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24 Dicembre 2012

Speciale Hip Hop: libro e dischi LOUDER THAN A BOMB, LA GOLDEN AGE DELL’HIP HOP + PUBLIC ENEMY

2012 - Def Jam

louder than a bombIL LIBRO: LA STORIA DELL'HIP HOP

Tra le rivoluzioni musicali germogliate durante gli anni 70, l'hip hop è sicuramente quella che ha meglio rappresentato la complessità e le aspirazioni della popolazione afroamericana dagli  '80 ad oggi. Due termini, complessità e aspirazioni, che emergono con forza in "Louder then a bomb, la golden age dell'hip hop", il  nuovo saggio che u.net, al secolo Giuseppe Pipitone (giunto al suo quarto libro), ha scritto ripercorrendo la storia dell'hip hop dalla sua nascita nel Bronx fino all'esplosione di quella che è stata definita come Golden Age (dalla metà degli anni 80 ai primi 90), ovvero il periodo della sua affermazione tanto nel mercato mainstream, con modalità spesso peculiari, quanto nell'immaginario non solo dei giovani neri ma anche di bianchi ed ispanici. Un percorso narrato rielaborando citazioni, informazioni, discografie, riportando elementi storici utili alla comprensione del contesto nel quale è nato e si è sviluppato l'hip hop ma anche e soprattutto avvalendosi di preziose testimonianze rilasciate direttamente all'autore da alcuni tra i più importanti personaggi che hanno contribuito alla storia di questo movimento culturale.

 

GLI INIZI

Si inizia da lontano, dalle interviste al letterato, musicista e regista Melvin Van Peebles ed al trio di poeti militanti Last Poets, figure imprescindibili per il rap associabili a James Brown e Gil Scott-Heron, che ricordano i loro esordi (1968), le loro difficoltà e la loro determinazione nell'affermazione di un'alterità artistica fortemente radicata nella cultura sociale e politica afroamericana. Forse partito con ambizioni minori, il DJ giamaicano Kool Herc è colui al quale quasi unanimemente viene riconosciutà la paternità dell'hip hop, vanpeeblesxyztl'inventore della tecnica del breakbeat che ha permesso che si sviluppassero arti come il B-Boying (breakdance) e MCing (rapping). Il breakbeat consiste nel far suonare due copie dello stesso vinile prolungando la parte strumentale dei pezzi, quella con la predominanza del ritmo, espandendo alcuni secondi in minuti, tecnica poi successivamente perfezionata da Grandmaster Flash che consentì ai rappers di articolare metriche più complesse. Herc ci restituisce l'atmosfera del suo arrivo nel Bronx, la nascita del suo mito come DJ e le feste nei parchi dove a vincere era il sound system più potente.

 

AFRIKA BAMBAATAA

Ma a caratterizzare la vita nel Bronx, così come in buona parte di New York, non erano solo le feste nei parchi. Di guerra nelle strade per il controllo del territorio e del lungo e tenace lavoro per portare la pace tra le varie gang ci parla invece Afrika Bambaataa. DJ eclettico, leader carismatico, profondo conoscitore della musica oltre le classificazioni di genere, Afrika Bambaataa è il creatore della Zulu Nation, sorta di organizzazione dedita alla fratellanza ed alla diffusione della cultura hip hop. Viene anche riconosciuto come iniziatore della cosiddetta "quinta arte", la conoscenza o consapevolezza. Effettivamente nel suo background politico e culturale convivono richiami all'Africa guerriera (Zulu), riflessioni religiose ed insegnamenti provenienti dalle varie frange del bambataBlack Power, come Pantere Nere e Nation of Islam. Sul versante discografico, invece, è uno dei pionieri dell'electro funk ed oggi, oltre che per le numerose collaborazioni ed i DJ set, viene ricordato e celebrato per aver combinato i Kraftwerk con Ryuichi Sakamoto registrando nel 1982 il seminale “Planet Rock”.

 

 

LA GOLDEN AGE DELL’HIP HOP – LA DEF JAM

Il 1986 può essere considerato l'anno del cambiamento dell'hip hop, quello in cui entra nella sua Golden Age. L'evento detonatore, così come riportato dalle numerose testimonianze raccolte da u.net, si può far risalire ad una sera del 1986 in cui il Latin Quarter, il mitico club dal quale uscivano tutte le novità più rappresentative, è stato teatro di una sfida epica tra i rappers Melle Mel, appartenente alla old school, e KRS-ONE, espressione di un rap pù fluido ed elaborato. Portandoci nel vivo dell'argomento, u.net focalizza l'attenzione su due personaggi chiave per l'innovazione dell'hip hop: Russell Simmons e Rick Rubin, i fondatori della leggendaria Def Jam. L'importanza nell'ambientelouderrickrubin hip hop di questa etichetta discografica non è paragonabile a niente del genere prima della sua fondazione.

