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29 Luglio 2018 , , ,

The Young Rascals - The Rascals Le simpatiche canaglie del Blue Eyed Soul

2018

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Lo chiamavano ‘Blue Eyed Soul’,  ‘Il soul dei ragazzi dagli occhi blu’: la musica nera cantata dai giovani bianchi. La curiosa definizione, in uso ancora oggi, venne coniata per gli Young Rascals, che sono anche stati, per una stagione nemmeno tanto breve, ma piuttosto dimenticata, una delle band che meglio ha rappresentato il genere. Non solo bianchi (ancorchè nessuno di loro avesse peraltro gli occhi blu!), ma gli Young Rascals erano addirittura per tre quarti della formazione di origini italiane! I cognomi dei due cantanti e autori principali del gruppo, Eddie Brigati (su a destra nella fotoFelix Cavaliere (giù a sinistra, accanto a Gene Cornishe quello del batterista Dino Danelli (su a sinistra), non lasciano dubbi circa la provenienza delle loro famiglie. Gli Young Rascals si sono formati ascoltando i gruppi vocali americani bianchi come gli Everly Brothers, cui si aggiungeva però una forte - e per l'epoca inedita - attrazione per il soul e il rhythm’n’blues dei cantanti neri, dei quali reinterpretano molti brani, riarrangiandoli per il gusto dei giovani bianchi americani, contribuendo così a farli conoscere a un pubblico più ampio. L’impostazione vocale tipica delle due voci soliste (Felix e Eddie), carica di passione e talvolta un po' sopra le righe, rimarrà un tratto distintivo del gruppo e per quanto la loro rilevanza non sia mai stata riconosciuta a dovere, influenzerà  anche lo stile di altri artisti degli anni successivi. Più di qualcosa gli devono ad esempio anche band più acide come i Vanilla Fudge  e gli Iron Butterfly.

 

GLI INIZI: DA JAY DEE & THE STARLIGHTERS AL DEBUTTO DISCOGRAFICO (1964-1965)

 

Joey-Dee-And-The-Starliters-Peppermint-Twist-1523558464-640x642La formazione degli Young Rascals sorge dalle ceneri di quella di Joey Dee & The Starliters, gruppo vocale di notevole successo nei primissimi anni ‘60 grazie a hit come Peppermint Twist (n° 1 nelle classifiche USA nel ’61) e la rilettura, ad uso e consumo del pubblico bianco, di un torrido brano r'n'b: Shout degli Isley Brothers, che si arrampica, l’anno successivo, sino al 6° posto. Ebbene, una delle voci degli Starliters era quella di David Brigati, fratello maggiore di Eddie, anch'egli poi entrato a far parte di una formazione successiva del gruppo. Conclusa quell’esperienza, David aiuta il fratello minore Eddie a mettere in piedi un gruppo vocale intorno a due ragazzi gravitati in alcune delle varie e instabili line-up che hanno caratterizzato gli ultimi giorni degli Starlighters: il cantante e organista Felix Cavaliere e il chitarrista canadese Gene Cornish. A loro si unisce Dino Danelli, che come i Brigati proviene  da Garfield, in New Jersey. Quest'ultimo joeymaxresdefaultvanta già trascorsi di alto livello in ambito jazz, avendo suonato nella band di Lionel Hampton, per poi convertirsi al rhythm’n’blues, una volta trasferitosi a New Orleans al servizio di Little Willie John (quello di Fever). Si definisce così la line-up storica dei Rascals, con David Brigati che nei primi tempi funge come una sorta di quinto membro 'esterno', partecipando sia alle armonie vocali che alla stesura degli arrangiamenti.  Per non creare confusione con una formazione già attiva al tempo (gli Harmonica Rascals), decidono di aggiungere il prefisso ‘Young’, richiamando così il titolo di un vecchio telefilm americano con protogonista una banda di ragazzini (“The Little Rascal”, noto anche da noi come “Le Simpatiche Canaglie”).

