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23 Ottobre 2012 ,

Design TECHNICOLOR NOISE

2012 - Zeta Factory

technicolor-noiseNel 2008 a  Castelfidardo, Ancona, quattro ragazzi con una sincera vocazione rock decidono di fondare i Design, con l’intento di coniugare un concetto di rock alquanto sostenuto e un’intrigante base di sobria elettronica. E’ così che inizia la nuova avventura sonica per Daniele, Nicola, Bob e Sara, cui più tardi  s’aggiungerà Emanuele, sfociante nell’Ep di esordio, “4 Little Hanged Toys”, nel 2009, con buonissimo riscontro di critica. Il gruppo, nei numerosi live, si esibisce al fianco di band di rimarchevole livello, una tra tutte Il Teatro Degli Orrori, avendo così modo di far lievitare la qualità e la maturità del sound, in vista del primo album, inciso per la Zeta Factory, e rilasciato nel settembre del 2012, “Technicolor Noise”. Sin dalle prime battute, il suono si contraddistingue per una certa compattezza d’insieme, un rock dai connotati robusti e monolitici, tarsiato da immissioni di elettronica che lo rendono alquanto originale.

 

E’ il caso del primo brano  Thinking People, mentre la traccia successiva, (Turn Off The) Sun,  pare riecheggiare echi di vaga reminiscenza Monster Magnet. Classica ballad dall’incedere inizialmente improntato a una qualche morbidezza, per poi dispiegarsi in un crescendo di suono roccioso, è Song For Dreamers, brano nel quale la voce, sempre sostenuta, interagisce con il pulsare costante della sezione ritmica e con l’intreccio delle chitarre. Uno dei momenti più felici artisticamente dell’intero lavoro.  Prima di riattingere i consueti livelli di rock al calor bianco, Hank si presenta con un inserto di base elettronica, prima di scivolare verso soluzioni di pura psichedelia. Un po’ più easy, rispetto al tenore complessivo dell’album, pare Painter, che non convince pienamente per l’approccio della voce filtrata e per l’uso, qui sì eccessivo, dell’elettronica. Mentre molto ben costruita è Introducing Myself, con la voce ridivenuta limpidamente rock e con una sapiente alternanza di toni, ora lievi ora ruvidi, che ne connotano una notevole gradevolezza d’insieme. Straight At You, Empty Rooms e soprattutto la conclusiva Rock And Roll Anthem, con il suo granitico suono da classic rock suggellano infine un buonissimo album. La  dimostrazione che si può fare dignitosissimo rock, qui da noi, partendo da ricchezza di idee e soluzioni pregne di spunti alquanto originali. Rock on.

 

Rocco Sapuppo

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