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14 Ottobre 2014 , , ,

The Cure Il sogno e l’urlo

2014

 the cure                       INTRO 

 

Robert Smith, il deus ex machina dei Cure da sempre, ha dichiarato a Febbraio l’uscita entro il 2014 di un nuovo lavoro (dopo sei anni di assenza) della sua creatura, che dovrebbe chiamarsi non a caso 4.14 Scream: il quattordicesimo album in studio, con materiale registrato durante le session del precedente4:13 Dream”,  rilasciato nel 2008. Intanto Smith e band, per non farsi mancare niente, si sono divertiti a reinterpretare Hello Goodbye dei Beatles, per il tributo "The Art of McCartney" a sua eccellenza Paul, in uscita a Novembre 2014. In attesa, questo secondo profilo della band è più sintetico ed essenziale di quello in due parti pubblicato da Distorsioni Blosgpot nel Febbraio 2011. Dal punto di vista iconografico, trovate solo immagini mancanti nel primo profilo della discografia della band, ad integrazione. Buona lettura (P.W.B.)

 

Gli anni '80: dal punk alla new wave, al dark

 

the_cure2Se chiediamo ad un  qualsiasi ascoltatore di musica rock qual'è il gruppo simbolo degli anni '80 è molto probabile che risponda i Cure. Il primo nucleo del gruppo si forma a metà anni '70, guidato da un giovane emulo di Hendrix, Robert Smith, col nome di Obelisk, poi Malice, poi The easy cure, nome che a Robert suona troppo californiano, per diventare semplicemente The Cure e stabilizzarsi nel trio Smith, voce e chitarra, Michael Dempsey, basso e Lol (Lawrence) Tolhurts, batteria. Il primo singolo, Killing an arabuscito nel dicembre 1978, è un fulmine a ciel sereno. Un  tagliente riff arabeggiante di chitarra, potente batteria in levare e un testo ispirato da Albert Camus (scrittore esistenzialista francese di riferimento per la new wave) che sarà spesso frainteso e accusato di razzismo. Caratteristica distintiva del gruppo è l'inconfondibile voce di Smith, TheCure1979_trio_2di timbro acuto anche se non un vero e proprio falsetto, in controtendenza con le altre band new wave che in genere avevano o voci baritonali (come Ian Curtis o Jim Kerr) o voci nasali dall'effetto perverso (come Gavin friday o Mark Stewart). Bello anche il retro 10:15 saturday night, canzone sulla solitudine, con assolo finale di Robert. Nel 1979 esce il primo LP Three imaginary boys dall'assurda copertina rosa shocking con tre elettrodomestici a rappresentare i tre musicisti. Il disco propone dodici canzoni in gran parte molto veloci, quasi punk, con una bella cover, quasi isterica, di Foxy lady di Jimi Hendrix,  e due brani atipici per lo stile dell'epoca: un blues, Subway song  e la title track, una ballata lenta con tanto di assolo di chitarra finale.Il disco è stato ristampato  con molti inediti aggiunti, alcuni dei quali è incomprensibile il perchè siano stati scartati, dato che sono molto validi.

 

Tra questi spicca Winter che anticipa le sonorità dell’album Wish. In America il disco esce in seguito con in più i brani dei singoli e ribattezzato Boys don't cry come il secondo singolo, una ballata veloce ma malinconica che diventa ben presto uno degli inni del forestgruppo. Il secondo LP “Seventeen seconds” (1980) mostra un deciso cambiamento di rotta. Michael Dempsey lascia la band sostituito da Simon Gallup ed entra il tastierista Mattew Hartley , che abbandonerà subito dopo. Ora la maggior parte dei brani sono lenti, d'atmosfera, escluse le più ritmate Play for today ed A forest, che diventerà il brano simbolo del gruppo. L'uso degli strumenti è assolutamente minimalista, la batteria precisa, quasi robotica, la chitarra suona, scriveva la critica dell'epoca “come un fascio di nervi”, le tastiere disegnano ossessivamente poche note. Cambia anche lo stile della copertina, con una foto sfumata, stile spesso ripreso in seguito. I suoni lunari e malinconici dei Cure, uniti ai testi ispirati da Simbolismo ed Esistenzialismo fanno della band una fonte di identificazione per il mondo degli adolescenti dell'epoca, ovviamente non per quelli da discoteca. In seguito si parlerà di “pop da cameretta” per i gruppi  che hanno nel mondo degli adolescenti introversi il proprio pubblico di riferimento: i Cure ne sono stati senz'altro i precursori, ma con un respiro artistico senz'altro maggiore. Seventeen seconds è il capolavoro della band.