 

Le capacità di Simmons, nel portare a segno vincenti strategie di marketing e comunicazione, unite a quelle di Rubin, come produttore artistico e tecnico del suono, hanno segnato un vero e proprio punto di svolta, un riferimento per intere generazioni a venire. In termini di marketing, Simmons è riuscito a strappare alle grosse compagnie discografiche spazi di distribuzione e visibilità fino a quel momento impensabili per chiunque provenisse dall' hip hop, mentre, per quel che riguarda il sound, l'intenzione di Rubin è stata quella di prendere come punto di partenza la musica che veniva suonata nei club e nei parchi ma che in pochi riproponevano, al contrario dei successi commerciali della Sugarhill Gang come Rapper's Delight o Christmas Rappin' di Kurtis Blow, seppur importanti in quanto primi pezzi hip hop a raggiungere una discreta notorietà.

 

Sicuramente le scelte di Rubin sono state influenzate dalla sua passione per il metal (nel 1986 produce "Reign In Blood" degli Slayer) e dall'ambiente culturale poliedrico della Grande Mela, dove convivevano in continui e mutui attraversamenti musiche come punk, rock, jazz, no-wave, new wave, oltre che ovviamente hip hop. Tra le punte di diamante della produzione targata Def Jam del 1986 troviamo "Raising Hell", il più classico dei louderrundmcdischi dei Run DMC (licenziato dalla Profile) ed il debutto dei Beastie Boys"Licensed To Ill".  U.net ci riporta anche alcune curiosità riguardanti le modalità con le quali è avvenuta l'insolita collaborazione tra Run DMC ed Aerosmith per il remake del singolo Walk This Way, pezzo che nella sua versione originale era già stato metabolizzato dai B-Boy come ottima base su cui ballare, mentre in questa nuova veste oltre ad avere avuto un grosso appeal commerciale viene considerato da molti come un ottimo esempio di ibridazione tra rock ed hip hop.

 

HIP HOP E POLITICIZZAZIONE DEI GHETTI NERI

In breve tempo nuove figure si affacciano sulla scena sfruttando non solo le tecniche sempre più evolute nell'utilizzo dei giradischi (i Technics SL1200 diventano delle vere e proprie icone) ma anche le innovative possibilità offerte dai campionatori. Nel 1987 è il turno di colui che è stato definito il Coltrane del rap, Eric B. Per quanto altisonante ed esagerato possa suonare quest'accostamento, è un dato di fatto che lo stile di Eric B. abbia rappresentato un altro di quei cambiamenti con il quale tutti i futuri rappers avrebbero necessariamente dovuto confrontarsi. Ma il 1987 è anche l'anno di esordio dei Public Enemy, che su Def Jam pubblicano alcuni dei più importanti album di tutta la storia dell'hip hop. Naturale, quindi, che u.net abbia deciso di dedicare loro un capitolo a parte.

 

publicrushDalle origini a Long Island al primo concerto al Latin Quarter, dalla preparazione del primo album "Yo! Bum Rush the Show" (1987) alle pietre miliari rappresentate da "It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back" (1988) e "Fear of a Black Planet" (1990), dalla dichiarazione di guerra ad un  realtà fortemente razzista come quella statunitense alle collaborazioni con il regista Spike Lee, l'intero capitolo rappresenta un fondamentale e prezioso tassello per comprendere quella complessità di cui si faceva cenno all'inizio dell'articolo. E molto a realtà come Public Enemy, KRS-ONE e ancor prima Afrika Bambaataa, che si deve una nuova ondata di politicizzazione dei ghetti neri, i quali sembravano come implosi dopo l'assassinio di Martin Luther King, ucciso come Malcom X dal servizio di controspionaggio Cointelpro direttamente collegato all'FBI.

