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6 Giugno 2015 ,

Back to Mercurio UMANI FRONT

2015 - Agosta

Back to Mercurio UMANI FRONTI Back To Mercurio avevano offerto un interessante live set agli spettatori dell'ultimo Thalassa Festival 2015, anticipando alcune delle sonorità contenute in questo EP di debutto "Umani Front". Ed è davvero sorprendente scoprire in un primo disco di soli quattro brani una compattezza di intenti, una maturità e una raffinatezza compositiva tanto elevata e tanto compiuta come in questo disco. Sono un duo giovanissimo, anch'essi provenienti dalla prolifera periferia est romana. Roberto Dossi (chitarra, sinth e drum machine) e Marco Mirk (batteria, sinth, drum machine). Della loro musica colpisce subito l'impronta sperimentale del tutto peculiare che emerge da una manipolazione di generi che alla storia musicale odierna hanno davvero detto di tutto e di più. Un'elettronica morbida, melodica e minimale, una evanescenza trasognata e rarefatta di effettistica psichedelica. Ma il duo mette in campo l'inaspettato, si sa muovere su spessori di intensità notevoli e soprattutto sortisce un mix inedito e profondamente emozionale tra elegia, poetica e incedere robotico, marziale, di ostinata straniazione.

 

Not Okmin ha un'apertura che gioca subito con il contrasto della propulsione martellante e ossessiva della batteria e l'ariosità dei tocchi di sinth e delle corde. Cambi di ritmo repentini, beat tempo e immersioni liquide, apneiche. Una variabilità dosata e coinvolgente capace di alternare vivacità, sferzate di energia e sfumature languide, velature leggerissime. Tongue è un altro esempio di vorticoso groviglio timbrico di grande effetto. Sonorità sinuose e rotondamente armoniche e lacerazioni secche, inaspettate inserzioni percussive spastiche e disarticolate. Il romanticismo di una danza cibernetica, il sussurro di un cuore meccanico. Metalserbatoi è pura avanguardia psichedelica, un collage visionario che fa sfilare l'intera gamma delle propagazioni e delle emissioni sonore. Dal riverbero cosmico a quello metallico, da quello tribale a quello dance. Dal flebile impulso ad un sovrapporsi caotico e catartico.

 

The Smallest Machine (Is Mine) punta invece sulla ritmica e anche in questo caso viene apparecchiata una progressione sottilmente ironica che rimanda alle svariate influenze musicali degli ultimi decenni e in qualche modo la perversione consiste nell'assemblaggio strampalato, nell'accostamento ardito e dissacrante, nel rimando umoristico che con abile scarto stilistico viene riportato sotto controllo fino a dare l'impressione di una originalità eclettica e auto divertita. Da una zombie psycho trance, all'improbabile esplorazione space compiuta da un equipaggio in tute glitterate, proveniente dal pianeta disco dance floor anni '70, fino alla scia finale nebulizzata, sincopata e infine atterrita in lugubri ombre di minimalismo glaciale. Il disco per ora solo in streaming, uscirà sempre su produzione Agosta (etichetta dello stesso duo) nella versione vinilica il prossimo settembre. Nemmeno a dire che è una primizia da non farsi mancare.

Romina Baldoni

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