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20 Luglio 2012

Zero Centigrade Umber

2012

zero centigradeEsiste un luogo della mente dove il nostro immaginario viene nutrito e arricchito e dal quale richiamiamo, più o meno consciamente, dei frammenti spesso inconciliabili con la stretta quotidianità, ma dotati di una chiara e naturale pervasività tanto da non poter essere ignorati. Accettare che lo spazio attorno a noi si modifichi può forse voler dire avvicinarsi all'esperienza onirica in uno stato di veglia. La musica, tra le altre cose, è una di quelle forze ancestrali capaci di sollecitare opportunamente i salti tra i diversi livelli di coscienza, una forza che si propaga secondo vie preferenziali che, fortunatamente, sfuggono al nostro diretto controllo. Disorientati, forse anche turbati ma sicuramente accondiscendenti, come potremmo non accogliere la sorpresa di un cambio repentino di prospettiva? So che queste riflessioni possono apparire fuori luogo se non addirittura irritanti all'interno di una recensione, ma non saprei altrimenti spiegare l'insieme di sensazioni che ho provato ascoltando per la prima volta "Umber", terza tappa  discografica del duo Zero Centigrade.

 

Tonino Taiuti, chitarra elettrica ed acustica, e Vincenzo De Luce, tromba e suoni, si rivelano sin da subito degli abili alchimisti di dinamica e timbro, dosando sapientemente gli spazi e le dilatazioni e lasciando che una narrazione recondita segua la propria strada. Improvvisazione come idea di un'architettura scarna della manifestazione del suono attraverso la destrutturazione delle forme del folk, del blues e del jazz, elementi questi poi ricomposti secondo un ordine non solo emotivo ma anche di alto profilo descrittivo. Buono l'equilibrio globale dell'album, tra espressione strumentale, pause e suoni dal carattere ruvido e straniante, tutte componenti che ritroviamo con dosaggi diversi in brani come Tumble Down, City of Motors e Blood and Dust. In alcuni passaggi verrebbe naturale riconoscere delle affinità con nomi quali Chicago Underground Duo, come nel caso di Dead Flowers per via di una certa rarefazione, ma anche col Jim O' Rourke più introspettivo, come accade invece per Reflections e per il drammatico Far Horizon. In ultimo, vorrei sottolineare l'interessante artwork del CD, che si presenta con un packaging essenziale al cui interno sono state inserite delle riproduzioni di dipinti eseguiti sempre da Taiuti e De Luce. Al sottoscritto non rimane che augurarvi davvero un buon ascolto.

 

 

Aldo De Sanctis

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