 

Faith”, terzo album pubblicato nella primavera del 1981 rallenta ancora i ritmi, tracciando brani d'atmosfera come paesaggi in bianco e nero. In alcuni brani, come All cats are grey le tastiere si fanno solenni. La critica dell'epoca storce un po' il naso, preferendo i charlotteCure più energici del primo album: ma risentito oggi Faith suona molto più avveniristico di quanto sembrasse a quel tempo, una premonizione del post rock del decenniocure1 successivo. Nella versione in cassetta è aggiunto un lungo brano strumentale, Carnage visors, colonna sonora di un cortometraggio diretto dal fratello di Gallup. Non è invece contenuta nell'album ma esce solo su singolo Charlotte sometimes, splendida canzone impostata su giro di tastiere semplice ma efficace, che narra la storia di una ragazza schizofrenica. Il successivo Pornography” (1982) è inciso da una band in crisi esistenziale. I toni si fanno estremamente cupi. La batteria tribale. “doesn't matter if we all die” sono le prime parole della prima canzone, One hundred years. Tutto l'album è pervaso da un senso di angoscia, reso grazie ai suoni freddi e ossessivi degli strumenti. Alcuni brani come l'opener giù citata o A strange day sono davvero splendidi, ma l'uso eccessivo degli effetti delle chitarre suona oggi troppo tipico dell'epoca. Il disco è amatissimo dai fan, il look di Robert, capelli stile palma, occhi e bocca truccati (male), rosario sulla camicia chiusa, è imitato da musicisti e ascoltatori.

 

cureCure e Joy Division sono eletti gruppi simbolo del mondo “dark” (o “goth” in Inghilterra), ma Smith rifiuterà sempre di essere etichettato nel genere e infatti la varietà stilistica che i Cure mostrano nel corso della carriera li rendono poco classificabili, senza contare che la caratura artistica loro e dei JD è superiore a quella di gran parte dei loro epigoni. Gallup lascia la band e lo stato emotivo che emerge  da Pornography, unito al fatto che Robert Smith suona anche con Siouxsie & The Banshees per sostituire John Mc Geoch (nel live “Nocturne” ed in “Hyena”), fa pensare a uno scioglimento del gruppo. Invece i fan saranno spiazzati da un nuovo singolo Let's go to bed, ritmato e ballabile. Smith, che annunciava di non voler vivere oltre i 25 anni, ora dice che  deve solo smettere di dare interviste dopocure aver bevuto troppo. La svolta pop continua con un altro bel singolo, The walk e soprattutto con The lovecats, ballata jazzy ispirata dal cartoon Gli Aristogatti, che mostra come i Cure possano affrontare generi molto diversi mantenendo il proprio stile. Tutti questi singoli con le rispettive b-sides sono raccolti nella bella compilation "Japanese Whispers" del 1983. Il lavoro seguente in studio The Top (1984), con Tolhust che passa alle tastiere, Paul Anderson (fratello di un giocatore del Liverpool) alla batteria e il polistrumentista Porl Thompson, è un disco molto vario, con influenze psichedeliche  (The Caterpillar) o etniche (Piggies in the mirror). Smith offre notevoli performance vocali, ma questi disco, pur bello, è un po' sottotono rispetto ai primi quattro ed ai singoli. Durante la tournèe giapponese il batterista scompare per essere sostituito provvisoriamente da Vince Ely degli Psichedelic Furs  e quindi dall'ex Thompson Twins Boris Williams. Nel frattempo rientra Gallup. 

