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Lucio Battisti Seconda Parte – L’artista ed il suo fumista: L.Battisti-P.Panella, 1986-1994

2016

Lucio Battisti 2                             I N T R O

 

Negli anni settanta Lucio Battisti ha illuminato la scena italiana con il suo talento innato di colto sperimentatore musicale. Composizioni indimenticabili, decine di primi posti in Hit Parade, raffinata musica d'autore dalle striature rock, pop, funk, blues, persino progressive. Il progetto sonoro di ogni suo disco costantemente impreziosito dalla fine cesellatura letteraria del fido paroliere Mogol; un prodigioso sodalizio artistico che si scioglie, nel febbraio 1980, all'indomani della pubblicazione di “Una giornata uggiosa” (trovate tutto nella Prima Parte di questo Profilo, linkato in calce). E proprio partendo da questo inatteso allontanamento che prende origine l'ultima affascinante ed enigmatica parabola discografica di Lucio Battisti: i cinque dischi bianchi e la collaborazione con Pasquale Panella. Un memorabile testamento musicale.     

 

 

E già - Il dopo Mogol (Settembre 1982)

 

Il particolare di un paio di scarpe bianche, un soggetto intento nel riflettersi in uno specchio, lo scorcio di una spiaggia della Cornovaglia. Sono queste le suggestive istantanee che animano la copertina del quindicesimo inedito firmato Lucio Battisti e Cap. 1 - E già 1982distribuito dall'etichetta Numero Uno il 14 settembre 1982. Il titolo è E già” e rappresenta una svolta senza precedenti; è il primo progetto in cui Lucio è senza Giulio, o per meglio dire, Battisti è senza Mogol. Risale a soli due anni prima l'ultimo album concepito dallo storico connubio; “Una giornata uggiosa” fatta di cimiteri di campagna, nastri rosa, monolocali ed amori di provincia. E' l'ennesima numero uno in classifica. Adesso, per imprecisate motivazioni, le strade dei due vecchi amici (insieme nella foto sotto a sinistra) si sono allontanate, il percorso non è più lo stesso. E l'ascolto delle prime note dell'opera post-divorzio lascia percepire che anche la musica non è, e non sarà più la stessa. Precisi e sintetici respiri elettronici si sono sostituiti a chitarre e pianoforti nelle dodici brevi tracce del disco. Le elettroniche programmazioni di Greg Walsh (tecnico del Cap. 1 - Battisti Mogol (Cavalcata Milano Roma giugno luglio 1970) 2suono dal periodo di “Una donna per amico”) prendono per mano i semplici e prevedibili lirismi stilati da un fantomatico paroliere chiamato Velezia. E' a Grazia Letizia Veronese, moglie di Lucio, che viene attribuita la paternità di tale pseudonimo ed è un conferimento che ad oggi non trova del tutto certezze accrescendo un'ipotesi, nemmeno troppo azzardata, che la stesura dei testi sia opera, perlomeno in buona parte del musicista nativo di Poggio Ballone. Il regolare battito synth-pop del brano E' già spiazza inevitabilmente i fan della prima ora ma rafforza quella prerogativa innata in Lucio di continua ricerca, di esplorazione di nuove prospettive sonore, in un convinto tentativo di rimanere al passo con le tendenze del momento avvalendosi dell'utilizzo di tecnologie sempre più avanzate ed inusitate. Un'ultima apparizione alla TV nazionale svizzera, e l'uomo Battisti si dilegua nel niente; da ora in poi lo ricorderemo solamente attraverso la sua musica.

