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27 Luglio 2013 , ,

J.J. Cale L’ultima luna


jj caleJ.J. CALE

 

(Oklahoma City, 5/12/1938 – La Jolla, 26/07/2013)

 

Se ne va J.J. Cale, grande e seminale songwriter della scena rock degli ultimi cinquant’anni. Stroncato da un attacco, il suo vecchio e generoso cuore ha mollato gli ormeggi verso il mare aperto del mito. J.J. apparteneva a quella rara genìa di autori per i quali agire nell’ombra era uno stile imprescindibile di vita. Autore di brani memorabili che hanno lasciato il segno nella storia del rock, taluni dei quali, celeberrimi, eseguiti anche da altri musicisti, grandissimi a loro volta: After Midnight e Cocaine, da Eric Clapton; Crazy Mama, dalla Band; Same Old Blues, da Captain Beefheart e Bryan Ferry; Magnolia, dai Deep Purple; Call Me The Breeze, da Johnny Cash. Esponente di punta di quello che fu definito 'Tulsa sound', dall’omonima città dell’Oklahoma, e cioè una virtuosa e suadente miscellanea sonora di blues, country e rock’n’roll, dai ritmi sincopati e dal lento ed elegante mood chitarristico, John Weldon Cale, J.J., influenzò lo stile di una miriade di musicisti, uno su tutti Mark Knopfler e i suoi Dire Straits.

 

Esortato dal fido Leon Russell, che lo volle a Los Angeles, incise nel 1965 lo strumentale "After Midnight”,  che  rimase totalmente ignorato. Dopo una fugace militanza nei Delaney & Bonnie, nel 1967 mise su una banda di rock psichedelico, i Leathercoated Minds, con i quali incise “A Trip  Down The Sunset Strip”, anche quest’album totalmente obliato dalla critica. Tornato a Tulsa, solo nel 1971 riuscì a incidere per la Shelter il suo primo album di un certo successo, “Naturally”. Da quel momento in poi, tutta la sua carriera musicale è stata una continua alternanza di perle discografiche e di passaggi a vuoto, dal punto dijj cale vista artistico. La qual cosa non gli ha impedito di rappresentare  un punto di riferimento per moltissimi artisti a venire. E comunque per ritrovare un suo lavoro di un certo pregio, accompagnato dal successo di critica e pubblico, occorre attendere gli anni Ottanta, con “Grasshopper” (Mercury Records, 1982) e “#8” (Mercury Records, 1983). In quest’ultimo disco figura, in qualità di ospite, lo stesso Mark Knopfler, per il quale J.J è sempre stato il Maestro per antonomasia. “Travel Log”, (1989), e  “Guitar Man” (1992), possono esser considerati i suoi lavori migliori negli anni a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta. Lo stile è sempre impeccabile, brevi e folgoranti ballate per chitarra morbidamente adagiata su nastri di vellutato rock-blues, con venature country e tex-mex.

 

Voce ora rauca e desertica ora pianamente distesa come in smeraldine radure sonore. J.J, dopo aver continuato a snocciolare dischi di ottimo livello dal suo privilegiato punto d’osservazione, l’ombra, ottenne un successo clamoroso che gli valse il conferimento del Grammy Award nel 2006 con “The Road To Escondido”, in cui figurava il suo grande amico e seguace Eric Clapton. Il suo ultimo album, “Roll On” è del 2009. Lascia un vuoto incolmabile, J.J., dal  punto di vista musicale, per la classe compositiva che lo jjcalerolloncontraddistingueva, per la creazione di uno stile asciutto, scarno, essenziale e contestualmente di grande ricchezza espressiva, a tal punto che divenne ben presto un maestro per uno sterminato nugolo di eccellenti musicisti; e dal punto di vista umano, per il contegno antidivistico, l’eleganza della sua figura artistica, la personalità di musicista alieno a ogni esibizionistica concezione dell’arte. Se ne va giustamente verso il Parnaso dei musicisti rock, vestito del silenzio dei grandi, dell’ombra della sua classe pura, con il suo genio autentico che gli fa da luminosa lanterna anche nel cuore della più fitta tenebra.

Rocco Sapuppo

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