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5 Agosto 2012 , ,

'68 Comeback Love Always Wins

1999 - Sympathy For The Record Industry

'68 Comeback love always wins"Love Always Wins" del 1999 è il terzo ed ultimo lavoro in studio dei magnifici punk-bluesmen '68 Comeback di Monsieur Jeffrey Evans, nati nel 1992 - insieme a The Workdogs - dallo scioglimento dei pionieri del lo fi-blues from Ohio The Gibson Bros., band in cui M.J.Evans si fece le ossa insieme a Don Howland, leader dei futuri altrettanto indispensabili Bassholes. Conoscendo i due lavori precedenti, "Mr.Downchild" e "A Bridge Too Fuckin' Far",  tutte rigorosamente su Sympathy For The Record Industry, una delle labels più orgogliosamente incompromesse di sempre del panorama punk-garage a stelle e strisce, già lo si sapeva, ma dopo aver ascoltato "Love Always Wins"  si capisce chiaramente che sono i '68 Comeback i signori assoluti del lo-fi blues in terra d'America nella fine del secondo millennio, sono loro i sommi messaggeri della sua filosofia sonora spoglia, grezza. Questi 14 brani ne incarnano alla perfezione tutte le sue componenti basiche: registrazione e produzione volutamente cupe, approssimative, voce e strumenti carichi di un fascino virginale, il tutto per restituire alla tradizione blues e rock'n'roll quella carica primitiva originaria andata irrimediabilmente persa in troppe produzioni leccate di troppi falsi profeti. 

 

"Mr.Downchild" e "A Bridge Too Fuckin' Far" ne erano già sature, in "Love Always Wins"  si esagera senza ritegno: vi sono stipate a mò di zibaldone sonoro 11 cover di artisti famosi e non della tradizione - se ne scorrete i nomi ne troverete letteralmente la storia - e tre brani originali, il messaggio è chiaro e non credo sia mai piaciuto ai puristi: brani celeberrimi quali Hound Dog, Dimples, What I'd Says, Sitting On Top Of The World, My Babe, Big Boss Man,   altri meno o molto meno (Little Pig, Tragedy, Tongue Tied Jill Grits, Ain't Groceries) sono stravolti nei ritmi, le chitarre infarcite di effetti fuzz e distorsioni assassine, Velvet-izzati senza ritegno, ascoltate lo straordinario adattamento di Strange Things Are Happening Every Day - di Sister Rosetta Tharpe - e poi ditemi se non sembra una outtake rimasta nei cassetti per un qualche misterioso motivo di "1969: Velvet Underground Live with Lou Reed", quello con un bel paio di chiappe di femmina in copertina! L'artefice primario, l'ideologo di tutto è Monsieur Jeffrey Evans, cantante e chitarrista sciatto e minimale, che se ne esce con tre brani originali formidabili, Love Always Wins, Dark Cloud, ma soprattutto Polaroid Portrait, nei quali psichedelia, radici ed ipnosi compositiva si confondono in modo mirabilmente bastardo. E dire che è l'amore il filo conduttore sempiterno di questo album.

 
Pasquale Wally Boffoli

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