Gli Young Rascals si fanno le ossa sul palco del Choo Choo Club, un locale di Garfield, dove diventano un'attrazione fissa. L'eterogeneo repertorio è inizialmente bilanciato tra cover di brani pop e di rhythm and blues.  Il più esperto David Brigati introduce la band a Ameth Ertegun, boss della potente Atlantic:  diventa il primo combo di artisti bianchi dell’etichetta. Il debutto è subito vincente. Nel febbraio 1965 il primo singolo I Ain’t Gonna R-3939827-1350136654-3887.jpegOut Eat My Heart Anymore, scritta per loro da una coppia di ragazze, l'inglese Pam Sawyer (già autrice per le Supremes) e l'americana Laurie Burton, ottiene un buon successo alcuni mesi dopo grazie anche a un passaggio televisivo della band alla trasmissione Hullabaloo, scalando la classifica fino alle soglie della top 20. Si tratta di un brano piuttosto particolare, con una strofa in odore di garage-rock, caratterizzato da una parte vocale quasi declamata e un ritornello molto orecchiabile, di stampo quasi gospel. In Italia verrà tradotta con il titolo di Yeeeeeeh, diventando un successo clamoroso per Mal e i suoi Primitives. Al di là della particolare fortuna conosciuta dal brano nei confini nostrani, rimarrà comunque un evergreen, essendo stata reincisa negli anni da svariati altri artisti (dai Jacksons a Southside Johnny & The Ashbury Dukes).

 

I PRIMI SUCCESSI: GOOD LOVIN' E' NUMERO 1! (1966-1967)

220px-Good_Lovin'_-_The_Young_RascalsPer il passo successivo viene scelto un brano piuttosto sconosciuto giù inciso da due acts di colore: Good Lovin'. La versione originale, rimasta dimenticata come del resto il suo interprete, è di un cantante soul minore, Limmie Snell, che al tempo giovanissimo, usava il nome d'arte Lemme B. Goode. Qualche mese dopo ne incidono una versione, con testo leggermente cambiato, anche gli Olympics, un altro gruppo vocale r'n'b, che smuove appena le acque. In mano agli Young Rascals Good Lovin' diventa invece un numero uno in classifica. L'arrangiamento smussa qualche asprezza tipicamente r'n'b, in favore di quelle sonorità latineggianti (impossibile, ascoltandola, non pensare a La Bamba), che rimarranno una delle spezie del menù dei Rascals. Il debutto omonimo sulla lunga durata "The Young Rascals” nel 1966 (stesso anno in cui escono pietre miliari come “Pet Sounds” dei Beach Boys, e sull’altra sponda dell’Atlantico “Revolver” dei Beatles e YRAftermath” dei Rolling Stones) è perfettamente in linea con la concezione degli LP che le case discografiche avevano al tempo. Trattasi niente più che di una carrellata di brani di successo altrui, in mezzo ai quali vengono inseriti pochissimi brani originali dei titolari, compresi naturalmente I due singoli di successo già conosciuti. La scaletta riflette comunque il repertorio 'trans-razziale' che i ragazzi hanno affinato alla perfezione nelle tante serate sul palco del Choo Choo Club. Sul versante black colpisce la versione di Slow Down di Larry Williams (già reinterpretata un anno prima dai Beatles), posta in apertura. Pur senza eguagliare il groove delle versioni originali, viene fornito un buon servizio anche ai due hits di Wilson Pickett In The Midnight Hour e Mustang Sally. Sul versante 'bianco', non si esce molto dal seminato affrontando la Just A Little dei Beau Brummels, mentre la Like A Rolling Stone di Bob Dylan non è forse il brano più nelle loro corde. Ingegnere del suono e supervisore è un giovane Tom Dowd, che conoscerà maggior fama come produttore negli anni  ‘70 (Derek & The Dominoes, Rod Stewart, etc.). Per sfruttare il momento favorevole, nei mesi immediatamente successivi vengono pubblicati altri buoni singoli, che YR3pur comportandosi bene in classifica non contribuiscono più di tanto a rafforzare il successo ottenuto. Too Many Fish In The Sea è un eccellente brano r’n’b di derivazione Motown, con voci quasi rabbiose e l'organo di Cavaliere in ebollizione. Dopo l’estate è la volta della quasi-garage You Better Run, accoppiata all’altrettanto valida Love Is A Beautiful Thing, una delle loro migliori B-side. Il singolo scala le charts fino alla comunque ragguardevole 20° posizione.