 

E già

 

 

Oh! Era Ora – L'incontro Battisti-Panella (1983)

 

Cap. 2 - Oh era ora 1983Oh! Era ora è il titolo di un album che ai più dirà poco o nulla. Distribuito dalla Numero Uno nel settembre 1983 rappresenta il sesto lavoro di studio di Adriano Pappalardo, un disco di stampo new wave che all'epoca passò nel quasi totale anonimato. In sala d'incisione basso e tastiere sono affidate ai due Goblin Pignatelli e Guarini, mentre alle percussioni siede Tony Cicco della Formula 3; degli arrangiamenti si prende cura l'amico di vecchia data Lucio Battisti, unito al prestante cantante salentino dalla originale passione per le immersioni subacquee. L'autrice delle liriche risulta essere la chimerica Vanera. Ma chi si nasconde realmente sotto queste enigmatiche spoglie? Ebbene il fantasioso e femminile nome d'arte riconduce all'abile scrittore-paroliere romano, nonché poeta, Pasquale “Lino” Panella; già in passato le sue particolari acrobazie compositive si sono sposate ad interessanti, quanto bizzarri, progetti discografici. Su tutti hanno ben Pasquale-Panella 2impressionato i risultati raccolti in tandem con Enzo Carella al Sanremo del 1979 (seconda piazza con il brano Barbara). Lo stile di Panella (nella foto a sinistra) vaga attraverso gli astratti meandri dell'uso della parola, spesso incomprensibile ad un primo contatto sebbene carico di una forza comunicativa che va oltre il normale intendere. Una scarica di verbi, nomi, aggettivi incontrollata ed incontrollabile ma indubbiamente d'effetto e suggestiva. Tutto ciò calza a pennello con gli eccentrici progetti che passano per la testa di Battisti; l'incontro tra queste due luminose e stravaganti personalità è fatale e sta per condurci verso una nuova ed eccitante storia musicale.

 

Oh! Era ora  

 

 

Don Giovanni (Marzo 1986)

 

Una cornice inscatola una lunga sciarpa penzolante da un attaccapanni dai tratti stilizzati. La sfumatura beige di un acquarello che domina lo sfondo. La sedicesima opera battistiana ha finalmente preso forma; è il marzo 1986 e nei negozi di dischi irrompe la Cap. 3 - Don Giovanni 1986stampa vinilica di Don Giovanni. Esclusivamente su vinile; Lucio ha posto il veto sulla distribuzione in versione compact. I tempi non sono ancora maturi per dispensare copie dal freddo suono digitale (ne riparleremo più avanti, nel 1994). Panella ha raccolto le composizioni musicali precedentemente elaborate da Battisti e vi ha assemblato i suoi ermetici codici lirici. Walsh, ancora una volta, ha elaborato i cadenzati battiti sintetici così come Robyn Smith ha partorito arrangiamenti misurati con le sue tastiere. E soprattutto Lucio ha cantato. O forse meglio dire ha magistralmente interpretato. Don Giovanni raccoglie appassionati consensi e allo stesso tempo ostinate critiche; l'evoluzione viene per certi aspetti esaltata dai vecchi detrattori e altresì condannata dagli antichi estimatori. In questo chiassoso bailamme emotivo il disco raggiunge il primo posto in classifica. Attenzione però: sarà l'ultima volta che vedremo Lucio salire sul gradino più in alto. Questo è il prezzo salato da pagare Battisti - Ultima apparizione TVall'innovazione, un aspetto che comunque non scalfisce minimamente il piglio creativo di un uomo- artista da tempo disinteressato alla commercialità e alle squallide facciate di comodo. Il battesimo del debuttante connubio artistico è tenuto da Le cose che pensano, traccia d'apertura ed ideale ouverture del nuovo percorso musicale. Un melodioso intro di piano anticipa l'ingresso della rassicurante voce di Lucio intenta nel raccontare l'annientamento di un amore indelebile attraverso rime colte e criptiche. In un solo attimo vengono spazzate viene le convenzionali liriche di E già; le suggestive evoluzioni di Smith immerse in atmosfere dilatate regalano sensazioni di ampio respiro, restituendoci una composizione degna del Battisti più ispirato. Trasportato da una ritmica funkeggiante e dalle cinematografiche incursioni del sax di Phil Todd Fatti un pianto mescola cibi ed emozioni per concentrarsi sul potere delle lacrime nel rapporto di coppia ed anticipa le secche e cadenzate partiture di Walsh ne Il doppio del gioco. La chiusura della prima facciata passa per i nevrotici e tribali rintocchi di Madre pennuta, tuffo introspettivo nella memoria infantile. Giochi di parole, doppi sensi e una lista sterminata di nomi e cognomi; sono questi gli Equivoci amici dello scanzonato incipit della B-side che precedono la title Lucio Battisti 3track. Don Giovanni è senza ombra di dubbio la vera punta di diamante dell'opera a cui dà il titolo; l'artista che sfugge dal proprio personaggio e si allontana dalla sua vecchia dimensione che lo intrappola. La separazione da Mogol (“sinceramente non tuo” è la dichiarazione che ne consuma l'addio) ed il ritiro dalle scene “dell'intronata routine del cantar leggero” sono passaggi chiave di questo nuovo corso stilistico; l'arrangiamento raffinato accompagna in un contesto diradato ed onirico la parola genialmente scritta. E diventa immortale. Il secondo lato viene completato da Che fine ha fatto -armonioso crossover sospeso tra smooth jazz e  R&B- e Il diluvio, epilogo dall'incedere geometrico e sintetico che rimanda al mood tipico di band contemporanee di stampo synth-pop come i Talk Talk. Una pioggia insistentemente sistematica che chiude questo primo significativo atto. Non spioverà, va bene.