 

Ed è proprio di politica e dell'influenza che Malcom X ha avuto su numerosi esponenti della cultura hip-hop che tratta un altro capitolo tra i più interessanti del libro. In definitiva, bisogna ammettere che è davvero difficile riassumere il prodotto del lungo e devizioso lavoro svolto da u.net senza correre il rischio di sminuirne il valore. Numerose altre sezioni, oltre a quelle già citate, completano il quadro di un periodo nel quale, prendendo a prestito le parole di Chuck D, "una serie di dischi [...] fecero comprendere al mondo come il rap poteva essere un genere significativo come il rock, generando rispetto". Non mi rimane che ringraziare l'autore per l'ottima opportunità che "Louder Than a Bomb" mi ha offerto, quella di approfondire attraverso un libro appassionato ed autentico la conoscenza di una parte essenziale della storia della musica.

 

 

DISCHI: PUBLIC ENEMY

Most Of My Heroes Still Don't Appear On No Stamp - luglio 2012, Slam Jamz

 

publicmostDopo cinque anni di silenzio discografico, i Public Enemy sono tornati in questo 2012 con ben due album nei quali ritroviamo intatto il loro marchio di fabbrica: beat potenti dal tiro funk, con  numerosi riferimenti al soul e al rock, sui quali Chuck D e compagni portano avanti la loro forma di guerriglia verbale intessendo liriche ruvide e lucide. Dopo venticinque anni di assalti musicali condotti sotto il vessillo dell'hip hop bisogna ammettere che si avverte un po' di stanchezza, soprattutto considerando "The Evil Empire Of Everything". Detto questo, pur essendo distanti dai propri capolavori, la posse di New York dimostra di essere ancora ben determinata nel mettere in luce gli aspetti più crudi e controversi degli States contemporanei come anche di tutto il mondo occidentale. 

 

"Most Of My Heroes Still Don't Appear On No Stamp", il primo dei due fratelli, prende il proprio titolo da un verso della celeberrima Fight The Power (da "Fear Of A Black Planet" del 1990), un'autocitazione che sembrerebbe voler evidenziare come la condizione della popolazione afroamericana non sia poi così diversa oggi sotto Obama di quanto lo fosse ai tempi di Bush Senior, ed è ciò che si afferma con forza anche in Run Til It's Dark. In Catch The Thrown i toni si fanno accesi e le accuse al sistema americano di razzismo endemico e sistematico, corruzione ed ipocrisia, indipendentemente dal presidentePublic-Enemy di turno, diventano esplicite. E chi si pone in antitesi a tale sistema non viene certamente celebrato sui francobolli commemorativi, come appunto recita Most Of My Heroes, nel quale vengono ricordate le figure di Angela Davis, Huey P. Newton, Marcus Garvey, Che Guevara, Steven Biko, Fidel Castro e Chavez. L'old school di Rltk, brano dedicato alla memoria di Jammaster Jay e Adam MCA Yauch, è invece l'occasione per Chuck D e l'illustre ospite DMC di esprimere la mancanza di stima nei confronti di quei rapper che cercano solo la notorietà avendo poco o nulla da dire, ma anche per coloro i quali manifestano posizioni sessiste ed omofobe.

 

 

The Evil Empire Of Everything - ottobre 2012, Enemy

 

Passando al secondo album "The Evil Empire Of Everything", come già accennato, suona piuttosto fiacco. In quasi tutti i pezzi le rime di Chuck D risultano depotenziate dalla mancanza di quell'intesa sinergica con dei beat che sappiano davvero coinvolgere il corpo, ancora prima che le rime intrighino la mente. Gli intenti di brani come Don't Give publicempireUp The Fight, che vede la presenza di Ziggy Marley, oppure Everything, ballata ispirata ad Otis Redding, sono buoni ma sfortunatamente il risultato non convince. I momenti migliori arrivano superando la metà dell'album. Riotstarter, che si avvale del contributo degli amici Henry Rollins e Tom Morello e riprende le liriche di Rightstarter (da "Yo! Bum Rush The Show" del 1987), pur percorrendo le strade già battute di un crossover ormai datato è comunque uno di quei pezzi che avresti voglia di sparare ad alto volume in preda ad un'euforia adolescenziale. Interessante anche il patchwork di Icebreaker, brano incentrato sul tema spinoso del confine tra Usa e Messico e sul dramma di chi cerca un valico diretto a nord, trovando invece la brutalità della polizia di frontiera a stelle e strisce. Ad ogni modo, i Public Enemy sono tornati e non sembra che siano semplicemente intenzionati a festeggiare un quarto di secolo di presenza militante nella scena hip hop.

 

Aldo De Sanctis

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