 

Il secondo album, “Collections”, pubblicato all’inizio del 1967, segue la via tracciata dal primo, con ancora un abbondante ricorso alle cover. A differenza del precedente LP la scelta dei brani è meno scontata, se si eccettua la resa di Land Of 1000 Dances dal repertorio del solito Wilson Pickett. Eddie Brigati offre una bella prova vocale nella ballatatheyoungrascalscollections Since I Fell For You, un tradizionale jazz e pop riportato in classifica alcuni anni prima da Lenny Welch. Cominciano a farsi spazio anche alcuni brani scritti di pugno dai membri del gruppo. Vengono ripescate Too Many Fish In The Sea e Love Is A Beautiful Thing. L’album è nel suo insieme ancora una volta molto godibile. I primi due dischi rappresentano la fase più genuina della band, con arrangiamenti asciutti e prevalenti influenze r’n’b (l'eccellente Come On Up), pur al servizio di un repertorio a volte anche troppo eterogeneo (si pensi alla ripresa di More, di Riz Ortolani, tema del film “Mondo Cane”). Nella cabina di comando Atlantic a Towd viene affiancato Arif Mardin, che presto prenderà in mano il timone, guidando il gruppo verso suoni più sofisticati e complessi.

 

CONTINUA IL PERIODO D'ORO: GROOVIN' (1967)

YR4Il passo successivo è il miglior risultato di sempre per gli Young Rascals, quanto meno in termini di vendite: Groovin’, un brano che al solito è fondato sull’impasto delle voci dei tre cantanti. L'arrangiamento stavolta è assai raffinato e particolarissimo, con la pressoché assenza di organo, chitarre e batteria: al loro posto compaiono strumenti meno usuali come le congas, il clavicembalo, il vibrafono e... il cinguettio degli uccelli. A essere sorretta è una melodia rimasta immortale, che porta dritti a quel numero uno in classifica che la band e la casa discografica rinccorrevano dai tempi, pur non lontanissimi di Good Lovin’. Groovin' rimane la signature-song degli Young Rascals e conosce innumerevoli rifacimenti. Avendo in mente forse le gesta di Mal & The Primitives, una versione cantata in italiano viene approntata dalla stessa band per il mercato nostrano, ma senza ottenere grossi riscontri the-young-rascals-groovinin termini di vendite. Va detto che il successo commerciale della band è sempre stato limitato perlopiù agli Stati Uniti, oltreché al Canada, dove diventano vere e proprie superstars. Groovin' riesce comunque a sfondare per la prima e unica volta anche le classifiche inglesi. L’album che segue, “Groovin’”, che prende il titolo del nuovo successo conferma l’assestamento dato al sound della band: un rock più morbido che perde gradualmente contatto con il soul e con sonorità latineggianti sempre più presenti (Sueno). La sequenza dei brani in scaletta è però impressionante e pressoché senza punti deboli (l'unica cover presente, A Place In The Sun di Stevie Wonder, è il pezzo meno convincente). I Don’t Love You Anymore segue la linea tracciata dalla title-track, How Can I Be Sure è uno stupendo e ispiratissimo valzer s-l225lento che proposta su 45 giri, sulla scia di Groovin’, giunge fino al 4° posto in classifica. Per salire un po’ di ritmo bisogna attendere You Better Run, recuperata dal singolo dell’anno prima. Le vibrazioni psichedeliche che stanno cominciando a affermarsi si fanno sentire, timidamente, in Find Somebody (anni dopo ripresa in modo brillante dalla garage band The Fleshtones) e nell'r'n'b di It’s Love, posta in chiusura del disco. Il momento è così favorevole che un altro estratto dall’album, A Girl Like You, spinge di nuovo gli Young Rascals nella top ten dei singoli. Oltre a essere il maggior successo della carriera della band, Groovin’ rappresenta anche un punto di non ritorno. Forti dello stabile consenso raggiunto e convinti quindi di poter s-l640proporre al proprio pubblico qualcosa di più maturo, gli ormai ex-ragazzi decidono di abbreviare il nome del gruppo, togliendo l’aggettivo “Young”. Anche la loro immagine subisce un cambiamento radicale, mandando in soffitta le divise edwardiane indossate dai membri della band, e abbandonando quel look infantile e collegiale innocuo (oggi un po' ridicolo) tipico di altri gruppi americani per teenagers dell’epoca (Monkees, Paul Revere & The Raiders, New Colony Six).