 

headAncora più vario il seguente “The head on the door”, purtroppo anche nel risultato. Accanto a  brani notevoli come il singolo In between days, arricchito da tastiere sixties, o On a night like this, quasi springsteeniana, ci sono brani avviliti da arrangiamenti roboanti o veramente brutti comeSkrew (Robert Smith in concerto dice: “so che non vi piace ma la facciamo lo stesso”). Il singolo Close to me, una specie di soul song sintetica, grazie anche al bel video diretto da Tim Pope, ha però molti passaggi TV contribuendo alla fama del gruppo. Interessante notare come nei video emerga l'anima buffa e ironica del gruppo, in contrasto con la malinconia della musica. Il periodo di transizione continua con Kiss me kiss me kiss me” doppio LP del 1987. Brani molto belli come la ballata velvetiana The snakepit si cure2alternano a pasticci come Hot hot hot. Con più autocritica potevano fare un buon album singolo. Gli anni '80 si chiudono con Disintegration (1989). Il titolo dava oscuri presagi, si parlava di una band in crisi totale e durante le incisioni  Tolhurst lasciò il gruppo sostituito da Roger O' Donnel. Invece Disintegration, preceduto da un singolo perfetto come Lullaby, dall'elegante arrangiamento d'archi, è un disco veramente ispirato, con brani come LovesongThe same deep water as you o Pictures of you che entrano tra i classici del gruppo. La cura per i particolari, gli arrangiamenti, le sonorità sono quelli di una band matura, ma il mood rimane quello malinconico e adolescenziale tipico dei Cure.

 

Gli anni '90

 

Devono passare tre anni per ascoltare Wish”, inciso con Perry Bamonte al posto di O' Donnel,  disco in cui l'atmosfera si fa meno oscura che nelle opere precedenti. Il singolo Friday I'm in love è addirittura una canzone allegra e porta i Cure al successo planetario.The-Cure-Friday-Im-In-Love-8362 È un disco molto piacevole all'ascolto ma la sensazione che Robert Smith e soci abbiano già dato il meglio è forte. Il successivo Wild moon swing”, con Jason Cooper alla batteria e il ritorno di O' Donnell traumatizza i fans con un paio di brani di ispirazione sudamericana. Considerato all'epoca il tracollo della band, è il tipico disco di un gruppo che pensa di aver finito una fase e cerca nuove strade. In Club America Robert sembra scimmiottare Iggy Pop. Da allora Smith dichiara costantemente che ogni tournèe sarà l'ultima e ogni disco il penultimo, che poi chiuderà la carriera con un disco dove canta accompagnato solo da piano e violoncello. Finora non è stato così, e l'esigua discografia di questo decennio della band finisce qui.

 

Il terzo millennio

 

robert-smithBloodflowers”, il disco del ventennale (pubblicato nel 2000), è accolto con favore da critica e pubblico, come terza parte ideale di una trilogia che comprende Pornography e Disintegration. Rispetto ai precedenti però Bloodflowers non ha atmosfere così drammatiche, anzi è un disco dall'umore piuttosto rilassato, con brani lunghi e lenti basati sugli intrecci di chitarre acustiche ed elettriche molto effettate. Un disco molto gradevole, ma senza  brani indimenticabili. Il successivo The Cure (2004) viene annunciato dalla stampa come il disco metal dei Cure, forse perchè prodotto da Ross Robinson (Korn, Slipknot). In realtà è un tipico disco Cure, soltanto con sonorità più secche e non 80's oriented e brani più brevi, tra cui la splendida Going Nowhere , lenta e decadente, in chiusura disco.

 

Del 2004  anche l’uscita del prezioso box di 4 CD Join the Dots: B-Sides & Rarities 1978–2001 (The Fiction Years)” (Fiction Records) contenente ben 70 brani.  Il disco in studio omonimo del 2004 ed il successivo 4:13 Dream(2008), un po' meno pop e più meditativo, sono generalmente stroncati dalla critica, ignorati dai vecchi fans, adorati da quelli più TheCure-620giovani che fanno dei Cure una band da classifica. In realtà sono dischi né particolarmente belli né brutti, come possonojoin esserlo i dischi di musicisti che hanno classe e talento ma, con trent'anni di carriera alle spalle, producono ormai opere di routine. In definitiva si può dire che i Cure sono stati la band simbolo degli anni '80, ma è in quegli anni che hanno dato il meglio di sé, per poi andare avanti col mestiere. Sono una delle poche band inconfondibili ed inimitabili e per moltissimi musico-dipendenti sono stati la band del cuore. In molti paesi compresa l'Italia hanno sbancato le classifiche e in Francia già coi primi dischi erano amati quanto i Rolling Stones. Oggi sembrano aver già detto tutto, ma da Robert Smith un colpo di coda ce lo aspettiamo ancora, magari il disco per piano e violoncello.

 

Alfredo Sgarlato

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