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10 Aprile 2012

Steve Kuhn Trio with Joe Lovano Mostly Coltrane

2009 - ECM

Prende il via una nuova rubrica su Distorsioni, OGGETTI SMARRITI, ve lo dovevamo: con la sterminata produzione discografica (un aggettivo che ogni giorno di più diventa smunto e perde colorito) e digitale che ci 'soffoca' nonostante la crisi galoppante, è facilissimo, fatale direi, che ci sfuggano delle uscite, e che vi si faccia magari dopo mente locale, soprattutto quando un magazine ha la 'vocazione' ad essere quanto più possibile onnicomprensivo ed onnivoro di tutto quanto di buono musicalmente ci sia in giro. Questo sarà lo sportello cui far capolino per recuperare quei titoli che, magari con rammarico, non avete visto recensiti su Distorsioni  in occasione della loro uscita ufficiale.  Anzi vi invitiamo ad interagire con noi, ed a segnalarci lavori che vi stanno particolarmente a cuore: li tratteremo con estrema disponibilità, applicando loro i parametri 'critici' che ormai ci contraddistinguono. (Pasquale Wally Boffoli) 

 

 

Steve Kuhn MOSTLY COLTRANEElegante. E' questo il termine più appropriato per descrivere questo disco. Kuhn mette in campo tutta la sua cifra stilistica nel rendere omaggio ad uno dei più grandi maestri della musica del '900. Cimentarsi con l'opera di John Coltrane, infatti, è impresa ardua. Il pianista ne ha quasi circoscritto interamente la produzione alle registrazioni effettuate con il quartetto storico. Proprio di quel quartetto lo stesso Kuhn aveva fatto parte agli inizi; qualche esibizione al New York Jazz Gallery nel 1960 prima che subentrasse McCoy Tyner. La cosa tra i due non ha funzionato, e tra le varie motivazioni (che troverete in rete) forse c'è anche quella che lo stile di Kuhn ricordava troppo quello di Bill Evans, mentre Trane, che usciva dal quintetto di Miles Davis, cercava qualcosa di radicalmente diverso. Un background quello di Kuhn simile a quello di Evans e che comprende, infatti, anche la formazione classica; se ne possono udire alcuni elementi come l'influenza di quel fil-rouge tutto francese che dall'impressionismo di Debussy, passando per il pre-minimalismo di Satie, porta alla complessa ricerca di Messiaen. Il disco, altresì, non prosegue certo nella direzione di ricerca spirituale di un "suono assoluto e universale" che Coltrane aveva tracciato; è più "semplicemente" un lavoro incentrato essenzialmente sull'arrangiamento pianistico.

 

In questa direzione la scelta di affidare le parti di sassofono a Joe Lovano, sassofonista che definirei di stampo "conservatore", risulta funzionale. La classe e la precisione con cui Lovano reinterpreta temi e fraseggi di Coltrane, mantenendone molto bene i tratti estetici peculiari (e a volte addolcendoli), sembrano aderire con straordinaria coerenza con il lavoro pianistico di Kuhn, al quale vengono lasciati spazio e possibilità espressive in un equilibio tra le parti in grado di evocare un ambiente intimo in perfetta sintonia con lo scorrere del tempo di ascolto. Questa sensazione si avverte sin dall'inizio, dalla struggente e semplice bellezza dell' intro di pianoforte che apre Welcome, cui segue il tema portato dal sax con un mood che onora il titolo del brano.Kuhn MOSTLY COLTRANE Ancora di più, questo equilibrio lo ritroviamo al meglio nella seguente Song of Praise dove ad un un altro raffinato intro segue la prima parte del brano con il tema del sassofono che sembra scivolare sui fraseggi di Kuhn assieme ad un drumming veloce e astratto di Joey Baron eseguito essenzialmente su charlie e ride. La seconda parte del brano inizia con il solo di piano su di un ritmo swingato dove l'affiatamento tra Kuhn e Baron è davvero trascinante. Si giunge al solo di Lovano che risulta però troppo debole rispetto alle aspettative che il brano sta creando.

 

Un crescendo comunque viene a compiersi, grazie al contrabbasso di Fink che diviene sempre più incisivo. Arriviamo, quindi, alla riproposizione del tema e, infine, alla coda. Saltando qualche traccia arriviamo a quella che, a mio avviso, resta una delle prove più importanti rispetto all'arrangiamento: Living Space, uno degli ultimi pezzi registrati dal quartetto storico (1965). La particolarità del brano originale è la sovraincisione di un secondo sassofono da parte di Coltrane, unica volta nella sua storia discografica. Anche quì l'apertura è di Kuhn, che diviene contrappunto all'esposizione del tema di sax con batteria e basso mantenuti su di un piano di astrattezza che richiama il Free. Quest' alchimia compone il brano fino alla fine con continui scambi e variazioni dinamiche nel rapporto tra basso e batteria e cenni di solo che divengono sottolineature e viceversa tra piano e sax. Uniche escursioni al di fuori del working quartet di Trane sono: Configuration e Jimmy's Mode, entrambe estrapolate nell'esatta sequenza da "Stellar Regions", bellissimo album postumo di Coltrane di registrazioni del 1967. Configuration, unico episodio Free tra quelli scelti da Kuhn, originariamente si componeva di un lungo assolo di batteria di Rashied Alì con Coltrane che apriva e chiudeva il brano.

 

Steve Kuhn Trio MOSTLY COLTRANEIn questa reinterpretazione Baron è affiancato dal pianista nel vortice solistico che si viene, quindi, a creare. Ma è Jimmy's Mode a rappresentare un altro dei momenti più belli, a mio avviso, dell'intero album. Quello che era nato come uno spazio per Jimmy Garrison aperto e chiuso da Trane con un bel tema modale, ora vede Lovano prolungare e giocare con il tema che precede un ridotto spazio per il contrabbasso di David Fink a cui segue il solo pianistico dove, personalmente, avverto anche influenze di Granados e De Falla (altro impressionista). Nel rientrare, Lovano, attraverso un solo che accenna continuamente al tema, ci conduce verso la chiusura. Soprattutto Coltrane, ma non solo. Oltre a I Want To Talk About You di Billy Eckstine, che Coltrane eseguiva spesso, troviamo due brani di Kuhn: With Gratitude, solo di pianoforte improvvisato in studio e Trance, brano del 1974 tratto dall'album omonimo; qui viene eseguito in solo e il tema, un tango simile ad un vals argentino, risulta quindi svuotato del caratterizzante giro di basso ipnotico. Sulle ultime note di questo pezzo si chiude un album dall'intensa atmosfera intima, che si lascia scoprire sempre di più ascolto dopo ascolto con un eleganza davvero rara.

 

Aldo De Sanctis

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