 

 

I TEMPI STANNO CAMBIANDO (1968-1969)

Guidati da Arif Mardin i Rascals si gettano dunque nel loro progetto più ambizioso: “Once Upon A Dream(foto a destra). Stavolta però non tutto gira per il verso giusto. Il successo di Groovin’, che si avvaleva della voce solista di Cavaliere (anziché come per gli altri brani di 12405657maggior successo, di Brigati), porta da qui in avanti a una suddivisione delle responsabilità tra i due, sia per l’uso delle voci, ma anche nella scrittura dei brani, senza giovare certo alla coesione del gruppo. Tra le nuove canzoni non mancano quelli di valore (It’s Wonderful, l'unica del disco proposta anche su 45 giri, Easy Rollin’, l’orientaleggiante Sattva), ma la scelta di proporre una sorta di concept, sulla scia di quanto stavano facendo i Beatles, con la sua ricchezza di innesti orchestrali e strumentazioni esotiche (tablas, sitar), che ammiccano alla psichedelia pur senza abbracciarla del tutto, contribuiscono a rendere il disco un’occasione mancata. Nel tentativo di superare l’etichetta loro affibbiata di band rivolta al pubblico più giovane, i Rascals finiscono per scontentare gli amanti del blue-eyed soul, pur senza guadagnare nuovi ascoltatori tra i giovani hippie della ‘summer of love’.  Le vendite sono sempre ragguardevoli, ma il trend non è più in ascesa. Siamo nel 1968 e anche le tematiche delle canzoni necessitano di affrontare temi più adulti, così che viene 12884774855_d02ab8d069_bscritto un brano che, confermando forse per un’ultima volta l’equilibrio tra le due anime della band (quella  'bianca' e quella 'nera'), prende spunto dai recenti assassini di Martin Luther King e di Robert Kennedy, per un testo che al passo coi tempi parla di superamento delle divisioni razziali e vita ‘in armonia’. La band ha sempre cercato, pur in anni caldi come la fine degli anni ‘60, di non schierarsi politicamente e di dare un’immagine rassicurante, ma è un fatto che pretendesse, tra i loro supporting acts, almeno una band di colore, una scelta che soprattutto negli stati del sud, gli precluse più di un ingaggio. People Got To Be Free è di nuovo un grande successo, che raggiunge ancora la vetta delle charts. L’arrangiamento sembra fare un passo indietro rispetto alle non riuscitissime sperimentazioni di “Once Upon A Dream”, riportando in primo piano le voci dei Rascals, su un impianto gospel, in cui il lavoro della sezione fiati viene ricamato egregiamente dalla chitarra. L’album che contiene People Got To Be Free, “Freedom Suite” (1969), riflette il momento di indecisione dei ragazzi. Da un lato, si cerca di recuperare la semplicità e l’immediatezza YR Freedom Suitedei primi tempi, dall’altro si dà ampio spazio alla sperimentazione (anche) strumentale. Si opta quindi per un doppio album, con i brani più pop e brevi sul primo disco e lasciando sul secondo tre lunghe jam strumentali in chiave soul jazz. Sul primo versante, oltre all’hit di qualche mese prima, spiccano tra le altre Of Course  e Me and My Friends, dimostrando che la band, sul proprio terreno, ha ancora qualche freccia al proprio arco. Il secondo LP suona a tratti come poco più che un capriccio e i minuti di riempitivo non mancano (come i ben tredici nei quali si sviluppa Boom, poco più che un assolo di batteria), anche se la lunga Cute, che occupa per intero la quarta facciata con i suoi quindici minuti, ha momenti pregevoli. Nei mesi in cui si affermano bands di jazz-rock progressivo come i Chicago Transit Authority e i Blood Sweat & Tears, la proposta dei Rascals potrebbe trovare dei riscontri e nuove frange di pubblico, obiettivo che però non viene centrato. Il tentativo di non insistere sulla solita formula è in ogni caso apprezzabile. E’ innegabile che Peope Got To Be Free rappresenti, quanto meno dal punto di vista commerciale, il canto del cigno del gruppo (rimarrà il loro ultimo n° 1), che da qui in avanti vedrà scendere in maniera inarrestabile le proprie quotazioni. Nessun singolo della band riuscirà infatti a entrare più nella top 20 delle charts americane.

