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13 Settembre 2022

Elisa Montaldo Fistful Of Planets Part II

2021 - Black Widow Records

Frammenti sonori distorti, gracchianti. Dai solchi di un vecchio settantotto giri si eleva una lacrimevole melodia dall’inflessione transalpina che affannosamente turbina sul piatto di un grammofono démodé sino ad incantarsi ineluttabilmente. E’ l’originalità di Valse Des Sirens, chanson del tempo che fu, ad inaugurare “Fistful Of Planets Part II” terza prova discografica di Elisa Montaldo, raffinata anima de Il Tempio Delle Clessidre e talentuosa sparring-partner in interessanti progetti di matrice alternative-prog quali Ianva, Vly, Narrow Pass, Daedalus, Thought Machine e Spettri. La tastierista originaria di Gavi Ligure riprende la tessitura degli onirici orditi approntati nel 2015 con l’omonima opera prima, radunando a corte una compagine di musicisti, nonché compagni di viaggio, che la supportano nella concretizzazione dei nove movimenti in scaletta. Dagli arrangiamenti orchestrali ‘vintage’ di Matteo Nahum (ex chitarra de La Maschera di Cera) alle percussioni di Paolo Tixi e Mattias Olsson (passato e presente de Il Tempio), passando per le ‘tubular bells’ ed i vibrafoni di Hampus Nordgren Hemlin (Kate Boy), il violino elettrico di Steve Unruh (The Samurai Of Prog) ed il sax di Stefano Guazzo, la schiera dei talentuosi ospiti contribuisce inequivocabilmente ad amplificare gli ammalianti riverberi dei cromatici astri tratteggiati dalla Montaldo con il suo affezionato Wandering Comet Studio, sorta di personale studio di registrazione portatile attraverso il quale riesce a tradurre in samples elettronici gli stati d’animo che la avvolgano. Elegante art-pop, battiti world e risonanze folk si rincorrono tra le orbite di un suggestivo viaggio all’interno del quale trovano spazio eteree recitazioni capaci di irradiare un pathos autentico e magico (We Are Magic e Washing The Clouds, ne sono luminosi esempi). E se Earth’s Call profuma di risvegli orientali, Floating/Wasting Life ammicca ad atmosfere space-prog ed in Wesak si rispecchiano le luci di piovigginosi crepuscoli, i dodici minuti de ‘La meteora che brucia nello spazio’ The Black Hole custodiscono l’essenza minimale ed intimista dei pentagrammi disegnati da Elisa. Un’ottima prova d’autore che si conclude sulle volteggianti armonie in tre quarti del Grand Finale – Satellite. In lontananza gli ultimi scricchiolii del vissuto vinile francese pigramente si dissolvono nel nulla. Imperturbabili sopravvivono gli incantati riverberi sprigionati da una piccola manciata di pianeti colorati.

Voto: 7.5/10
Alessandro Freschi

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