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10 Dicembre 2012

Eric Burdon and the Greenhornes APOLINERE ENAMELED EP

2012 - Readymade Records
[Uscita: 23/11/2012]

eric-burdon# Consigliato da DISTORSIONI

 

Non è certo la prima volta nella sua decennale lunghissima carriera che Eric Burdon, il leone di Newcastle, uno dei più grandi lead singer in assoluto di tutta la storia del rock blues - a partire dai suoi gloriosi The Animals negli anni ’60 - si ‘allea’ occasionalmente, anche se per lo spazio di un solo disco con una band di musicisti molto più giovani di lui. Ha sempre adorato farlo, perché quell’indistruttibile ed orgoglioso pathos che ha sempre caratterizzato le sue performances in studio e sui palchi, la sua concezione ‘negroide’ e sudata del blues e del rock ha sempre trovato partners ideali  nei giovani virgulti e nella loro energia. 

 

Eric ha suonato e collaborato con artisti di svariata nazionalità, europei, americani, afro-americani ed è raro che abbia sfornato dischi meno che decenti:  una per tutte, la sua collaborazione negli anni ’70 con gli War. Questa volta tocca ai Greenhornes, un ottimo quartetto garage di Cincinnati, Ohio, che tra l’altro ha intrattenuto in passato rapporti di produzione con l’onnipresente santone del garage blues americano Jack White; i Greenhornes erano fermi al 2010 con il loro quarto album “****”  Four Stars (ne trovate recensione in calce a questo articolo) e  dovrò chiedere a Burdon,  magari ci provo, come è addivenuto a chiedere loro di fargli da backing band in questo EP di appena quattro brani  (ne avremmo certo graditi di più) che si aggira sui 17 minuti, prodotto da Brendan Benson, uscito su vinile in occasione del Record Store Day il 23 novembre 2012.

 

In realtà il termine backing band è un po’ riduttivo nei confronti dei Greenhornes,  capitanati dal chitarrista Craig Fox che in due brani almeno, Can you win e Black dog  sono proprio gagliardi, sfoderando un appeal hard-garage  a base di stordenti soli wah wah chitarristici davvero notevole. Eric Burdon dal canto suo, alla bella età di 71 anni,  fa  alla grande - come si usa dire –il suo sporco lavoro, quello che  porta avanti da una vita, alternando i suoi consueti  e magnifici sporchi toni aggressivi  (Black dog) con una sensibilità blues che - credetemi - ha ancora pochi eguali, regalandoci una song commovente, senza tempo come Out of my mind. Nella finale Cab driver poi Burdon sorprende ancora, vestendo esilaranti ed inconsueti  (per lui) panni cabarettistici: fa il verso ad un tassista extracomunitario che ce l’ha su con dei 'fuckin’  yankees!'. Io lo vedrei bene un album intero di Burdon con i Greenhornes, però Eric vedi tu, in ogni caso fatti risentire con qualcosa di più corposo!

 

Pasquale Boffoli

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