 

IL LENTO DECLINO COMMERCIALE. LA FINE DEL CONTRATTO CON LA ATLANTIC (1969-1971)

YR5Passa qualche mese e l'infaticabile band dà alle stampe un nuovo album, “See(foto sotto a destra). Stavolta si cerca di salire, pur con cautela, sul carro del rock psichedelico all'epoca in auge, mantenendo i propri segni distintivi. In scaletta compaiono tutti brani dalla breve durata, anche se in mezzo ai consueti impasti vocali dei tre vocalist emergono, come nella title-track posta in apertura del disco, chitarre distorte e un piano elettrico che sa un po' di Doors. Un altro brano di pregevole fattura è Carry Me Back, pubblicato anche su 45 giri. Il tutto è comunque sempre all’insegna del pop e di quella tendenza alla leggerezza che accompagna la band sin dagli esordi. L’ulteriore suddivisione dei compiti all’interno del disco (per la prima volta anche Gene Cornish ha il suo spazio quale autore), seehqdefaultnon alza il livello qualitativo del disco, che pur non essendo certo disprezzabile, è il meno riuscito di quelli usciti sino a quel momento. Il contratto con la Atlantic sta per giungere al termine per cui è necessario prendere una boccata d’aria e ripensare il futuro. Passa oltre un anno prima che una rinnovata formazione dei Rascals si riaffacci sullo show-business con un album. Non è sotto la migliore stella che vede la luce “Search and Nearness(sotto a sinistra). La band è ridotta di fatto a tre componenti, a cui Arif Mardin affianca un’imponente sezione fiati. Eddie Brigati lascia infatti il gruppo durante le registrazioni, con la maggior parte dei brani che presenta dunque la voce solista di Felix Cavaliere. Per quanto si recuperi qualche traccia di sperimentazione, tipica delle ultime prove (lo strumentale Nama non avrebbe sfigurato nel secondo disco di “Freedom searchhqdefaultSuite”), la trama prevalente è piuttosto leggerina. Non è un bel segnale neppure il ricorso alle cover (The Letter dei Box Tops di Alex Chilton è comunque tra i brani migliori), cui i Rascals in tempi recenti avevano sembrato saper rinunciare. E’ con un disco non certo indimenticabile che si esaurisce il rapporto con la Atlantic, la loro etichetta sin dagli esordi.  Gli insuccessi, si sa, non contribuiscono a cementare i legami e a questo punto anche Cornish preferisce tirarsi indietro. Cavaliere si trova così al comando della nave e sostituisce di due membri dimissionari con due validi strumentisti quali il chitarrista Buzzy Feiten, ex Paul Butterfield Blues Band, fresco delle sessions di “New Morning” di Bob Dylan e il bassista di colore Robert Popwell, turnista di lusso che vanta collaborazioni con gente worlddownloaddel calibro di Aretha Franklin, Tim Hardin e lo stesso Dylan. A contribuire agli intrecci vocali per cui la band è celebre viene aggregata anche Ann Sutton, una cantante attiva nell’area di Philadelphia in ambito pop e jazz. Alle chitarre viene in soccorso anche Danny Weis, già presente nella prima line-up degli Iron Butterfly e poi nei Rhinoceros. I nuovi Rascals si accasano alla Columbia e debuttano per la nuova etichetta con un doppio album che riprende in parte la struttura di “Freedom Suite”. Il sound dei Rascals è piacevolmente rinnovato. In “Peaceful World (foto a destra) l’eco di bands ‘multirazziali’ come Sly & The Family Stone, Tower Power, Chamber Brothers o War è evidente. Il nuovo corso è ben rappresentato dal funk di brani come Love Me, l’opener Sky Trane e In And Out Of Love. E’ difficile credere che dietro al groove soul-jazz di Gettin’ Nearer (pezzo declamato, più che cantato), ci siano gli stessi artefici di Groovin’. Senza la penna di Brigati è Cavaliere 51oDtXgBJDLl’autore di quasi tutto il repertorio. Alle sessions partecipano anche nomi di spicco del jazz più contaminato come Alice Coltrane, Ron Carter e Hubert Laws. Ancorché a tratti dispersivo, “Peaceful World” è senz’altro un disco da rivalutare, per quanto non sia naturalmente il più rappresentativo dei Rascals e Young Rascals. La critica si accorge dello sforzo creativo profuso dalla band, elogiando il disco. Non così il pubblico, che rimane perlopiù indifferente. Il rinnovato entusiasmo porta comunque a produrre un’ultima prova di buona musica, prima di giungere all’inevitabile capolinea. Il seguito di “Peaceful World” è “Island Of Real” (1972, foto a sinistra). Ancora una volta rock, soul, psichedelia, jazz, con una spruzzata di world music, si fondono per dar vita a un altro disco piuttosto sottovalutato. Mancano stavolta gli ospiti e il programma è più contenuto anche nella durata, ma la linfa creativa è solo di poco inferiore e almeno un brano, Brother Tree, merita di essere ricordato tra i migliori del repertorio del gruppo.

