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18 Febbraio 2014 ,

The High Learys HERE COME THE HIGH LEARYS

- Soundflat Records - Uscita: 24 Maggio 2013

Era da tempo che non ci capitava tra le mani un disco d'esordio di questo calibro nel piccolo, ma sempre vigoroso, mondo del garage rock. Il richiamo sonoro immediato per "Here Come The High Learys" (un titolo che già da solo sa tanto di Sixties) sono gli anni '80 ed i mostri sacri del neogarage di quel periodo come Gravedigger V, Chesterfield Kings, Tell-Tale Hearts o i nostrani Sick Rose. Mettere sul piatto il vinile degli High Learys restituisce le emozioni che allora questi gruppi ci regalavano. Ma anche negli High Learys c'è molto, ovviamente, dell'universo Sixties e soprattutto dello spirito leggero e giocoso dei Fab Four. Avendoli poi potuti vedere dal vivo nel tour europeo che qualche mese fa li ha portati anche in Italia dalla lontana Australia, abbiamo la certezza della loro autenticità: non c'è nulla di costruito in questo album, dal vivo rendono proprio come su disco. E in più sono molto simpatici e disponibili, il che non guasta mai.

 

Se poi diciamo anche che dei dieci brani che compongono questo loro primo lavoro in studio solo una è una cover (di Ray Charles) e tutti gli altri sono pezzi scritti dai membri del gruppo, e in particolare dal cantante e bassista Jamie Turner, possiamo senz'altro aggiungere che sono veramente bravi e dotati, e che promettono bene per il futuro, dal momento che tre su quattro sono poco più che ventenni (il quarto, il batterista Andrian MacMillan, ha qualche annetto in più) e si sono formati solo nel 2012. Sulla copertina del disco, pubblicato, e recentemente ristampato, dalla tedesca Soundflat Records, i quattro High Learys si presentano con una brevissima biografia. Apprendiamo quindi che Jamie Turner non ama le cattive vibrazioni (e come dargli torto) e ha sempre desiderato far parte di un gruppo per portare questa musica alle nostre orecchie (grazie per averlo fatto!). Al chitarrista Matthew Williams non piacciono le etichette ma invita ad essere semplicemente se stessi (come dargli torto?) e confessa che gli amici pensano che i suoi stivaletti (molto a punta) siano costantemente incollati ai suoi piedi. 

 

Adrian MacMillan spiega che "this music is the coolest" ed è tutto il suo mondo (come lo capiamo). Michael Butt, organo, voce e armonica, ci racconta che non aveva mai fatto un trip come questo prima e si candida a essere "the highest Leary" tra i quattro (d'altronde qualcuno deve pur esserlo). Simpatici, dunque, anche nel modo in cui si descrivono, con quella vitalità e passione che fuoriesce da ogni loro parola come da ogni nota. A vederli, soprattutto in concerto, si capisce che non sono certo passati indenni dalla beatlesmania: basta guardare alcuni dei loro video, costruiti come piccoli racconti comici in stile Fab Four, oltre che naturalmente ascoltare la loro musica, per rendersene conto. I dieci brani hanno in ogni caso più energia di stampo garage (che affonda le sue radici nel R&B più selvaggio) che afflato pop, e tra tutti e dieci è davvero difficile fare una classifica di gradimento. Ascoltare per credere.

Voto: 9/10
Rossana Morriello

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