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3 Gennaio 2014 , ,

Unsane UNSANE (1991)

2014 - Matador/City Slang

unsaneIniziamo con il dire che la voce o meglio le urla, spesso "filtrate", che si sentono nel disco in questione, oltre alla chitarra, sono opera di Chris Spencer. Non vi dice nulla? Semplicemente è il fratellino meno famoso di Jon, Jon Spencer and the Blues Explosion e, come il fratello, anche Chris amava a modo suo il blues… cioè amava demolirlo. Lo fa nel modo più spietato possibile, partendo dal noise-rock di scuola newyorchese (Sonic Youth) e portando quest'ultimo all'estremo attraverso le lezioni di Chrome e Big Black. Il risultato è un sound tra i più terrificanti ed abrasivi mai sentiti. La chitarra di Chris è deragliante e le ritmiche industriali di basso/batteria (Pete Shore e Charlie Ondras in questo album di debutto) ossessive come un martello pneumatico. Il trio di New York era certamente dedito al noise più viscerale (gli Unsane restano una delle band di punta del noise primi anni novanta) ma,almeno dal nostro punto di vista,con un certo retrogusto rock-blues. Certo dire che nella musica degli Unsane si trovi una componente rock-blues è un'azzardo ma lasciate spiegarci meglio. Non siamo nei territori del math-noise "freddo", qui c'è una musica più di "pancia" ma nemmeno in quelli "aperti" tipo Jesus Lizard, in quanto mancano quegli scarti improvvisi tipici della band di Chicago che, forse, pescava più dal free-jazz.

 

unsaneIl noise degli Unsane in questo omonimo disco, che vide la luce all’alba dei ’90, sa comunque essere crudele fino alla nausea. Intanto non è solo la voce a venire filtrata, bensì tutto il suono è immerso in questa patina opaca che lo rende, come dicevamo, parente seppur indiretto del blues più sporco. Anche se non c'è la schizofrenia di una band tipicamente noise-blues come ad esempio i Laughing Hyenas, i pezzi (Organ Donor, Bath, Slag Exterminator, Vandal X, Hill,White Hand, Cracked Up, sino a Cut) hanno qualcosa di malato ed un andamento sbilenco, con una cadenza pesante, fangosa come un fiume in piena che spazza via ogni cosa portando con sè cumuli di detriti e spazzatura industriale. Ed è proprio questo cumulo di macerie che copre letteralmente le ingegnose strutture, al punto che bisogna prestare un'attenzione particolare per riconoscerle. Ma ci sono "eccome" anche certi cambi di ritmo, non così frenetici come potrebbero essere quelli dei Drive Like Jehu, e mancano le "cascate" di note dei Don Caballero per intenderci. Troviamo invece un corpo unico, articolato, un carro armato con i suoi riff pesanti e travolgenti e la "matematica", casomai, la possiamo leggere nel ripetersi di certe ritmiche. In fondo resta un disco "semplice" da ascoltare con lo stomaco e fortemente disturbante. Ed è esattamente quello che definisce un capolavoro.

 

Andrea Fornasari

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