 

ROMPETE LE RIGHE: LO SCIOGLIMENTO E IL VIA ALLE CARRIERE SOLISTE (1972-2018)

Dopo 9 album in poco più di 7 anni di carriera, termina così la storia dei Rascals. Quello che segue non aggiungerà granché e anzi contribuirà a sbiadirne un po' il ricordo. Le strade di Cavaliere, Cornish (insieme qui nella foto) e Danelli si incroceranno infatti di nuovo solo nel 1988 per una YR Cavaliere Cornishreunion che frutterà un tour americano, sotto la vecchia sigla. Da lì a breve riaffioreranno però i vecchi contrasti, tanto che Cavaliere da una parte e i restanti due dall’altra, si scontreranno di fronte ai tribunali per ottenere il diritto di utilizzare il vecchio materiale. Nel 1997 l’ascia di guerra viene sotterrata una prima volta nell’occasione dell’ammissione della band nella Rock’n’Roll Hall Of Fame. Altre occasionali reunion si succedono negli anni più recenti, mentre nel 2012, su iniziativa di Little Steven e consorte, viene dato il via allo spettacolo “Once Upon A Dream”, una sorta di musical con la band che suona sul palco. Vengono tenuti alcuni spettacoli a New York e Broadway, dopo poche date il previsto tour su larga scala viene annullato.

 

