dell’inconscio. L’artista è colui che cerca incessantemente la propria dimensione, un perimetro invisibile entro cui cristallizzare una idea di vita che definisce un determinato momento della propria storia personale. Dall’ascolto di “Avalanche”, l’ultimo album dei Clustersun, pubblicato a distanza di quattro anni da “Surfacing The Breathe”, si avverte quanto la band catanese abbia sviluppato compiutamente le potenzialità di un percorso di ricerca che sembra coincidere con una raggiunta maturità di visione. La nuova musica di “Avalanche” si nutre delle stesse suggestioni fortemente radicate nel post-punk, nella new wave, nel krautrock e nello shoegaze, con la differenza che ogni cosa oggi risulta perfettamente in linea con la quadratura di un cerchio esistenziale. Il dato che rende quest’ultimo lavoro differente rispetto ai precedenti è il maggiore spessore di personalità, in quanto la scrittura dei nuovi brani accoglie al suo interno il residuo di esperienze accumulate in questi anni e piccole fratture dell'anima. Il suono è più scuro, immerso nella placenta di un cosmo sconosciuto in cui, mentre alcune stelle esplodono, altre prendono vita in un ciclo temporale senza fine. Tecnicamente colpisce l’estrema cura affidata alla produzione che rende le chitarre di Mario Lo Faro arcipelaghi multiformi e tridimensionali pronti ad ergersi dalle strutture ritmiche di Marco Chisari e Andrea Conti. Probabilmente mai i Clustersun hanno avuto suono migliore, questa spinta fisica che sposta l’aria e satura gli spazi lasciando i contorni delle cose definiti alla perfezione. Continuare a parlare di shoegaze è riduttivo e non definisce del tutto le coordinate dei Clustersun le cui rifrazioni arrivano a lambire tanto le terre della psichedelia texana di derivazione Black Angels con i loro apparati di alienata ieraticità, quanto le strade infinite dei cileni Föllakzoid, passando per le pulsioni autolesioniste dei Soft Moon, il tutto senza mai scadere nella mera riproposizione. L’opener Desert Daze è una tempesta che travolge con il suo muro di distorsioni sempre in controllo, la successiva All Your Pain si muove sulla linea orizzontale di una kosmische autobahn con la propulsione di un infinito battito in levare, mentre Closer/Deeper è avvolta da un bozzolo noise. Juggernaut vive di spleen alla Placebo frammisto a derive post-rock prossime ai Mogwai, Avalanche (Legion 5) ha un mood che ricorda le declamazioni di Alex Maas e l’incedere rituale dei Black Angels di “Direction To See A Ghost”. Dopo gli interstizi claustrofobici di Barricades, innervate da spore Interpol, arriva il basso sinuoso di Sinking In To You (uno dei brani più significativi della tracklist) a liberare avvolgenti languori emotivi. Con Avalanche” i Clustersun si sono liberati definitivamente di se stessi, spalancando le finestre della loro confort zone per farvi entrare luce nuova. Si può andare lontano e voltarsi solo per misurare con lo sguardo la distanza percorsa. Ed è proprio per questo che l’album non solo segna una svolta per la band ma rende i precedenti lavori un semplice fermo immagine di ciò che d’ora in avanti non potrà più essere lo stesso.

Voto: 7.5/10
Giuseppe Rapisarda

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