 

Don Giovanni

 

 

L'apparenza (Ottobre 1988)

 

Cap. 4 -L'apparenza  1988E' un essenziale tratto di color nero quello che delinea i contorni di una credenzina stagliata su uno sfondo bianco che più bianco non si può. Il minimale autore di questa copertina è Lucio Battisti. E' il 7 ottobre 1988 e a distanza di due anni esatti si è appena materializzato il proseguimento ideale di Don Giovanni. Il suo titolo è L'apparenza”. Registrata nei Round Houses Studios londinesi la nuova creatura è prodotta ed arrangiata dal fido Robyn Smith, il contributo alle chitarre è affidato a Mitch Dalton, la cura delle sezioni orchestrali a Gavyn Wright. Lucio ha alzato ulteriormente l'asticella delle difficoltà invertendo il consueto procedimento compositivo andando a musicare i testi di Panella precedentemente approntati. Il risultato è un capolavoro assoluto, un disco praticamente perfetto. Otto tracce genialmente destrutturate dalla forma più classica di canzone, spesso prive di ritornelli, sorrette da inerpicati arrangiamenti, insidiosi contrappunti e imprevedibili divagazioni. Sono senza soluzione di continuità i cadenzati colpi della batteria che accompagnano in tutta la sua estensione il brano di apertura A portata di mano; non esiste un vero e proprio refrain ma esclusivamente divagazioni sul tema dettate dall'abile movimento dell'interpretazione Pasquale_Panellamodellata da Battisti. Non conta quanto, nel suo svolgimento, l'ascoltatore di turno riesca a cogliere del caotico filo conduttore bandito da Panella (foto a destra) ma contano la percezione ed il coinvolgimento emotivo richiamati dalle dinamiche sonore. Le avvolgimenti e attutite spirali melodiche dei synth che rivestono l'indolente incomunicabilità disegnata in Specchi opposti sono il passo successivo verso l'estasi onirica di questa maestosa apparenza. E se nella orecchiabilità della seguente Allontanando riemergono echi di performance tipiche del passato le felpate trame ritmiche della title track chiudano la prima facciata con il passo elegante di una danza a due. Ostili ed ambigui richiami culinari per raccontare dei percorsi imprevedibili della vita; le argute metafore di Panella trovano una confacente collocazione nelle partiture rock di Per altri motivi, ennesimo episodio di valore, attacco della parte seconda del disco. Un tributo surreale alla femminilità vivacizza l'anima pop di Per nome mentre negli imperturbabili elettro-rintocchi di Dalle prime battute l'attenzione si concentra sulla futilità di alcuni distaccati riti vacanzieri. Le ingannevoli immagini ritagliate su Lo scenario sigillano “L'apparenza” dispensando, qualora ce ne fosse ulteriore bisogno, elusive affermazioni che innegabilmente racchiudono la chiave di lettura del secondo capitolo Battisti-Panella. Tutto è dimostrabile, soprattutto il contrario.