FELIX CAVALIERE

Quanto alle carriere soliste, la meno trascurabile è senza dubbio quella di Felix Cavaliere. L'ex-leader del gruppo ottiene infatti da subito un contratto per due album con la Bearsville, l'etichetta di Todd Rundgren. Il debutto è tutto sommato incoraggiante. Il disco omonimo del 1974, pur senza avere la grinta delle pagine migliori degli Young YR CavaliereRascals, offre 10 nuovi brani caratterizzati dalla splendida voce del titolare, con il produttore che insapora il piatto con i suoi synth. Si tratta in ogni caso di puro soft-rock a stelle e strisce, tipico della metà del decennio, con echi ormai lontani di west-coast e influenze latineggianti, che anni dopo sarebbe stato etichettato senza troppi complimenti 'yacht-rock'. Si tratta in ogni caso del disco più interessante della carriera solista del musicista. Rimane sulla stessa linea, ma con risultati piuttosto inferiori, il successivo “Destiny” (1975). La risposta del pubblico è modesta  e il sodalizio con Rundgren non si rinnova. Nel 1977 Felix Cavaliere si imbarca nei Treasure, un estemporaneo progetto che vede a fianco dell’ex Rascals un altro italo-americano: il cantante e chitarrista Vincent Cusano (il futuro Vinnie Vincent dei Kiss) e il bassista Rick Laird, già nella Mahavishnu Orchestra. La strana combriccola partorisce un Felix-Cavaliere-Castles-in-the-Airsolo non fondamentale album di AOR. Bisogna attendere il ’79 per vedere l’uscita di una nuova prova solista del cantante, quando la Epic gli concede la chance di pubblicare “Castles In The Air”, un altro disco modesto che non lascia traccia e che si segnala solo per la ripresa in tono minore del classico People Got To Be Free, segno evidente della scarsa fiducia riposta dal titolare medesimo nelle sue nuove canzoni. Ancora più lunga è la pausa successiva. “Dreams In Motion”, pur uscito per una major (la MCA), interrompe il silenzio solo nel 1994, ma anche questo disco si lascia dimenticare in fretta. Nello stesso periodo Cavaliere partecipa con un brano a “Adios Amigos”, riuscito tributo a Arthur Alexander. Il suo nome riemerge poi solo nel 2008, quando lo vediamo a fianco di un altro ‘reduce’ degli anni 60, il chitarrista Steve Cropper, per un disco abbastanza gradevole (“Nudge It Up A Notch”), che pur essendo all’insegna della nostalgia, presenta svariati brani scritti per l’occasione. L’accoppiata concede una replica un paio di anni dopo, con “Midnight Flyer”, YR Cavaliere Ringo Starrdopodiché anche questa esperienza viene messa in cantina. Per il resto, la sua presenza di segnala solo per occasionali duetti a fianco di vecchie glorie del pop e del rock americano (P.F. Sloan, i Manatthan Transfer, o meglio ancora sul redditizio carrozzone di Ringo Starr e della sua All Stars Band), dimostrando quanto ormai il vecchio musicista si trovi a suo agio solo quando si tratta di ricordare i vecchi tempi del passato. Non è un caso che attualmente suoni nei circuiti del revival con una propria band, chiamata Felix Cavaliere’s Rascals.

 

GLI ALTRI: David ed Eddie Brigati, Dino Danelli, Chris Cornish

YR BrigatiDi meglio non fanno certo gli altri ex-membri dei Rascals. Eddie Brigati (nella foto) sparisce dai radar per riemergere, insieme al fratello David, con un progetto musicale che porta il cognome dei due e che frutta un solo album fuori tempo massimo, “Lost In The Wilderness” (1976). Da notare il tentativo di riappropriarsi del classico Groovin’, offrendone una nuova pallida versione, stavolta con la sua voce solista. Lo stesso brano verrà riproposto dai due fratelli, anni dopo, nel non disprezzabile unico album dal vivo della New York Rock and Soul Revue. In “Live at The Bacon” (1991) i due sono infatti a fianco di altri stagionati musicisti, tra cui spiccano Donald Fagen e Michael McDonald, per una carrellata di vecchi successi propri e altrui. Rimane da ricordare quanto fatto, dopo lo scioglimento della band, da Dino Danelli e Chris Cornish. Ritroviamo la sezione ritmica dei Rascals di nuovo insieme già nel 1972, quali membri dei Bulldog. I due però, per quanto anche produttori, non contribuiscono alla scrittura dei brani, né si fanno notare particolarmente ai cori, per cui la dose di Rascals immessa nel progetto è pressoché inavvertibile. I Bulldog suonano un boogie rock piuttosto banale e la Decca, che li scrittura per l’omonimo album di debutto, li YR Fotomakerscarica subito dopo. Un secondo e ultimo - dimenticabile - disco della band esce per la Buddah, un paio di anni dopo (“Smasher”, 1974). Il legame artistico dei due perdura per un altro progetto di livello un gradino superiore. Si tratta dei Fotomaker, responsabili di almeno un paio di album di discreto power-pop (l’omonimo - nella foto - e “Vis-A-Vis”, entrambi del 1978, usciti per la Atlantic). Nel secondo LP si aggrega alla formazione anche l’ex-chitarrista dei Raspberries, Wally Bryson, appena prima un disastroso terzo album che vira pericolosamente verso la disco-music, e che rivelatosi un flop porta a determinare lo scioglimento del gruppo.

