Clowns From Other Space ZENG

"Zeng", l'album d'esordio dei teramani Clowns From Other Space, possiede una forza disincantata e terribile che lo rende forse una delle poche produzioni realmente pulp della scena italiana nel suo complesso. Ogni singola incisione è stata regolata in modo da adeguare lo spettro sonoro allo spettro emozionale dei brani e ne è uscito un apprezzabile calderone musicale nel quale sonorità evidentemente scippate ai Radiohead convivono con mostruosi richiami agli U2 degli anni '00. L'estro disinvoltamente radical chic di alcune trovate come il violino colorato dagli effetti di How to Became a Fool e la presa diretta del suono in  The Presence Of The Lady Truth allude alla volontà di proporre una musica colta e libera di spaziare alla ricerca dei migliori scorci sonori.

Tuttavia non sempre la ricerca di una sintesi tra Jean Luc Ponty e i Nirvana produce qualcosa in grado di superare entrambi e spesso ci si limita alla piacevolezza di una digressione nella lande del  confortevole già noto capace di renderci felici solo perché se ne (ri)conoscono i sentieri. L'approdo è una sorta di shoegaze ben suonato e ricco di venature garage come nel singolo Eze's Story di cristallina ascendenza Strokes. Non mancano i momenti riflessivi – a volte voragini compositive – sempre affacciati su prospettive psichedeliche, come nella buona Wall of Tzu; così come nel mid tempo di Postmodernism And Corns non mancano accelerazioni repentine su un impianto melodico efficace.
Clowns From Other Space sfornano una buona prima prova non priva di qualche ingenuità a base di  infantile aggressività (Verve) cui non corrisponde un'adeguata tenuta degli standard compositivi. Ci aspettiamo una evoluzione faustissima di questa band che non ha bisogno di maturità – ne ha già a sufficienza – ma solo di equilibrio e la conclusiva Scenes potrebbe essere la strada giusta.