 

A portata di mano

 

 

La sposa occidentale  (Ottobre 1990)

 

Cap. 5 - La sposa occidentale 1990Due anni esatti, una cadenza regolare che si ripeterà ancora in futuro. A conferma di una regola non scritta a ventiquattro mesi di distanza dalla distribuzione de “L'apparenza” irrompe sul mercato il terzo progetto del duo Battisti-Panella. Il titolo è La sposa occidentale e per la prima volta dal 1972 un disco di Lucio non viene pubblicato dalla storica etichetta Numero Uno bensì dalla major CBS (futura Sony Music). Doppiando il modus operandi del lavoro precedente (la composizione della musiche di seguito alla stesura delle liriche) l'album numero diciotto della discografia dell'artista de I giardini di Marzo viene registrato a Londra (con Greg Walsh che ritorna a ricoprire il ruolo di produttore-arrangiatore) e come fu per la realizzazione -otto anni prima- di E già viene soppresso l'utilizzo di qualsiasi inserimento di strumento non elettronico. Adesso però a differenza del lavoro di inizi ottanta il compositore reatino ha maturato esperienza nell'uso del digitale e per di più può usufruire dell'apporto di testi eccentricamente unici e validi: una somma di fattori che esalta il valore intrinseco del nuovo lavoro, malgrado materializzi il definitivo distacco da parte degli aficionados della prima ora, irrimediabilmente travolti da questo ennesimo Lucio Battistisperimentale viaggio senza ritorno. L'onore (e l'onere) dell'apertura spetta alle spensierate movenze techno di Tu non ti pungi più abile prova di come su di un semplice giro armonico, opportunamente doppiato da sonorità artefatte, si possa genialmente costruire un suggestivo motivo di grande impatto. Le offuscate immagini notturne disegnate in Potrebbe essere sera vengono messe a fuoco da una felice, quanto facile, intonazione di stampo pop mentre è un elettronico passo di danza a trasportare la successiva Timida molto audace. Un arrembante incedere elettro-pop ed un'orecchiabile intonazione sostengono le ironiche metafore plasmate da Panella per il brano La sposa occidentale, composizione d'effetto che, più di qualsiasi altra, otterrà un significativo numero di passaggi radiofonici. Una ritmica dance dalle tinte soul-funk ravviva il passaggio della ballabile Mi riposa anticipando gli imperturbabili rintocchi meccanici che scandiscono I ritorni, criptica istantanea sull'irrazionale sentimento dell'amore. Battiti ondeggianti cullano Alcune noncuranze e i suoi quesiti su silenziosi rapporti di coppia mentre l'improbabile falsetto e la serrata cassa in quattro della conclusiva Campati in aria catapultano l'ascoltatore negli anni settanta attraverso le atmosfere tipiche della disco-music. Le acrobazie letterarie di Pasquale Panella e i giochi sonori di Lucio sono riusciti nell'intento di sbalordire una volta di più. Lasciando immaginare.