Nel 1980 Danelli viene curiosamente chiamato da un altro italo-americano di successo: Little Steven - da sempre amante degli Young Rascals forse anche a causa delle comuni radici italo-americane - per partecipare ai Disciples Of Soul, formazione con la quale dà il YR Little Stevenvia alla sua carriera lontano, ma nemmeno troppo, dal Boss Bruce Springsteen. Nelle sessions di “Men Without Women”, il primo disco di Little Steven & The Disciples Of Soul, in cui vengono coinvolti anche altri membri della E Street Band, troviamo oltre a Danelli anche il vecchio compare Felix Cavaliere. Il solo batterista partecipa comunque anche al secondo album di Little Steven (“Voice Of America”, 1982) e ai relativi concerti di promozione, prima che i Disciples Of Soul vengano sciolti una prima volta. In tempi recenti il chitarrista recupererà per la sua band la vecchia sigla, preferendo però un rinnovo della line-up che non prevede Danelli dietro ai tamburi.

 

RISTAMPE, ANTOLOGIE, BOX-SETS

antos-l640I dischi degli Young Rascals e poi dei Rascals non sono mai stati particolarmente ricercati, sia per la loro vasta diffusione all'epoca della loro uscita, sia per la considerazione (a torto) non elevatissima che la band ha da sempre avuto tra gli appassionati del rock. I primi dischi originali usciti per la Atlantic sono stati ristampati una prima volta negli anni ‘80, su vinile, dalla Rhino. La stessa Atlantic ha poi messo in commercio solo nel 1990 il proprio catalogo in CD. In anni successivi pressoché tutti i titoli (ad eccezione di “Search and Nearness”) hanno conosciuto ristampe ad opera della  Sundazed e poi della Collector Choice. Avendo acquisito il catalogo Columbia, la Sony si è occupata invece delle ristampe su CD dei due titoli finali della carriera del gruppo. La Rhino è artefice poi di due interessanti box: il ThRscls_AlReNeThCoAtRepiuttosto impegnativo “All I Really Need - The Atlantic Recordings (1965-1971)(nella foto) che raccoglie in 6 dischetti tutto quello che la band ha registrato per la Atlantic, tra album e singoli e qualche rarità (perlopiù alternate e demo di brani noti), e uno spartano box quintuplo uscito nell'ambito della collana “Original Album Series”, con i primi significativi 5 album. Va anche detto che la band a quanto pare non ha registrato molto più materiale di quello, comunque abbondante, uscito negli anni di carriera, per cui anche le ristampe successive non hanno rivelato tesori nascosti.

Del tutto assenti sono anche le registrazioni dal vivo, ufficiali e non. Negli anni dei grandi festival collettivi i Rascals sono rimasti ai margini, per cui anche internet non ci ha tramandato granché; le poche possibilità di vedere vecchi filmati che immortalano i quattro rascals-time_530x@2xragazzi dal vivo si riducono a qualche esibizione alla televisione americana, risalente naturalmente ai primi anni della loro attività. Trattandosi di una formazione che, quanto meno nella fase più popolare della propria carriera, si è concentrata soprattutto sui singoli, piuttosto che sulla lunga durata degli LP, un buon modo per approcciare i Rascals può essere anche quello di recuperare una delle tante antologie esistenti. Una delle più comuni e migliori è la prima: “Time Pieces: The Young Rascals Greatest Hits” (1968), che essendo uscita dopo il successo di Groovin’, quando erano ancora ‘Young’, raccoglie nella pur ridotta scaletta tutti i brani essenziali del loro periodo di maggior successo. Ai primi anni del digitale risale la più corposa “The Ultimate Rascals” (1986), un CD di 20 brani che vanno dagli esordi al 1969. Negli anni escono complete0848064005186_0_0_300_75svariate altre antologie, un paio ad opera ancora della Rhino: “The Very Best Of The Rascals” del 1993 è forse la più diffusa; del 1992 è il bel doppio CD "Anthology (1965-1972)" (foto su a destra)Tra quelle invece non concentrate solo sui primissimi anni della carriera (pur comprensibilmente, essendo i più appetibili per i neofiti) è da segnalare la recente e doppia “The Complete Singles A’s & B’s” (Real Gone 2017). 

 

Filippo Tagliaferri

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