 

Tu non ti pungi più

 

    

Cosa succederà alla ragazza (Ottobre 1992)

 

Cap. 6 - Cosa succederà alla ragazza 1992Il 6 ottobre 1992, con la solita invidiabile puntualità biennale, la Columbia distribuisce l'inedito capitolo concepito della premiata ditta Battisti-Panella. C.S.A.R. è il tremolante e corvino acronimo di quattro lettere che spicca sul candido basamento della copertina, Cosa succederà alla ragazza è il suo ridondante titolo. Registrato immancabilmente a Londra (stavolta ai Sarm West Studios) questo quarto progetto viene prodotto da Andy Duncam, già batterista di Lucio ne “La sposa occidentale” e richiesto session man della scena artistica inglese (George Michael, David Bowie e Frankie goes to Hollywood sono solo alcune delle importanti collaborazioni). Completano la line-up in sala d'incisione  l'abile polistrumentista Philip “Spike” Edney, valente partner da palcoscenico in numerosi tour dei Queen, e il tastierista Lyndon J. Connah, futuro membro dei Level 42 di Mark King. L'elaborazione delle otto tracce ha seguito l'oramai consueto canovaccio che vuole in prima battuta Pasquale intento nella stesura degli articolati scritti e solo in un secondo tempo l'ingresso in gioco di Lucio e della sua impareggiabile abilità di innovativo musicante. L'inimitabile genialità di regalare i suoni più confacenti ad una sterminata banda di termini ed immagini hqdefaultspesso di non tempestiva cognizione. Sin dalle prime note si intuisce che il sound diCosa succederà alla ragazza è un ulteriore balzo in avanti di Battisti verso una comunicazione musicale sempre più tecnologicamente evoluta distante anni luce da quelle che erano le prerogative sonore di poco più di un decennio prima. Dopo l'ascolto dei primi tre brani, se non fosse per l'inconfondibile timbrica di Lucio, verrebbe da chiedersi se realmente il compact che sta girando nel lettore è opera di colui che cantava di donne per amico, maledetti gatti e vite vive. Gli insistenti ed inesorabili colpi del basso trascinati della spedita ritmica della drum machine caratterizzano l'elettro title track d'apertura precedendo le trame frammentate di stampo trip-hop di Tutte le pompe. Sulla falsa riga di un elegante rap oscillano i tempi smorzati di Ecco i negozi ; le tematiche 9788879663991Bche ricorrono sembrano essere legati alle vicissitudini quotidiane dell'ipotetica ragazza del titolo, anche se gli intrigati ed intriganti percorsi montati ad arte da Panella non rilasciano mai certezze assolute ma solo presumibili percezioni. Una delle poche è rappresentata dal viaggio virtuale de La metro eccetera, un abile susseguirsi di istantanee che prendono vita grazie all'alchimia delle modulazioni meccanico-sonore imbastite da Lucio (ma è qui che si sente anche la mano di Duncam in cabina di regia o forse ancor meglio in cabina di guida) escludendo qualsiasi congettura d'interpretazione. L'inesauribile tocco funk della chitarra e la presenza di fiati elettronici  esaltano l'intreccio disco dance ne I sacchi della posta riportando alla memorie hit seventies targate Chic o Earth Wind & Fire, mentre è di matrice house l'atmosfera che si respira nelle melodiose trame di Però il rinoceronte che sfumano sulle note suggestive di un seducente organo. Cadenzati colpi di batteria accompagnano il sempre convincente falsetto battistiano in Cosa sarebbero gli dei ed in chiusura, a sigillo dell'album, sopraggiungono le ristagnanti armonie disco-dance della crepuscolare Cosa farà di nuovo, abbassando il sipario su un immaginario resoconto finale. Le dolcezze sono come le amarezze: strette, blande, senza pietà.

 

 

Hegel  (Settembre 1994)

 

Cap. 7 - Hegel 1994Una lettera E spadroneggia sull'ennesima cover color latte. L'ultimo rendez vous Battisti-Panella si concretizza il 29 settembre 1994 ed è dedicato al sommo filosofo dell'idealismo tedesco, Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Difficile comprendere il perché della scelta ricaduta sulla E di copertina; potremmo supporre che rappresenti l'iniziale della parola End (causa una fisiologica mancanza di stimoli creativi nel sodalizio) o che simboleggi banalmente e solamente la quinta lettera dell'alfabeto. Ignoriamo la precisa decifrazione di tale dilemma; un arcano che rimarrà avvolto nel mistero con molti altri quesiti. Così come non sapremo mai se l'ardita sperimentazione di Lucio -con o senza Pasquale- avrebbe potuto virare ulteriormente verso nuovi orizzonti, oltre le innovatrici prove già superate. Il 9 settembre 1998, all'età di 55 anni, Battisti scomparirà prematuramente e il quinto bianco diverrà a tutti gli effetti il suo testamento artistico. “Hegel” rappresenterà a posteriori l'espressione conclusiva, il malinconico canto del cigno, della parabola professionale di un innovatore impareggiabile, di un ricercatore infallibile, di un genio assoluto. Poco conta se per qualcuno l'ispirazione risulti non essere  più quella dei giorni migliori e se al momento dell'uscita si evidenzino giudizi e critiche fortemente discordanti. Hegel regala otto tracce di raffinata melodia elettro pop, una avanguardia stilistica decisamente al passo (o forse in anticipo) con i 41UxpW13fVL._OU29_AC_UL320_SR184,320_tempi e ben al di fuori dei prevedibili schemi della commercialità spicciola. Registrato ai Portehouses Studios londinesi e prodotto, come “C.S.A.R.”, dal percussionista Andy Duncam, il ventesimo album del compositore laziale torna ad essere distribuito dall'etichetta Numero Uno; in relazione agli insoddisfacenti esiti di vendita dei penultimi lavori la Columbia ha pensato bene di non rinnovare ulteriormente il contratto a Battisti normalmente uso nello stipulare accordi di volta in volta. In studio di registrazione si ritrovano solamente in tre: Duncam si occupa di programmazione e percussioni, Battisti canta e suona la chitarra e Connah siede alle tastiere. Ed è proprio partendo da una ritmico ed ossessivo movimento di quest'ultime che prende forma Almeno l'inizio brano di apertura dalla chiara matrice elettro-pop ed ipotetico punto di ripartenza delle traversie della ragazza dell'album precedente. La title-track che segue si divincola in un felpato drum'n'bass elegantemente intervallato da sporadiche aperture melodiche che richiamano alla memoria i passaggi più indovinati di questa joint venture artistica. E se Panella elogia il filosofo di Stoccarda nella composizione omonima, quando arriva la successiva Tubinga si diletta nel confondere tostapane e juke-box con piramidi e discoboli citando Seneca, in un tourbillon abilmente 3158hPVKpcL._AC_UL320_SR214,320_animato da un arrembante arrangiamento dance. La bellezza riunita rallenta i forsennati battiti delle tracce precedenti giocando su un calibrata e avvolgente modulazione distorta, una slowed down version che accende il ricordo del nostalgico effetto provocato dal giradischi quando facevamo girare un 45 giri a 33 rpm . Il falsetto si impadronisce delle evoluzioni canore di Lucio nel raccontare de La moda del respiro o ancor meglio delle futilità temporanee di tendenze e stili; a ruota la frenetica  Stanze come questa  ha il gusto amaro dell'ultima anacronistica canzonetta battistiana. Se non fosse per le ingarbugliate liriche di Panella un brano come questo avrebbe benissimo potuto far parte di un disco di metà anni settanta, giusto ad esempio in “Una donna per amico”. Passando per le ovattate arie di Estetica si approda all'atto finale, purtroppo definitivo, La voce del viso. Un'indiavolata corsa techno che accompagna il conclusivo, a tratti stiracchiato, falsetto di Lucio. E' questa l'ultima delle quaranta composizioni Battisti-Panella del periodo bianco. Purtroppo l'ultima di Lucio che ascolteremo. La realtà finiva e il vero cominciava. 

 

Alessandro Freschi

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